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Studio di Harvard ammonisce: ‘Attività sessuale a rischio virus’. Però…

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HARVARD (Boston) – Le implicazioni sessuali della pandemia del Sars- Cov-2 “hanno ricevuto scarsa attenzione”, e uno studio di tre professori della Harvard Medical School (Jack L. Turban, Alex S. Keuroghlian e Kenneth H. Mayer) pubblicato su “Annals of Internal Medicine” cerca di porvi rimedio. Stilando anche una tabella sulle pratiche più o meno rischiose e consigliando di indossare anche in quel caso la mascherina.

Sulla base dei dati esistenti risulta (ovviamente) che tutte le forme
di contatto sessuale con un`altra persona portino con sé il
rischio della trasmissione del virus, perché il virus è efficacemente trasmesso tramite la vaporizzazione delle goccioline, le droplets o oggetti contaminati. Da qui la regola aurea del distanziamento fisico che però porta con sé “sostanziali conseguenze per il benessere sessuale”.

I ricercatori ricordano che nella vita della maggior parte delle persone la sessualità ha un ruolo importante, quindi esortano i medici, gli operatori sanitari “a consigliare al riguardo i pazienti ogni volta che è possibile”.
Ecco perché i tre professori hanno elaborato anche una tabella sui rischi di contagio da Sars-Cov-2- legati ai vari approcci sessuali, facendo una ricognizione degli studi esistenti.

Si parte infatti da un dato: “Le prove attuali suggeriscono che tutti i contatti sessuali in presenza di un’altra comportano rischi di trasmissione”. Infatti “SARS-CoV-2 è presente nelle secrezioni respiratorie e si diffonde attraverso particelle aerosolizzate, ed è in grado di resistere sulle superfici per giorni”. Quindi “sulla base di queste informazioni, tutti i tipi di attività sessuale con un`altra persona probabilmente comportano il rischio di trasmissione del virus”.

“Le persone infette possono diffondere le loro secrezioni respiratorie sulla loro pelle e oggetti personali da cui il virus può essere trasmesso ai partner sessuali”. E visto che molte persone affette dal virus – ricordano – sono asintomatiche – “gli operatori sanitari in realtà hanno ben poco da offrire come guida ai pazienti se non quella di consigliare l`astensione da qualsiasi attività sessuale con un`altra persona in presenza”.
Gli studi invece sulle specifiche vie di trasmissione sessuale sono scarsi e contraddittori: uno studio su un piccolo campione di pazienti non ha rilevato la presenza del virus nello sperma o nelle secrezioni vaginali. Invece un ulteriore studio ha rilevato il virus, usando la reazione di trascrizione inversa della polimerasi a catena, nello sperma di 6 pazienti su 38 (15.8%) .
Ma “di fatto la rilevanza della trasmissione sessuale rimane sconosciuta”. E avvertono i dottori di Harvard “fino a quando ciò non sarà compreso meglio, sarebbe prudente considerare lo sperma potenzialmente infetto”.

Stessa situazione incerta per la presenza del virus nelle urine (uno studio lo ha rilevato, un altro no) nel dubbio “anche l`urina dovrebbe essere considerata potenzialmente infettiva”.

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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