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Tumori: la ‘Sfinge’ (Sphinks), un ‘cervellone” per combattere le patologie più complicate

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Iavarone, ‘algoritmo Sphinks mixa tutte le carte d’identità di neoplasie come quelle del cervello per aiutare a trovare bersagli da colpire
MILANO – Si chiama Sphinks, sfinge. E’ un cervellone figlio dell’intelligenza artificiale che ‘parla un po’ italiano’. Nel senso che a svilupparlo è stato un team internazionale, coordinato da scienziati tricolore in forze negli Usa. I camici bianchi alle prese con tumori difficili come il glioblastoma, il cancro al cervello più letale, potranno interrogarlo per essere guidati verso possibili terapie più mirate, di precisione. Il nuovo algoritmo di Ai analizza e combina insieme tutte le carte d’identità della neoplasia – i dati cosiddetti ‘omici’, che fotografano dai geni alla composizione proteica, dai lipidi ai metaboliti, e così via – e classifica il cancro in base a tutte le sue caratteristiche, aiutando gli esperti a identificare potenziali bersagli terapeutici e a mirare le armi disponibili contro di loro, oltre a indirizzare la ricerca di nuove strategie e opzioni di trattamento.

Lo studio si è guadagnato le pagine di ‘Nature Cancer’ e porta le firme di una coppia d’oro della ricerca italiana: Antonio Iavarone, vicedirettore del Sylvester Comprehensive Cancer Center della Miller School of Medicine – Università di Miami e coordinatore della ricerca, e Anna Lasorella, co-coordinatrice del lavoro. L’algoritmo si concentra sui dati ottenuti da piattaforme di analisi di proteine tumorali e delle loro modificazioni per individuare enzimi, chiamati chinasi, che producono segni distintivi nelle cellule maligne. Per molti di questi enzimi esistono inibitori specifici e questo li rende potenziali bersagli terapeutici. Nella ricerca, il team ha sviluppato e testato l’algoritmo Sphinks (che sta per Substrate Phosphosite based Inference for Network of KinaseS) usando dapprima dati del tumore cerebrale glioblastoma. Poi ha esteso lo studio anche ad altri tumori umani. “L’idea – spiega Iavarone all’Adnkronos Salute – è di introdurre per la prima volta strumenti che derivano dalla ricerca di base e dalla medicina computazionale, attraverso l’intelligenza artificiale e quindi il machine learning, per analizzare una quantità enorme di dati che oggi possono essere generati per ciascun tumore ed estrarre le terapie personalizzate più efficaci per ogni paziente. Abbiamo lavorato per realizzare un sistema sofisticato che permetta di essere il più sicuri possibile del fatto che quel paziente possa rispondere a un determinato inibitore di una specifica chinasi. L’altro alleato in questo senso sono gli organoidi, componente molto importante del nostro studio: avatar che riflettono le caratteristiche del tumore e sui quali proviamo i farmaci identificati dalle analisi computazionali. Se funzionano, questo ci dà un’ulteriore sicurezza del fatto che si possa avere un’efficacia poi nel paziente”. Il cervellone ‘classificatore’ verrà “messo a disposizione di qualunque struttura – anche in Italia – lo voglia consultare per inquadrare i tumori dei pazienti”. La speranza è che si arrivi pian piano “ad aumentare il trattamento e migliorare le terapie per questi tumori così complessi”.

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