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Shane Smith & The Saints – “Geronimo” (2015) by Trex Roads

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Ultimamente mi sono messo a pensare a quali potessero essere i nuovi classici della musica americana. Quali dischi potessero rappresentare delle vere fonti di ispirazione per le generazioni a venire di musicisti e fans. Pietre miliari che non dovranno essere mai dimenticate e che vanno debitamente celebrate. 

 

Oggi la vera rivoluzione, secondo me, nella musica americana è guidata dagli artisti che hanno deciso di voltare le spalle alle grandi etichette e al music business delle radio e delle tv e fare da soli. Aiutati ovviamente da piccole case discografiche indipendenti e da produttori “con le palle”. Una rivoluzione che abbraccia il country, il rock il folk e il blues in un’onda che anche grazie a questo mondo super connesso, ha travolto le orecchie di milioni di fans in tutti gli Stati Uniti e ora anche da questa parte dell’oceano.

Questa rivoluzione ha come padri putativi ovviamente i riferimenti del passato : Waylon Jennings, Hank Williams, Johnny Cash, Willie Nelson, Charlie Daniels per fare alcuni nomi, ma oggi i riferimenti si vanno aggiornando e nuovi nomi diventano a loro volta ispirazione. Non voglio investire la band di cui vi sto parlando di eccessiva responsabilità, questi ragazzi di Austin, Texas sono giovani e avranno tempo di continuare il loro percorso, ma quando hai per le mani un disco di tale bellezza musicale e poetica, non si può stare zitti. Non si può dire solamente “che bel disco”. No questi ragazzi hanno creato il loro Honky Tonk Heroes (capolavoro di Waylon Jennings, ndr), il disco da cui tanti potranno partire e ispirarsi. Un sound originale, un lavoro lungo (15 pezzi per quasi 1 ora di musica), ma in nessun minuto di questo disco vi verrà voglia di smettere di ascoltare.

 

Non esagero, ho ascoltato e riascoltato questo disco così tante volte, che il sapere che tanti appassionati di rock e country, ma anche solo di musica americana, non li conosce mi fa veramente diventare matto. Ci sono band, celebratissime dal mainstream, che non hanno mai nemmeno creato un decimo della bellezza di un solo pezzo di questo disco.

Shane Smith and The Saints ora sono al terzo disco più un meraviglioso live registrato in presa diretta dal deserto vicino alla città fantasma di Terlingua, Texas. Sono maturati, migliorati e dal vivo restano uno degli act più infuocati degli States (e oggi dopo l’apparizione nella serie tv Yellowstone ancora più famosi), ma quando fecero uscire nel 2015 questo Geronimo raggiunsero, secondo me, la perfezione, l’attimo in cui con le stelle allineate, la musica scorreva come spinta da una magia. La band, oltre che dal leader alla voce e alla chitarra, era composta da Bennett Brown al violino, Chase Satterwhite al basso, Timothy Allen alle chitarre e da Bryan McGrath alla batteria. Oggi alcuni membri sono cambiati ma la qualità è la stessa. Fidatevi.

Come se non bastasse, la copertina è di una bellezza abbagliante. Un capolavoro uditivo e visivo.

Il disco parte con un pezzo che conquista subito le orecchie e la sensazione di essere di fronte ad una band dal talento unico non ci abbandonerà più. The Mountain inizia con la sola splendida voce di Shane Smith e un coro a cappella, ma poi il pezzo esplode, anche grazie al geniale lavoro al violino di Bennett Brown. Un brano country-folk, ma con un’energia che arriva dal blues rock. Un mix di influenze che fa sgorgare dagli speaker un suono originale e di un’intensità pazzesca. Il testo è una vera poesia di vita vera, le miniere di carbone e le sue tragedie. Bellissimo anche il finale che riprende il coro iniziale: malinconica energia.

Non c’è spazio per assaporare il primo, che già inizia il secondo, All I See Is You. Il violino che intreccia le chitarre, la ritmica serrata che non ti molla più fino ad esplodere in un assolo da lasciare senza fiato. Il tutto condito da una splendida poesia d’amore. E siamo solo al secondo pezzo.

Oil Town inizia con uno splendido e molto folk, suono di armonica e chitarra acustica, ma è la voce che di Shane che ti entra dentro e ti accompagna in questa storia texana. Un pezzo dal sapore springsteeniano, del periodo buono intendo ovviamente.

New Orleans è un inno alla musica della Crescent City: la storia di uno schiavo liberato che vuole andare nella città dove alla domenica, in Congo Square, il ritmo non muore mai. Un pezzo solare e pieno di ritmo, dove come al solito è il violino ad accompagnare le danze. Nel periodo dell’uscita di questo disco, i “sapientoni” li catalogarono come un clone dei Mumford & Sons. Ecco la profondità del suono e della visione musicale di questo disco avrebbero meritato maggiore considerazione. Il suono e le sue ispirazioni magari potranno essere vagamente simili, ma le analogie si fermano qua.

La ballata country, intrisa di whiskey e malinconia, non poteva mancare in un disco di Texas Music ed ecco Whiskey & Water. Acustica ma piena di carattere. E’ una poesia sulle tentazioni, una poesia che ha il sapore del vecchio west, di saloon e cavalcate al tramonto.

La lotta contro i demoni continua in Right Side of the Ground e la voce di Smith emoziona, intensa ed evocativa, mentre il violino entra come il coltello nella piaga. Una prestazione del cantante davvero eccezionale, un pezzo all’apparenza musicalmente semplice, ma di una forza poetica potente e difficilmente dimenticabile.

Affrontati e sconfitti i demoni, si arriva alla cavalcata country rock di I Can Hear Him Now dove il violino dipinge note e la ritmica è perfetta nel guidare il pezzo a due velocità, rock e folk, country e blues. Ha chiuso il diavolo dietro la porta della cantina, ma lo può sentire e noi sentiamo una band che rasenta la perfezione.

Suzannah è una poesia rock avvolta nel country texano, veloce emozionante e con una storia che appare vivida ai nostri occhi, abilità narrativa di prim’ordine come i grandi cantautori del passato.

Abilità che appare in tutto il suo splendore anche nella successiva Crockett’s Prayer, dove la storia diventa protagonista, la storia del Texas e questo pezzo di country folk narrato dalla splendida voce di Shane Smith diventa quasi un inno orgoglioso della propria terra, agli eroi che crearono questo stato così bello e fiero. Texas che è sempre protagonista, un’ispirazione costante, un posto amato in cui tornare dopo tutti i viaggi della vita, così Lord Bury Me In Texas diventa una dichiarazione d’amore per una terra che è più di uno stato : è casa. Il pezzo è malinconico al punto giusto, ma mai triste. L’intrecciarsi di dobro, violino e chitarra elettrica è magia pura. Stupenda.

Però è con la successiva che, a parere mio, la band raggiunge il climax di questo disco stupendo: Born & Raised è una ballata cantata a due voci con la bravissima Haley Cole. Un pezzo pressoché perfetto, intenso ed emozionante. Una dichiarazione d’amore di un uomo e una donna, così vicini nell’aver vissuto in famiglie texane così simili, orgoglio e amore per le proprie origini, per le usanze e per le storie che si raccontano. Confesso che questo pezzo, durante l’ascolto del disco, lo mando in ripetizione varie volte. Non ne ho mai abbastanza. E mi emoziono ogni volta.

Anche When All is Lost è una ballata intensa ed emozionante e anche qui la voce di Shane Smith regala una prestazione intensa e commovente. Un pezzo lento, ma mai melenso o banale.

Runaway Train è l’ennesima poesia folk che il violino e la ritmica trascinano in una splendida e solare cavalcata country. Un’altra poesia d’amore ma questa volta è un amore che l’autore spera possa seguirlo nel treno in corsa che sarà il suo viaggio, la sua vita in giro per il mondo per la musica.

What a Shame è un altro pezzo emozionante, la voce ci parla della ricerca di una vita che valga la pena, qualcosa di diverso dalla vita materiale e dai soldi del successo e come al solito l’ugola di Shane Smith prende il proscenio e assieme ad una ritmica incalzante, regalano un altro pezzo meraviglioso, impreziosito da un arrangiamento da fuoriclasse.

Il disco si conclude con la title-track e se pensate che il meglio sia passato, ecco vi sbagliate.

Geronimo è un brano splendido, intenso e mai banale. Altro arrangiamento dalla bellezza scintillante, una poesia sorretta dalla solita ritmica battente e dal duetto voce e violino da mozzare il fiato. Un pezzo dal sapore antico, una dedica al grande capo Apache che ha una doppia valenza nelle intenzioni della band: tributo ad un grande uomo, ma pure una promessa che il gruppo, nonostante le difficoltà, continuerà a perseguire il proprio sogno e ad andare avanti. Il finale con il crescendo del violino e il successivo assolo sono arte pura. Bellissimo. Degno finale di una grande disco.

Un lavoro che, secondo chi vi scrive, è degno di entrare nel novero dei nuovi classici della musica popolare americana. Una band che merita di stare assieme ai nuovi grandi come Cody Jinks, i Whiskey Myers, gli Steel Woods o i Turnpike Troubadours. Senza se e senza ma.

Il Texas, da sempre patria di grande musica, può senza dubbio aggiungere alla sua ideale Hall of Fame, anche questo Geronimo. La band invece dopo questo disco, non ha abbassato la guardia anzi ha sfornato un altro disco stupendo (che avevo recensito qui dopo averli appena scoperti: https://trexroads.altervista.org/hail-mary-shane-smith-and-the-saints-2019/ ) e, come vi avevo anticipato, anche un bellissimo live in presa diretta dal deserto texano (http://ticinonotizie.it/shane-smith-and-the-saints-live-from-the-desert-2021-by-trex-roads/ ). E fidatevi, dopo un disco come questo, non è da tutti non perdersi e continuare ad essere fedeli a se stessi e originali. Complimenti a questi ragazzi di Austin, Texas lo meritano davvero. Prima erano uno dei segreti meglio custoditi del Texas, ma ora devono stare, a pieno diritto, in ogni playlist di musica di qualità che si rispetti.

 

Buon ascolto,

Claudio Trezzani by Trex Roads  www.trexroads.altervista.org

(nel blog trovate la versione inglese di questo articolo a questo link: https://trexroads.altervista.org/geronimo-shane-smith-and-the-saints-2015-english/ )

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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