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Tra vite sospese e quelli che se non appari mai…. la società all’epoca del coronavirus

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Venerdì 22 febbraio, resterà per molto tempo come una giornata ben stampata nella mente di tanti studenti lombardi. Già, perché quello è stato l’ultimo giorno, ormai con certezza, di quest’anno scolastico. Questa che è andata a cominciare, infatti, è l’ottava settimana senza lezioni per moltissimi studenti di ogni ordine e grado. Certo, c’è la formazione a distanza, ci sono i tutorial e via dicendo, ma la scuola intesa anche come momento di relazione e condivisione – aspetto essenziale quest’ultimo peraltro specie per i bambini in età evolutiva – è come se fosse finita quel giorno. L’ultima immagine, personalmente, che ho in mente è quella di domenica 24 febbraio, quando, ho varcato con la mia primogenita Martina il portone dell’istituto Canossiano Madre Anna Terzaghi per la giornata di preparazione alla prima Comunione, in programma il prossimo 24 maggio e anche quella, ovviamente,  rinviata. Una giornata vissuta di corsa, in cui la tensione era già palpabile sul volto di tutti, dalla televisione giungevano messaggi contraddittori, tuttavia, la sensazione è che mai ci saremmo trovati dinanzi ad una situazione del genere. E invece, dopo due mesi rieccoci qui. Nulla è cambiato. Tutto è rimasto fermo. Immobile.

E l’immagine più calzante, di tutto questo sono proprio quelle classi. Vuote e lasciate come i bimbi le avevano abbandonate il venerdì prima. Oggi quelle aule potrebbero essere il set ideale per girare il seguito in versione italiana, del docu – film andato in onda qualche mese fa su Sky Atlantic, dedicato alla tragedia  – (anche in quel caso nascosta dai russi come oggi dai cinesi, guarda caso, due regimi…)-  di Chernobyl (foto sopra) con tutto lasciato com’era. I disegni, i lavoretti dei bambini, i libri e i quaderni sotto i banchi di scuola. Già, perché ai bambini allora come oggi, così come ai loro famigliari, non è stato permesso di tornare a prendere neanche quanto necessario per lo studio da casa.

Si badi, non certo per colpa della direzione scolastica dell’istituto, ma per le mille disposizioni, a volte fin troppo zelanti e cervellotiche, che i nostri governanti hanno partorito e continuano a partorire in questi giorni.

Perché, in effetti, chi potrebbe definirla una causa di necessità ben motivata quella di andare a recuperare a scuola i libri del proprio figlio, magari varcando il confine del proprio comune confinante ? Certo, c’è il buon senso, ma di questi tempi, è sempre merce più rara e non sempre sembra essere il compagno ideale di chi guida le nostre istituzioni a tutti i livelli.

 

Vedasi anche la guerra di ordinanze e decreti tra Lombardia e Roma sulla riapertura delle librerie e delle cartolibrerie. Ma si sa la cultura e i libri non sono troppo di moda, così come è ovvio che i bambini per fare i compiti avranno pur a casa una scorta inesauribile di penne e cancelleria varia…

Battute  a parte, la sensazione di confusione ogni giorno che passa cresce sempre di più. La metafora è quelle delle nostre vite sospese. Come l’istantanea di quelle classi  dove tutto è rimasto intonso, fermo all’ultimo squillo della campanella.  Ci siamo abituati a questa sospensione sine die del nostro tempo. Quasi anestetizzati, intontiti dalla mole di dati che ogni sera ci propinano. Letture grottesche, a volte surreali e involontariamente comiche.  

Se non fosse che quei numeri che vengono letti in libertà, parlano di vite umane spezzate, di storie di affetti, di esistenze stroncate, di un saluto o di una carezza mancata ai propri cari nel giorno del trapasso. Ci siamo, ci stiamo abituando anche a questo.

E loro stessi in primis, i nostri governanti da Roma alla Regione Lombardia, sono diventati – e forse inconsciamente se ne compiacciono –   i protagonisti di questo grande fratello in diretta streaming in servizio permanente effettivo. Non sono di meno i virologi che frequentano i talk show.  Quei dottoroni che ci stanno dicendo tutto e il contrario da mesi e che adesso hanno deciso di portare la Quarantena a 28 giorni.

Ben se quelle classi lasciate come se il lunedì dopo la vita avrebbe dovuto scorrere come qualsiasi altra settimana sono l’immagine della nostra esistenza odierna, quella dei protagonisti di questo grande fratello la si può ritrovare,  in una delle (numerose) canzoni di Vasco Rossi per così dire profetiche. Era il 1993 e Vasco con l’album Gli spari sopra cantava tra le altre anche ‘Non appari mai’.  Sarebbe da mettere in loop e da far ascoltare a chi ogni giorno sembra aver scambiato la guerra al coronavirus in un grande show mediatico. Badando talvolta più all’apparenza che alla sostanza e continuando a non dare risposte.

F.V.

 

“A volte non ho più alibi
Oggi siamo tutti comodi
Non ci sono più uomini

Oggi vanno bene quelli come te

Che arrivano dopo, oh, oh
E che non c’entrano mai
Non sai più “se è un film”
Oppure se è successo veramente
Oggi è la TV a dire se
Se una cosa è vera o se hai sognato te
E prova a dire che
Che vedrai
Tu non sei, non sei più in grado
Neanche di dire se
Quello che hai in testa l’hai pensato te
Qui non sei, non sei nessuno
Qui non si esiste più
Se non si appare mai in TV
Ma dove sono gli uomini, ma dove sono quelli che
Credevano che vivere
Non è sempre solo rispondere che va bene com’è
Per evitare guai
Tu non sei, non sei più in grado
Neanche di dire se
Quello che hai in testa l’hai pensato te
Qui non sei, non sei nessuno
Qui non esisti più
Se non appari mai in TV
Problemi?
Qui non esistono problemi
Qui siamo tutti quanti uguali
Qui siamo tutti belli e sani
E non c’è niente da pensare
Qui basta solo lavorare
E puoi guardare la TV
Magari oggi ci sei anche tu
Oh, oh, oh
Oh, oh, oh
Tu non sei, non sei più in grado
Neanche di dire se
Quello che hai in testa l’hai pensato te
Oh, oh, oh
Oh, oh, oh
Qui non sei, non sei nessuno
Qui non si esiste più
Se non si appare mai in TV
Oh, oh, oh
Oh, oh, oh”

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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