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Sanità/2. Riforma del Sistema Socio Sanitario lombardo: la posizione dei Sindacati. “Ancora troppi nodi irrisolti”

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Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

RICEVIAMO & PUBBLICHIAMO DAI SINDACATI PENSIONATI DI CGIL, CISL E UIL LOMBARDIA
Il percorso di evoluzione del Sistema Sanitario Regionale ci ha visto attivamente partecipi sui tavoli istituzionali regionali, insieme alle Confederazioni sindacali, e ci ha visto in alcuni momenti condividere importanti passaggi, così come, soprattutto negli ultimi anni, esternare il nostro disappunto e dissenso rispetto alle lacune e alle criticità del sistema sanitario in particolar modo per quanto riguardava l’inadeguatezza a fornire risposte ai bisogni sanitari, socio sanitari ed assistenziali degli anziani che rappresentiamo.
Per questo motivo, in qualità di firmatari del documento del settembre 2014 e visto e considerato l’avvicinarsi del termine del periodo di sperimentazione della l.23/2015, abbiamo elaborato, con le Confederazioni e i sindacati di categoria della funzione pubblica, un documento dal titolo “Idee e proposte per un nuovo patto sulla Sanità in Lombardia”, consegnato all’Assessorato al Welfare in data 09 febbraio 2021, unitamente alla richiesta di convocazione di un tavolo di confronto sull’evoluzione del sistema sanitario regionale e sulle nostre proposte, che auspichiamo avvenga a breve.
Dalla lettura delle Linee di sviluppo della l.23/2015, dobbiamo invece purtroppo evidenziare come restino irrisolti numerosi nodi che invece sono stati da noi indicati come critici, in particolare per l’impatto che hanno sulla salute degli anziani e che vogliamo con questo documento declinare e riportare in evidenza.
Innanzitutto continuiamo a pensare che la pandemia abbia evidenziato le debolezze del nostro sistema sociosanitario e che oggi, non sia sufficiente parlare di “ritocco” o di ulteriore sviluppo della legge, ma serva un profondo ripensamento e una coraggiosa revisione, partendo da ciò che non ha funzionato per costruire un nuovo e diverso Sistema socio sanitario regionale, in grado di promuovere e tutelare la salute dei cittadini.
Nel merito: non intravediamo, nelle Linee di sviluppo, quel rafforzamento organizzativo e funzionale della DG Welfare che consentirebbe una maggiore capacità di coordinamento e di indirizzo delle ATS, criticità che in questi anni ci ha purtroppo visto più volte confrontarci con comportamenti disomogenei che hanno causato notevoli disagi nell’accesso ai servizi.
La stessa riproposizione del modello di governance basato sulla suddivisione delle funzioni tra ATS e ASST per quanto riguarda programmazione, governo ed erogazione, esporrebbe il nostro sistema al verificarsi delle stesse problematicità a cui abbiamo spesso assistito in questi ultimi anni.
E’ mancata inoltre una vera programmazione pubblica dell’offerta, basata sull’analisi dei bisogni e
sul governo della domanda.

 

Inoltre, dopo la tragica esperienza della pandemia, riteniamo necessario ripensare il rapporto pubblico/privato, senza alcun condizionamento o pregiudizio ideologico, ma puramente di sistema.
Va quindi rivisto il sistema degli accreditamenti e della remunerazione, sia per il comparto sanitario che socio sanitario, nell’ottica di una valorizzazione e di un riequilibrio in favore del pubblico. Non è più possibile continuare a privatizzare parti di sistema sanitario pubblico, accreditare, finanziare con risorse pubbliche e poi lasciare il privato muoversi senza alcun controllo nel libero mercato. La competizione pubblico/privato, definita “virtuosa” nelle Linee di sviluppo, è invece a nostro avviso una competizione assolutamente impari, potendo il privato contare su di una maggiore flessibilità negli investimenti, negli acquisti e nelle assunzioni: il concetto economico di “quasi mercato” che propugna Regione Lombardia è condivisibile nella misura in cui vi sia un controllore pubblico certo ed imparziale, una gestione etica, una logica di vantaggio per i cittadini e non soltanto speculazione economica al fine del profitto!
Sul contenuto del capitolo 4 “Rete territoriale” sono enunciati temi assolutamente di interesse, la cui declinazione necessita tuttavia di un confronto approfondito.

AMBULATORI MEDICI

E’ previsto dalla norma che la medicina territoriale abbia autonomia decisionale ed economica, noi riteniamo debba esercitarla pienamente, anche per il reperimento di medici, di infermieri e per l’individuazione di percorsi formativi specifici.
Quale sarà il ruolo del MMG nella medicina territoriale? Quale rapporto numerico medico/assistiti?
Non leggiamo nessun cenno su questo aspetto, nonostante le situazioni di allarme che provengono dal territorio rispetto a centinaia di posti scoperti, con pesantissimi disagi soprattutto per le persone più fragili.
E’ innegabile e sotto gli occhi di tutti che la sostituzione dei MMG che vanno in pensione non sia considerata una priorità né tanto meno una necessità, sguarnendo così il territorio da un riferimento non solo importante ma diremmo indispensabile se, nel prosieguo della campagna vaccinale e dei richiami, non saranno più gli HUB dell’emergenza il riferimento per le somministrazioni, ma le strutture di prossimità, e soprattutto i medici di famiglia!

 

Non troviamo traccia di alcuna intenzione di riconsiderare il modello di presa in carico che a tutt’oggi non ha visto un livello soddisfacente di adesioni.
Così come non c’è nessun cenno alle liste d’attesa, problema pre-esistente alla pandemia ma ora fuori controllo.

SANITA' LOMBARDIA

Per quanto attiene continuità dei percorsi di cura, si prevede genericamente una COT (Centrale Operativa Territoriale) in ogni Distretto, un Distretto ogni 100 mila abitanti e una Casa della Comunità ogni 50 mila abitanti. Ci chiediamo se questi rapporti siano equilibrati, o se invece sia necessario fotografare la domanda di salute dei diversi territori per adeguare le situazioni territorio per territorio, partendo dal presupposto che le condizioni delle città metropolitane, delle pianure e delle montagne siano profondamente differenziati.
Vincolare la costruzione della rete territoriale alle sole risorse previste nel PNRR ci sembra una condizione limitativa. Una rete territoriale con le caratteristiche adeguate richiede ingenti risorse soprattutto in termini di incremento del personale e percorsi formativi: non si può andare avanti senza una programmazione che necessariamente deve essere di prospettiva a medio e lungo termine, coinvolgendo le università.
Infine, grande assente nelle Linee di Sviluppo è il tema delle RSA che riteniamo essere una parte fondamentale del sistema sociosanitario, che riteniamo debba essere assolutamente integrata nella rete socio sanitaria territoriale, non averlo fatto nel passato è stato uno dei gravi errori duramente pagati durante la pandemia, e il cui peso, in termini anche di vite umane, ancora abbiamo tutti ben presente.

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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