The Steel Woods – “On Your Time” (2023) – by Trex Roads

La mia Stella Polare della musica indipendente ha cinque punte e una di queste punte è sicuramente occupata dagli Steel Woods. Nuovo viaggio nella musica targata Usa con il nostro Trex Roads

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Ci sono artisti che reputo assolutamente fondamentali nel mio modo di vedere e ascoltare la musica. Artisti che sin dal primo ascolto mi hanno colpito e lasciato un segno nell’anima.

La mia Stella Polare della musica indipendente ha cinque punte e una di queste punte è sicuramente occupata dagli Steel Woods (le altre sono Whiskey Myers, Cody Jinks, Shane Smith and the Saints e Turnpike Troubadours, ndr).

La band, nata a Nashville nel 2016, era la creatura partorita da due menti artistiche con pochi eguali. Due menti che si sono trovate ad avere la stessa visione, gli stessi gusti e fra le quali è nata una chimica che possiamo definire magica. A me ha sempre ricordato la magia che c’era fra Jimmy Page e Robert Plant e dalla quale nacquero i Led Zeppelin.

L’incontro fra il grande chitarrista (che all’epoca era il chitarrista della band di Jamey Johnson) Jason “Rowdy” Cope e il polistrumentista Wes Bayliss è avvenuto per puro caso e, come mi piace ricordare, per un aiuto arrivato dal Cielo: Wes stava cantando ad un concerto di tributo al leggendario countryman Wayne Mills e colpì Rowdy a tal punto che lo spinse a conoscerlo.

Wayne Mills, la cui storia racconterò in una puntata del mio show Trex Music Club su WCN Radio a gennaio, condivide a suo modo lo stesso tragico destino di Cope: morì proprio mentre stava per raccogliere i frutti del duro lavoro on the road di quegli anni.

Mills venne ucciso a colpi di pistola il 23 novembre 2013, fuori da un locale di Nashville, per un banale lite, mentre Rowdy Cope morì per le complicazioni del suo diabete il 16 gennaio 2021.
Il filo rosso che lega Wayne Mills agli Steel Woods venne suggellato dalla stupenda cover di One Of These Days di Mills, che la band registrò per il loro secondo disco Old News del 2019.

La scomparsa di Cope fu un colpo durissimo per la famiglia, per gli amici e per la band che era già diventata un riferimento assoluto della musica southern e rock americana, tanto che nel 2020 era in programma un tour europeo.

In quei mesi ho avuto paura che gli Steel Woods non si sarebbero più ripresi, anzi che Bayliss non avrebbe più trovato forza e ispirazione per continuare nel progetto e nella visione che era il sogno di entrambi.
Al contrario la band non si fermò e, come spesso ripete il grande Wes, è ciò che Jason avrebbe voluto per la sua creatura e, ne sono certo, ne sarebbe stato orgoglioso.

All of Your Stones (che avevo recensito per il mio blog qui https://trexroads.altervista.org/all-of-your-stones-the-steel-woods-2021/) era stato l’ultimo disco in cui Cope era ancora presente, una specie di testamento in musica lasciato al mondo.

Credo che la maggiore difficoltà non sia stata trovare un sostituto, soprattutto nei live, perché di chitarristi bravi ne esistono e la scelta di Tyler Powers fu perfetta, ma nessuno avrebbe potuto sostituire la magia che Rowdy creava quando lavorava con Wes Bayliss.

Non voglio assolutamente sminuire Powers, che è un musicista straordinario e lo sta dimostrando nei tanti live che si sono succeduti, ma Jason “Rowdy” Cope aveva un ruolo che non potrà essere rimpiazzato da nessuno e il grandissimo merito di Wes Bayliss sta in questo disco che avete ora nei vostri speaker.

E’ riuscito in questo On Your Time a dare seguito, da solo, alla visione che lui e Cope ebbero nel 2016 e lo ha fatto in una maniera che solo chi è toccato da un talento fuori dal comune può fare: suonando tutti gli strumenti che sentirete nelle 10 canzoni (TUTTI!), producendo il lavoro e cantando in maniera incredibile come se il suo amico Rowdy fosse al suo fianco nello studio di registrazione a vegliare su di lui e a dargli forza e ispirazione.

Inoltre questo disco, nelle sue storie, continua il percorso della vita del personaggio che ha attraversato i 3 dischi degli Steel Woods e cioè Uncle Loyd (protagonista della canzone omonima presente nel primo disco Straw in the Wind che era una cover del grande Darrell Scott, presente in questo disco con la sua steel guitar). Se avete tempo, traducete i testi e seguite la storia, ne varrà la pena e poi ammiratelo sulla stupenda copertina guardare le montagne al tramonto.

Il lavoro inizia con un arpeggio di chitarra southern: inizia così The Man From Everywhere. La voce di Bayliss è una delle migliori voci rock del music business e quando inizia a cantare capirete perché. Una canzone trascinata, appiccicosa, emozionante come nella migliori canzoni che il southern rock ha partorito negli anni.

Bayliss ci canta di responsabilità famigliari e di bambini che cambiano la visione della vita dei genitori, mentre il riff di Cut the Grass ci avvolge con le sue chitarre. Le chitarre sono grasse e pesanti, gli assolo taglienti e si respira quell’aria umida della musica del Sud, ma la voce di Bayliss apre un varco ed è emozionante a livelli impensabili.

Il riff di Devil in this Holler è un manuale di come deve suonare quel tipo di rock americano che deve la sua nascita alla Allman Brohters Band e ai Lynyrd Skynyrd. Graffiante, sporco, trascinato e quando la voce di Bayliss esplode non fa prigionieri. Una delle mie preferite della discografia magnifica di questa band eccezionale. L’assolo poi è di una bellezza lancinante e vi ricordo che suona tutto lui. Pazzesco.

Famine Fortune ha un groove da far tremare i denti, le chitarre scavano solchi, mentre l’armonica regala un tocco di blues al sound sporco di polvere e fango. La storia modernizzata di Adamo ed Eva è cantata da una voce che viene dal Cielo, accompagnata da un brano in cui la melodia si intreccia ad un lavoro incredibile di ritmica e chitarra. Il finale è un altro assolo stupendo.

La title track è una ballata dove le influenze country emergono in tutta la loro bellezza e Bayliss mostra tutto il suo talento padroneggiando questa melodia struggente con la sua voce incredibile.
Rivedo, senza fare paragoni, in questo brano in cui Wes cui parla con il cuore del rapporto padre figlio, la stessa emozionante bellezza di Simple Man dei Lynyrd Skynyrd.

Questa voce potrebbe cantare qualsiasi cosa e renderla emozionante, figuriamoci una canzone della bellezza di On Your Time: capolavoro.
E’ poi il turno di due cover e come in ogni disco degli Steel Woods sono pezzi che non interpretano, ma le fanno sembrare come scritte da loro: You Don’t Even Know Who I Am, di Gretchen Peter, è una ballata intensa ed emozionante che sembra un’outtake di un album con Cope, mentre Border Lord, del leggendario Kris Kristofferson, è un rock del Sud dall’incedere quasi epico.

Una cavalcata di 7 minuti con un tappeto di armonica e un andamento oscillante, quasi blues. Il lavoro di Bayliss agli strumenti è davvero soprannaturale: un artista che ha pochi paragoni nella musica americana di oggi, un vero fuoriclasse.

Stories to tell to Myself è una ballata malinconica quasi folk-blues che era stata scritta nel 2018 e sembra proprio provenire dall’esordio discografico in cui c’era ancora Cope al fianco di Bayliss: le liriche paiono dare un filo conduttore a tutte le storie sentite finora, dove Uncle Loyd era protagonista e ascoltarle accompagnate da una parte strumentale di una bellezza commovente, ci fa entrare nell’immagine di copertina, all’ombra di quel tramonto.

Seduti ad ascoltare quell’uomo e la sua vita. Poesia e arte, Wes Bayliss le padroneggia come fosse un pittore. Broken Down Dam inizia piano, con la voce calma di Bayliss ad accoglierci, ma proprio come l’acqua che esce dalla diga rotta del titolo, cresce sempre di più in intensità per arrivare all’ennesimo assolo di chitarra finale di una bellezza scintillante, attorniato dalle tastiere, dalla steel guitar e da un ritmo epico.

Non si può raggiungere la felicità nella vita senza passare attraverso al dolore e alle difficoltà e If Not for the Rain è il manifesto finale di questo disco, come a dirci che la perdita di uno dei più grandi musicisti della musica americana indipendente è stato il passaggio per arrivare ad un disco, e mi ripeto, di una bellezza poetica stordente e magica. L’assolo di armonica ne suggella in maniera perfetta la chiusura.

La vita per fortuna continua e Wes Bayliss la sua l’ha fatta continuare nel solco che un giorno tracciò assieme ad un umile musicista che aveva la sua stessa visione del mondo e dell’arte.

Vi ricordo che sarebbe un peccato non approfittare della loro tournée europea che toccherà Milano assieme ai Blackberry Smoke il 2 ottobre 2024: vi aspetto, io di certo non me lo perderò. Grazie Dio per gli Steel Woods e per Wes Bayliss, chi li conosce non li molla più, anche se non è avvezzo a questa musica: potere della bellezza e della magia.

Piccola nota a margine nel mio piccolo troverete nel mio romanzo in uscita il 13 giugno 2024 una dedica a Wes non solo nella colonna sonora del libro, ma anche nel nome del co-protagonista il detective Bayliss. Eagle Up!

Buon ascolto,
Claudio Trezzani by Trex Roads

Nel mio blog troverete la versione inglese di questo articolo.
www.trexroads.altervista.org

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