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Dall'archivio:

Una voce presente che arriva dal passato: Tino Malini

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MAGENTA – Eccoci all’interno del suo piccolo grande mondo: la sua libreria. Ci accoglie una voce profonda e calma, la voce di un perfetto narratore di storie…chissà se sarà bravo a raccontarci anche la sua di storia.

Tino ha frequentato il Liceo classico; se la ricorda come una scuola ancora di stampo antico, che imponeva uno studio molto rigoroso del latino e del greco, insegnati da professori riconosciuti addirittura a livello internazionale, come il suo docente di latino, un sacerdote che per 10 anni di fila aveva vinto un “certamen” (dal latino “competizione, gara”) di composizione latina, che si teneva ad Amsterdam.

Dopo il liceo aveva interrotto gli studi, per riprenderli solo qualche anno dopo, iscrivendosi all’Università Cattolica a Milano;  interrotta anche quest’ultima,aveva iniziato a insegnare in una scuola elementare vicino a Magenta, dopo aver conseguito una abilitazione magistrale e dopo aver subito superato con successo il concorso come insegnante di ruolo, proprio lui che fino a quel momento aveva fatto il magazziniere.

Tino e gli altri insegnanti, nel loro metodo educativo, si ispiravano al “movimento di cooperazione educativa”, movimento che si rifaceva a uno studio legato più all’esperienza pratica di vita dell’alunno. Il massimo sostenitore di questo metodo era Mario Lodi, personaggio molto stimato dal nostro interlocutore, che inaugurando la sua scuola a Rho, suo paese natale, aveva potuto mettere in pratica questo nuovo tipo di scuola aperta alla concretezza e all’esperienza della vita quotidiana: “Non era importante che il bambino sapesse teoricamente far di conto, ma che sapesse applicare questo conto alla vita concreta”. Erano anni, quelli, di grande dinamismo culturale, di grande confronto,c’era questa forte vivacità culturale, che negli ultimi anni è andata forse sciamando.

Se dovesse elencare i suoi principali riferimenti culturali, citerebbe sicuramente Danilo Dolci, grande sociologo, poeta ed attivista italiano, o anche Don Milani, persone che, in qualche modo, avevano lasciato il segno per il loro diverso approccio con gli aspetti educativi, diverso da quello che era l’approccio tradizionale; oppure il professore Giovanni Reale,  che alla Cattolica era stato il suo prof. di filosofia.

Essendo nato nel 1948,nel 68, anno di forte rivoluzione, aveva 20 anni, era perciò nel pieno della sua giovinezza, entusiasta della vita e ovviamente nel cuore aveva grandi ideali; in quel periodo dice di aver avuto alcuni cattivi o buoni punti di riferimento, di aver preso del buono ma anche del cattivo, perché, ribadisce, non tutto ciò che successe in quel periodo fu giusto o del tutto sbagliato, col senno di poi ha potuto giudicare diversamente certi aspetti.

Dopo aver insegnato per diversi anni iniziò l’attività di libraio. Fondò coi suoi amici del Segnalibro una libreria quando ancora a Magenta non ve ne erano:aprire una libreria in provincia voleva dire davvero fare una scommessa enorme.

Una volta a Magenta vi era  solo un giornalaio in via IV Giugno; era  lí che i ragazzi si rivolgevano quando avevano bisogno dei libri, ma era una struttura proprio piccola, anche perché la necessitá era ridotta dato che a Magenta non c’erano ancora le scuole medie e superiori. Diedero quindi inizio a questa grande esperienza, che per Magenta ha avuto un importanza molto significativa, proprio perché si andava a dotare la cittá di una realtá precisa e distinta.Quei primi anni di lavoro al Segnalibro l’hanno formato molto e gli hanno anche insegnato un lavoro che fosse suo e che prima di allora non conosceva affatto, nel contempo gli hanno permesso di entrare in contatto con molti aspetti della cultura del momento che era sicuramente diversa rispetto ad ora; gli obbiettivi delle case editrici di allora erano piú culturali che economici, c’era quindi anche una scelta diversa di autori da pubblicare. Questo lavoro gli ha permesso di avvicinarsi ai libri e di entrare in contatto con autori che poi lo hanno accompagnato anche nella vita. Leggeva molto i grandi Classici, anche ora si diletta a rileggere alcune commedie latine, per esempio quelle di Plauto, in esse vede molte somiglianze con la vita di ora: cambia l’ambientazione, i personaggi, ma certe sfumature sono ancora attuali, in fondo, come dice un detto popolare “nulla cambia sotto il sole”.

Ama molto i libri di narrativa di viaggio, ricorda con grande nostalgia la prima volta che lesse il Milione di Marco Polo, nel tempo ha poi incontrato altri scrittori di questo genere, per esempio Paolo Rumiz, giornalista e scrittore italiano, che  non solo sa raccontare magnificamente le sue storie, ma che da queste sa anche trarre importanti aspetti umani. Alcuni tra i suoi libri preferiti sono“La memoria di Adriano” di Marguerite Yourcenar, “L’antologia di Spoon River”, una raccolta di poesie, in forma di epitaffio, dedicate a uomini, ai quali vengono attribuiti dei meriti o dei demeriti a seconda della loro condotta in vita. Leggeva molto anche i libri di  Pratolini e Silone, che affrontano temi sociali e politici; quei libri fornivano riflessioni, che erano frutto di una cultura generale, davano una lettura della realtá che creava un modo di pensare, mentre ora, con rammarico dice che una riflessione seria sui grandi temi é difficile da affrontare perché è tutto aleatorio, quello che vale oggi non vale piú domani: non è il mondo a cambiare in fretta, siamo noi, che condizionati da  molti bisogni, anche legittimi, ci facciamo prendere dalla smania di sapere e di distruggere subito quello che sappiamo, non abbiamo piú certezze, non abbiamo piú memoria.

A proposito del tema della memoria; ecco svelato da dove deriva il nome attuale della libreria “La memoria del mondo”. Qualche tempo prima di attribuire alla sua libreria questo nome e il suo annesso logo era stato a Siena, dove sulla facciata destra del Duomo é inciso un antico labirinto, ancora prima aveva visto un’ altra raffigurazione di un labirinto quella volta peró sul pavimento della Cattedrale di Chartres;i labirinti lo hanno sempre affascinato, lo riportano al tema della pazienza, ad affrontare i problemi con tranquillitá e a cercare le soluzioni con calma, il labirinto è quindi per lui quello spazio di ricerca, entrando nel quale bisogna ricordare la strada che si ha giá fatto se si vuole uscire: i libri dovrebbero costituire la memoria del vivere, delle cose, del mondo.

Racconta sorridendo che all’inizio aveva questo sogno un po’utopistico di creare un piccolissimo spazio nella libreria dove contenere i suoi libri preferiti, col tempo, quando nella libreria iniziarono a entrare piu persone , ognuna con un desiderio diverso, capí che i libri che piacevano a lui non per forza sarebbero piaciuti a tutti: una libreria deve essere a disposizione del desiderio di conoscere di tutti, il mestiere del librario lo obbliga ad essere disponibile a qualsiasi richiesta.

 

Giulia Accardo

 

 

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