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UrbanaMente Giovani: la biblioteca dei classici

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In una società sempre più incentrata sul progresso scientifico, sull’informazione immediata e pratica e su una logica consumistica e utilitaristica ha ancora importanza creare una “biblioteca di classici” e parlarne in relazione alla cultura letteraria? Secondo me sì, ma forse sono solo di parte poiché frequento il liceo classico.

Tuttavia, non sono certamente l’unica a sostenerlo. Oltre a professori ed intellettuali, anche molti giovani d’oggi comprendono l’importanza di una tale formazione culturale: sebbene ogni giorno ci siano proposte nuove uscite, raramente questi libri hanno grande successo e permangono nel tempo, restando sempre attuali e sempre comprensibili a tutti. Invece, ciò che è classico è eterno e, come scrive Calvino, “un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire”. Probabilmente quindi molti si accorgono che in un mondo appiattito sull’apparenza e svuotato di valori è necessario cercare attraverso la lettura dei classici le origini di ciò che può dare un senso all’esistenza.

In una biblioteca dunque, a mio parere, è importante certamente restare aggiornati sulle più recenti pubblicazioni, ma altrettanta importanza ha possedere un buon numero di classici, sia appartenenti alla cultura antica sia alla letteratura italiana sia a quella straniera: infatti ognuno di questi mondi ha certamente qualcosa di interessante e di diverso dagli altri da comunicare ad ognuno di noi.

 

Pensando al mio percorso di studi, posso rilevare importanti differenze di pensiero già tra le culture greca e latina: la prima risulta essere spesso particolarmente pessimista, tanto che fin da Omero è chiaro che la caratteristica principale dell’uomo è la sua mortalità (è il tema dell’essere-per-la morte, la cui eco riecheggia secoli dopo nei versi della poesia Calypso di Pascoli: “Non esser mai! non esser mai! Più nulla, / ma meno morte, che non esser più!”, ossia: “Non essere mai nato è un nulla maggiore, ma è meno doloroso di nascere per dover morire “). Sulla base di questa premessa viene sviluppata la maggior parte della letteratura greca: questa consapevolezza ci fa comprendere l’importanza di sfruttare al meglio il tempo che abbiamo a disposizione nel mondo, perché non siamo eterni (si pensi solo alla poesia arcaica, in particolare ai componimenti di Mimnermo, il quale esalta la giovinezza e depreca la vecchiaia, da lui considerata addirittura peggiore della morte stessa). Questi insegnamenti possono davvero essere fondamentali soprattutto per noi giovani: quante volte passiamo intere giornate a non fare niente, a guardare serie tv o a giocare ai videogiochi? Forse allora da queste letture possiamo comprendere che la vita è limitata, il tempo che abbiamo è uno solo, nessuno ce lo ridarà: allora dobbiamo sfruttare al meglio le nostre giornate, comunicare con gli altri e non lasciare che la vita scorra senza che noi non ce ne accorgiamo.

Anche nel mondo latino questo tema del tempo è ben sviluppato, ad esempio in Seneca e in Orazio, ma i Romani sono soprattutto uomini pratici (si pensi a come la maggior parte del loro lessico derivi proprio dall’agricoltura e dalla guerra), quindi molte delle loro opere sono didascaliche, cioè mirano ad insegnare al lettore qualcosa di utile e di pratico, come nelle Georgiche di Virgilio, in cui lavoro, fatica e vita agricola sono esaltati, poiché, grazie a questi, l’uomo può riscattarsi dal veternus, il torpore dell’anima, proprio di chi non ha preoccupazioni e vive nell’ozio. Possiamo qui notare ancora una volta come i classici siano ancor oggi utili: il riferimento è nuovamente rivolto specialmente ai giovani, i quali non devono abbandonarsi alla noia e alla staticità, ma devono agire per risvegliare la loro mente e il loro corpo in modo tale da vivere al meglio la propria esistenza.

Passando alla letteratura italiana, ritengo necessario citare “I promessi sposi” di Manzoni: a mio parere, questo romanzo è il Classico per eccellenza, in esso si trova rappresentata l’umanità intera, con tutti i suoi vari comportamenti e tutte le sue sfaccettature caratteriali. Pensando alla situazione attuale dovuta al Covid-19, come non ricordarsi della descrizione della peste del ‘600? Ancora una volta, dunque, i classici ci vengono in soccorso per comprendere le pieghe dell’animo umano e i suoi più intimi segreti.

 

Quest’ultima tematica è riscontrabile anche, passando alla letteratura straniera, in “The Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde” di Stevenson: in questo romanzo è indagata profondamente la natura umana, in tutti suoi aspetti e soprattutto in tutte le sue contraddizioni. Dr Jekyll, uomo rispettabile in pubblico, sente la necessità di trasformarsi, grazie ad un esperimento, in Mr Hyde, uomo malvagio e criminale. Quando qualcuno si trova in presenza di quest’ultimo, prova una sensazione strana e fastidiosa, poiché riconosce il male di Hyde che è insito anche in sé stesso. Dunque, ancora una volta, i classici dimostrano di essere in grado di descrivere l’uomo in quanto tale e noi, leggendoli, possiamo comprenderci al meglio e scoprire aspetti di noi stessi che prima ci erano oscuri.

                                                                                                   Melissa Morone 5A Liceo Classico Quasimodo

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