Il fiume Ticino, le sue sponde, i suoi boschi e sottoboschi come già descritto in alcune note o poesiole apparse anche su Ticino Notizie furono nel passato spettatori di vite dal diverso aspetto , non solo di oneste figure di cavatori di ciottoli quarzosi, di cercatori di pagliuzze e di piccole pepite d’oro, di gente dedita alla raccolta di legna di funghi, di flora o al taglio di giunchi e vimini oltre alla caccia di uccelli e di piccolo mammiferi o alla pesca ma anche di persone al di fuori o ai margini o ai confini della legalità: briganti e piccoli contrabbandieri.
Questo avveniva con particolare attività e come narrano le cronache, nel Settecento, tra quelle zone del Ticino di quel incerto confine tra Piemonte e Lombardia.
Proprio nella seconda metà del Settecento, come riportano gli Atti dell’Archivio Storico Lombardo, la lotta al contrabbando, che lungo il Ticino era un fenomeno endemico, rese necessarie alcune disposizioni e specifici e mirati interventi delle autorità governative. A tal fine fu potenziato, lungo il fiume, il controllo delle forze dell’ordine e furono istituite le prime « ricevitorie » della finanza per cercare di arginare i « movimenti commerciali clandestini » da e per lo Stato Sardo.
Mia nonna paterna Carolina Barenghi di Boffalora sopra Ticino si ricordava che nel passato alcuni suoi parenti per sbarcare il loro povero lunario erano dediti tra le sponde del fiume ad attività di piccolo contrabbando.
Oltre al contrabbando una altra piaga ben più pericolosa per la collettività e per l’ordine sociale si appoggiava od era in competizione con quest’ultimo: il banditismo.
Così riporta l’interessante libro dello storico Mario Comincini :” Storia del Ticino:la vita sul fiume dal Medioevo all’età contemporanea”-Società storica abbiatense-1981, :”… briganti sanguinari che non esitano ad assalire non solo i casolari sparsi per le campagne, ma anche grossi villaggi; i loro frequenti e funesti sconfinamenti nel Milanese già nel 1761 avevano indotto il governo austriaco ad istituire un cordone di truppe sulla sponda sinistra del fiume, da Sesto a Pavia, e a chiedere la collaborazione delle comunità locali, invitate a suonare la campana a martello appena veniva avvistata una masnada di quei malviventi”
Altri particolari significativi sulle attività di banditismo sono riportate da un altro storico locale Ambrogio Palestra sia nella sua Storia di Abbiategrasso e sia in alcune pagine della Storia di Motta Visconti e dell’antico Vicus di Campese.
“ I boschi del Ticino erano diventati il rifugio di bande di briganti e di assassini dello peggior specie che rapinavano i passanti, assalivano le abitazioni isolate ed uccidevano facilmente per rubare o per vendetta” “ Al riguardo” .l’imperatrice austriaca Maria Teresa volle estirpare la mala pianta del banditismo comminando pene crudeli..”
Tra i più feroci di questi grassatori criminali i due Storici ricordano in particolare un brigante di Motta Visconti, così il primo storico :” ……Dal 1754 al 1771 una decina di briganti che terrorizzavano l’Abbiatense finì sulla forca, subendo prima sevizie di ogni genere: Giuseppe Lisso detto Tadè, di Motta Visconti, ladro e grassatore, fu condannato ad essere tirato a coda di cavallo fino al luogo dell’impiccagione…”
Il secondo storico : “ Fra i condannati a morte vi fu anche un feroce bandito chiamato Giuseppe Lisso, detto Tadè, della Motta Visconti, che spadroneggiò ferocemente sule strade lungo il Ticino, assalì i viandanti, invase le abitazioni dei terrorizzati abitanti dal 1744 al 1760. Aveva con sé la moglie Anna Maria Lisso, unica donna tra tanti truci briganti….condannata a morte la pena le fu poi commutata in una specie di ergastolo a vita…”
A tale riguardo e come curiosità personale ricordo che ancora negli anni cinquanta, alla fine della seconda guerra mondiale, le mamme di Motta Visconti come minaccia ai loro bimbi capricciosi e disobbedienti si rivolgevano a loro con queste parole ..” ..fai il bravo se no arriva Tada”…“.. attento e buono altrimenti dai boschi verrà a prenderti Tada”
Giuseppe Gianpaolo Casarini