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Dall'archivio:

Un padre, di Emanuele Torreggiani

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Raggelata nel suo sangue fermo ha varcato il confine. Infinita la distanza che ora separa, infinita quanto l’infinito. In quel corpo si coglie il sempre, tutto il tempo andato, il presente e il futuro. Lì. In un grumo insondabile. Tanto quanto il dolore del padre che ha il dovere di sopportare ancora il proprio respiro, il suo rispondere, il faticoso muoversi. Dante Gabriel Rossetti, in una sua poesia, scrive del dolore di un padre che vede il figlio morire. Scrive del dolore acronico, che non ha tempo e che è contrario allo sviluppo cronologico, tanto biologico quanto spirituale, della vita umana.

Tu avresti dovuto chiudere i miei occhi ed io avrei dovuto vedere, come ultima scintilla, i tuoi occhi nei miei. Non io chiudere i tuoi. Non io chiudere i tuoi. E sostenere questo inaudito, feroce, brutale dolore che mai nessuno potrà lenire, né il tempo che trascorre. Né Dio. Ed è un dolore che Egli bene conosce. Il dolore supremo. Verticale. Purtuttavia non lo caccia dalla possibilità della nostra vita. che è anche la Sua. Neppure Dio cancella la storia, intende Dante Gabriel Rossetti, britannico pittore e poeta preraffaellita. Onnisciente e Onnipotente, Dio, ma incapace di obliare il dolore di un padre che perde il figlio. Si camminerà, nei giorni che saranno, in un muto, costante, quotidiano colloquio. L’inesausto colloquio con la persona amata. E la si ama non solo sul palcoscenico della memoria, ma nel tempo presente ed in quello futuro. E ci volge talvolta che par di scorgerla, ora qua ora là, in un fremito di carne che rifiuta la razionale ragione dei morti che stanno sotto la collina. 


Condoglianze di cuore caro Romolo Amicarella. Che il tuo profondo dolore ti accompagni nell’unica luce capace di fasciarlo e restituirti vita, quello dell’amore per tua figlia. Così sia.

Emanuele Torreggiani

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