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Dall'archivio:

Una cena con Gianni De Michelis, il Gondoliere di Sigonella- di Emanuele Torreggiani

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Trentaquattro anni fa, ai miei ventisei, per gli incontri che procura il vivere, cenai al Bagutta. Alle ventuno meno una manciata, come costume mio, mi presentai. Declinando il nome dell’ospite al cameriere questi, ora lo rivedo, mi soqquadro’ nel mio completo principe di galles, scarponcini che indosso in ogni stagione e sicuramente capelli folti. Sorrise di quell’ombra malinconica e gioviale che dimostrano i camerieri di lungo corso, confessori della vorace umanità. Somigliava a Montand?, a quell’Ivo che aveva magnificamente interpretato Garcon?, per la drammatica regia di Soutet; non lo so. Ma mi piace vederlo così, nella divisa d’ordinanza e dai piedi doloranti, e comunque, oggi, entrambi riposano a lungo. Mi precedette in una saletta riservata, attraversando il brusio dell’angusta sala dove riconobbi Indro Montanelli sbocconcellante in compagnia di Giorgio Zampa che, lo colsi, stava parlando di Borges. Scostando la seggiola al posto assegnatomi e fissandomi, dimostrando che mi riconosceva come estraneo, mi informò che, per quanto puntuale, avrei dovuto attendere un lungo attimo e, se nel frattempo, avrei gradito un negroni. Annuii, ora mi duole di non aver risposto con un sì grazie, e me ne scuso. Ritornò reggendo un vassoio con il ricostituente, una tagliata di salumi, del pane toscano ed un posacenere.

Disponendo e consultandosi con il quadrante impolverato di un tank americaine, che presumo fosse dono anteguerra di una matura ereditiera, dopo la guerra le ereditiere disparvero, mi tranqullizzo’ che “da prassi” ne avrei avuto per un’ora. Oggi, trentaquattro anni dopo quella cena, cogliere, nel dire comune, un “da prassi” eqivarrebbe ad un apertura ai telegiornali. Così fu, nella nebulosa di tre gauloises, tre all’ora da prescrizione, ovattata, stizza e pensieri, dal Negroni che, a stomaco vuoto, rischiara l’ombra tra l’idea e l’atto. Giunsero poco oltre le ventidue. Mi salutarono, presentato dal mio ospite, come se ci si conoscesse dalla vita tutta.

Era il novembre del 1985. L’avventura di Sigonella ancora magmatica. Sedevo tra il mio ospite, Gianni De Michelis, a capotavola Bettino Craxi. Visibilmente impacciato suĺla viennese dalla seduta esigua, parlò poco e mangiò ancor meno. De Michelis, che in quel governo era ministro, disse di Sigonella riallacciando le fila con Metternich. E concluse che tutti loro l’avrebbero pagata cara. Carissima quanto una gondolata alla Giudecca. Allora mi parve sopra le righe, ma tacqui perché anche il silenzio è uno studio. Poi mi fasciava la cadenza sua nell’antica lingua marinara che stempera la tragedia nel ritorno delle onde che accavallano, scavallano e alla fine, dolcemente quietano. Pochi anni dopo compresi la profondità di quelle sue intuizioni, dettate dalle leggi imperiali. Oggi ne sono consapevole. Vae victis.

Emanuele Torreggiani

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