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Sessista a chi? Per un femminismo.. talebano- di Beatrice Mantovani

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Mi definisco, orgogliosamente, femminista ma non per questo sostenitrice di quel movimento di liberazione basato sull’odio, sull’odio isterico per i maschi, per la vita, per la maternità, la civiltà cristiana, il mondo occidentale e soprattutto per le donne stesse. Un movimento che ogni giorno attenta alle fondamenta della famiglia, quale luogo naturale della prosecuzione della vita, e  che guida la lenta e inesorabile dissoluzione dell’identità e dunque dell’individuo senza accezione di genere. Il movimento femminista, alla stregua di ogni altra cosa, come ad esempio i partiti politici di destra o di sinistra, è composto da sotto-movimenti diversi che presentano caratteristiche, principi e modalità di espressione diversi.

Nella concezione dominante, Il movimento di liberazione femminista, che qui denomineremo movimento misantropico, ha portati alla distruzione delle libertà e dell’identità nel nome della libertà e dell’identità stesse e, in questo modo non solo ci ha reso, donne e uomini indistintamente, più privi d’identità e dunque più manipolabili, ma si è anche dimostrato contro le donne.Come ha affermato Simone de Beauvoir infatti: “nessuno è di fronte alle donne più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell’uomo malsicuro della propria virilità”. Il movimento misantropico ha infatti portato alla dissoluzione non solo dell’identità femminile ma anche a quella maschile attraverso un processo che sembra aver subito lo stesso cortocircuito del tema della diversità. Entrambi, pur definendosi pro la valorizzazione delle diversità e delle specificità, rappresentano lo strumento principale del livellamento omogenizzante che costantemente lavora per l’eliminazione, invece che per l’esaltazione, delle differenze dando luogo a un tutto in cui ogni cosa diventa indistinta, perde le sue specificità, e si annulla nel tentativo di essere assimilato dall’ altro.

Questo movimento si basa sull’ideologia dell’uguaglianza di genere ed è proprio qui che nasce il problema: donne e uomini sono diversi e devono rimanere diversi pur essendo pari.C’è un confine sottile ma essenziale: essere pari non vuol dire essere uguali, ma vuol dire poter essere diversi. Per poter essere diversi e pari bisogna, in primo luogo, riconoscere e non annullare le differenze. Una volta che vengono riconosciute le differenze, bisogna riconoscere che tali differenze necessitano di essere rispecchiate in diritti e necessità diverse. Le femministe, in primis, non devono andare in corto circuito e dispregiare tutto ciò che non è “donna”. Come afferma Stefania Bonfiglio, “pari opportunità significa pari realizzazione del proprio essere: quindi deve tenere conto delle differenze”.

L’emancipazione femminile non si ottiene con l’ostilità verso l’uomo, né con l’aspirazione ad assumere un’identità maschile. Per questo, le battaglie del femminismo contemporaneo sono fuorvianti e improduttive: perché finiscono per condannare ogni essere umano per il solo fatto di non possedere una vagina.In questo contesto, come ha affermato Stefania Bonfiglio, “si pensa sempre più alla violenza sulle donne invece che sugli uomini (vedi questione padri separati) perché ammettere che è in corso un capovolgimento dei sessi voluto dalle pari opportunità che non lavorano in una direzione differenziatrice e quindi utile ma in una direzione di livellamento che si traduce in un appiattimento tra i sessi: l’uomo non fa l’uomo la donna non fa la donna. La cornice del disastro”.

Beatrice Mantovani

da www.iltalebano.com

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