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Una palabra (e ossa nel deserto)- di Emanuele Torreggiani

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Javier Valdez Càrdenas, cinquant’anni, è stato buttato giù ieri sera a Culiacán, una città di 800.000 abitanti dello stato di Sinaloa, la quindicesima del Messico, sede di tre università. Fermatagli l’auto, rincasava dalla redazione, l’hanno fatto scendere e steso con una sventagliata. “La morte è come un pizzicotto” è stato scritto, dodici colpi di Uzi.

In Messico, al 179° posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa, (l’Italia al 52°) questo lusso si paga con la vita. Valdez è il sesto giornalista messicano assassinato dall’inizio dell’anno. Seguiva, come i suoi colleghi, nostri?, la via dei narcos. “Una palabra, non dice niente… e al tempo stesso nasconde tutto…” canta, parole e musica, Carlos Valera (You Tube).
Nel 2006 presi a leggere un volumone, “Ossa nel deserto” di Sergio González Rodríguez, (1950-aprile 2017, infarto) pubblicato da Adelphi nella ‘Collana dei casi’. La vicenda è ambientata a Ciudad Juárez, stato di Chihuahua, per noi sono i cagnolini. Una regione del Messico che confina con California, Arizona, Nuovo Messico e Texas, la frontiera rovente degli USA. Il giornalista-scrittore traccia una cronaca agghiacciante sulle migliaia di ragazze sparite e poi sepolte nel deserto. Sul finire del ‘900 ebbe inizio un massacro che non è ancora iniziato a finire. Si tratta di un rito di iniziazione e propiziatorio praticato dalle bande dei narcos. In sintesi. La ragazza, poco più che adolescente, una operaia tra le migliaia e migliaia che lavora in una delle migliaia di fabbriche che la delocalizzazione nordamericana ha innalzato appena oltre il confine, viene rapita mentre la sera rincasa nelle baraccopoli poco lontano. Portata nel deserto. A volte violentata e sempre fatta a pezzi a colpi di machete. Il sangue poi raccolto e condiviso. Un orrore quasi senza nome che ci ributta nell’abisso del sacrificio umano e dell’antropofagia, già un tabù nella Grecia Classica (Agamennone, per il sacrificio di sua figlia Ifigenia, verrà poi fatto a pezzi; Polifemo, antropofago, viene accecato). Il cronista ricostruisce decine di casi con indicazioni di tempo, di luogo, di testimoni, di omissioni, di omertà, di protezioni, di complicità che arrivano sino ai vertici della società messicana, sino alla Presidenza della Repubblica, non nel compimento degli assassinii, ma nelle coperture istituzionali mutuate da un fiume ininterrotto di danaro. L’omissione regna: “Una palabra, non dice niente… e al tempo stesso nasconde tutto”. Da questo libro “Ossa nel deserto” ne venne tratto il film “Bordertown” di Gregory Nava con Jennifer Lopez, Antonio Banderas e Martin Sheen. Successo, premi, applausi. Ma, come disse lo scrittore anni dopo e con una tristezza concreta sul cuore che gli incespicava la voce, quell’immenso lavoro di investigazione non servì istituzionalmente a nulla. Purtuttavia quel testo ha scattato una fotografia incontestabile sui narcos e sul loro impero economico che arriva sino alle nostre plaghe padane. Lo dimostra un autore come Don Winslow, le cui trame di romanzi come “Il Potere del cane” e “Il Cartello” sono impiantate su fonti reali. Javier Valdez Càrdenas è solo l’ultimo caduto sulla via della libertà di stampa: questo male necessario, così poco sopportato anche dai più minimi politicantucoli locali. “Una palabra, non dice niente… e al tempo stesso nasconde tutto…”.
(Scritto nel 2017)

Emanuele Torreggiani

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