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Venti di scissione nel M5S. Il duro j’accuse di Casaleggio jr: ‘Non saremo MAI un partito’

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La scissione non è mai stata così vicina. Nel giorno in cui il Movimento 5 Stelle compie 11 anni, ieri, domenica 4 ottobre,  è stato  Davide Casaleggio a sganciare una bomba sul percorso verso gli stati generali. Il silente manager, figlio di Gianroberto, che in questi anni ha assunto un ruolo niente affatto marginale nella vita (anche politica) del M5S, ha deciso di “prendere posizione”. Scrive proprio così nel post che ha affidato al ‘Blog delle stelle’, facendo arrabbiare i membri del Consiglio di garanzia (Vito Crimi, Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri), che sottolineano si tratta di “una iniziativa arbitraria” dell’imprenditore milanese, ma “il fatto che il Bdg sia gestito dall’Associazione non autorizza il suo presidente a utilizzarla per veicolare messaggi personali non condivisi con gli organi del Movimento”.
Quello di Casaleggio jr è un vero e proprio ultimatum ai vertici Cinquestelle: “Garantiremo le attività che verranno richieste dal capo politico”. Ma, avverte, “qualora, per qualche motivo, si avviasse la trasformazione in un partito, il nostro supporto non potrà più essere garantito”. Via la piattaforma, via i servizi, via i dati. Un danno mica da poco per chiunque verrà chiamato a dirigere le danze nella prossima ‘leadership collegiale’.
Soprattutto se l’interpretazione di un altro passaggio del ‘Davide-pensiero’ si rivelerà azzeccata. Quando scrive “Ci attiveremo affinché gli strumenti di partecipazione che abbiamo creato in questi anni siano a disposizione di tutti con un modello open source e saremo pronti a collaborare con tutti quei movimenti, associazioni e organizzazioni che come noi nel mondo vogliono dare voce alle persone”. Sembra un chiaro riferimento al fatto che potrebbe nascere un nuovo soggetto politico, costola del M5S ma in netta contrapposizione. Magari con frontman Alessandro Di Battista, sempre più irrequieto per la strada che il Movimento sta imboccando, che si è affrettato a condividere e consigliare la lettura del post.
La mossa di Casaleggio lascia aperto ogni scenario. Anche perché le parole sono pesate: “Il M5S è nato proprio con alcune promesse agli iscritti e agli elettori che io non ho dimenticato e non posso sconfessare. La prima è che non saremmo mai diventati partito”. Quello è “il rifugio di chi ha paura di perdere i privilegi che ha accumulato”. La frattura si allarga quando rivela di aver rifiutato l’offerta di fare il ministro (quando e di cosa, però, non lo dice). Rousseau vuole la “decentralizzazione”, l’autonomia degli attivisti e rigetta l’idea di segreterie che decidono tutto dall’alto, anziché scelte assunte dal basso con gli iscritti. Infatti, a giorni presenterà gli “Ambasciatori della partecipazione”. Se non è il prologo di una scissione, ci assomiglia parecchio.
Questo perché il sentiero è tracciato e non si torna indietro. “Il Movimento non potrà essere più quello delle origini, ma da quelle radici deve comunque trovare nutrimento”, dice Roberto Fico. Mentre Luigi Di Maio, dopo un nuovo appello a restare uniti, ricorda che il M5S “sta crescendo e maturando”, nonostante “in molti continuano ad attaccarci e ostacolarci”. Altro segnale della fase delicata è il post di Beppe Grillo. Cita l’amico e co-fondatore Gianroberto, ricordando che fu scelto il giorno di San Francesco perché la loro era una “politica senza soldi”. Non a caso una delle polemiche più aspre con le truppe parlamentari, che in buona parte non ritengono più accettabile il contributo mensile di 300 euro a Rousseau. Alcuni lo hanno già messo in pratica non versando da mesi: ragione per la quale la piattaforma sta gradualmente riducendo i servizi agli iscritti. Come recita il vecchio adagio andreottiano, a pensar mal si fa peccato ma spesso si indovina.
Infine.. E chi è stato il primo leader del M5S a rilaciare il durissimo j’accuse di Casaleggio? Indovina indovinello.. Eh si, proprio lui: Alessandro Di Battista.

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