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Ticino e sponde erose, la polemica di Andrea Reversi (e la riflessione sul Fiume Azzurro)

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CUGGIONO MAGENTA  – Un paio d’anni fa ricordiamo quando l’allora presidente (ora ricandidato alla guida dell’ente) Gianni Beltrami disse che ‘la gestione delle foreste e dell’ambiente naturale attorno al Ticino hanno evitato alle genti dell’est Ticino i disastri ambientali che ogni autunno, puntualmente, vediamo nei servizi dei TG”.

Parole tanto più d’attualità, se si pensa a quanto successo nelle ultime settimane, dalla Liguria al Veneto. Perché se si eccettuano i recentissimi ‘straripamenti’ a Vigevano o Besate, che non hanno cagionato danni particolari, lungo il Fiume Azzurro non si sono consumati né drammi né si sono viste scene apocalittiche.

Eccezion fatta per quanto riportato ieri dal nostro Graziano Masperi, informato da un residente dell’erosione registrata a Castelletto di Cuggiono. Dove il sentiero interrotto dalle acque fanno certamente effetto. 

A corollario va registrata la polemica presa di posizione di Andrea Reversi, consigliere comunale di Cisliano, guardia venatoria volontaria, che ieri ha puntato il dito contro un ‘certo ambientalismo conservativo’. Queste le sue parole:

“Ecco i risultati delle politiche protezionistiche “della campana di vetro”. L’ambiente concepito come un qualcosa con il quale non interferire. Protezione di stampo integralista che si sostituisce ad un’oculata e razionale gestione. Forse idonee per parchi come quello di Yellowstone, un po’ meno per quello del Ticino, prigioniero di uno dei territori più antropizzati d’Europa. Non si tocca nulla, nessun intervento in nome della naturalezza. Nessun prelievo di materiali, nessuna asportazione di tratti di ghiaie o di legname. Intanto Lui, il Fiume, lento (neanche troppo) ed inesorabile si sta mangiando, piena dopo piena, i pochi ultimi boschi di rovere. I tanto declamati ” querce-carpineti” tipici della vegetazione planiziale primordiale, l’unica vera ragion d’essere di un’area protetta come il Parco Lombardo della Valle del Ticino.
Finiti quelli, mi domando quale sarà l’utilità di un parco fluviale che non gestisce il fiume ne avrà boschi da proteggere. 
Ma a quanto pare al Parco sembra interessare più la battaglia contro la Vigevano-Malpensa, che ad essere onesti incide per ben pochi metri quadri sulla zona a parco naturale, piuttosto che preservare gli ultimi scampoli di un ambiente di infinita bellezza”.

Una replica seppur parziale è giunta da Diego Galbiati, agronomo abbiatense di lungo corso, conoscitore del mondo agricolo e per alcuni anni collaboratore dello stesso Parco: Il fatto che esistano ancora residui di foreste planiziali e boschi querco-carpineti è la conferma che l’evoluzione naturale con il minimo intervento dell’uomo è la scelta giusta. Anzi, è grazie a questa gestione che il fiume sopravvive evolvendosi anche attraverso le piene. Il problema invece è quando l’acqua non c’è, nei periodi estivi, quando il fiume e tutto l’ecosistema soffre e muore. Ma questo fa meno notizia di un pezzo di terra eroso ..”

Il tema senza dubbio si pone, specie per le genti dell’est Ticino che abitano nel più antico parco regionale italiano e più grande parco fluviale d’Europa. Ed è un tema che approfondiremo nelle prossime settimane. 

 

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