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Dall'archivio:

Un interprete del nostro territorio: Giancarlo Colli

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TURBIGO – E’ stata inaugurata la mostra di Giancarlo Coll – resterà aperta dal 13 al 28 ottobre – nella Sala delle Vetrate del Palazzo De Cristoforis. Sabato 13 ottobre, alle 17, l’assessore alla Cultura, Marzia Artusi ha introdotto l’incontro e il sindaco, Christian Garavaglia, portando il suo saluto ha ribadito quella che è stata una sua volontà, frutto anche del fatto che una parte della sua famiglia proviene da Malvaglio, paese natale di Giancarlo Colli.
Giuseppe Leoni ha tracciato velocemente i concetti – riportati per esteso nelle prime pagine del catalogo – nei quali si dice che il territorio della riva magra del Ticino e la sua gente hanno sempre ispirato gli artisti, ognuno dei quali ha interpretato la realtà del suo tempo, secondo la propria angolazione, ma partendo sempre dal punto in cui erano arrivati gli altri. Seguendo una legge universale che si ritrova i tutte le realtà, anche nell’arte.
Così, come la peculiare tradizione artigianale delle nostre contrade ha attraversato i secoli passando, da uomo a uomo, anche l’arte, con i suoi precetti è passata di mano in mano.
Sono due gli artisti che, negli Anni Cinquanta del Novecento, hanno passato il testimone a Giancarlo Colli: si chiamano Carlo Bonomi e Antonio Bonomi (Bunumin), artisti coi quali Colli, da ragazzo, ebbe una frequentazione e lo accompagnarono nei suoi primi passi. Così, come avveniva nelle botteghe artigiane medievali, dove il ‘vecchio’ faceva naturalmente passare le cognizioni acquisite, in tanti anni di lavoro, al giovane apprendista, affinché continuasse sulla strada tracciata.
Inoltre, non è un caso che le ultime opere di Carlo Bonomi siano dei delicati paesaggi delle lanche del Ticino, così come l’opera scelta per il catalogo di Colli sia il Ticino all’altezza del ponte.
Dicevamo che il capostipite di quella che fu la storia dell’arte turbighese è senza ombra di dubbio Carlo Bonomi che fu mandato a frequentare Brera dai nobili De Cristoforis. Diversamente il Bonumin, che imparò il ‘mestiere’ dallo zio e Giancarlo Colli ebbe modo di conoscerlo per dei legami di amicizia con la madre.
Infine, mentre nelle opere di Carlo Bonomi c’è la ‘fatica del lavoro’ (il mondo ottocentesco dei contadini turbighesi), in Antonio Bonomi si va ancora più indietro nel tempo quando ricostruisce le facce dei frati Agostiniani Scalzi con le castagne matte.
Gancarlo Colli parte da lì e punta il dito accusatore su quella che possiamo chiamare la ‘civiltà dei rifiuti’ dove i cimiteri delle auto investono la natura e lo sport assorbe quelle energie che un tempo erano dedicate al lavoro.
E’ l’arte che va di pari passo con la storia della nostra civiltà.

FOTO Giancarlo Colli a sinistra con Marzia Artusi (al centro), il sindaco e Giuseppe Leoni

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