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Dall'archivio:

San Martino. Di Emanuele Torreggiani

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L’uomo avvolto nel suo ampio, caldo mantello di lana cotta, proseguiva mantenendo al piccolo passo il cavallo nella dilavante pioggia d’autunno. Saette lontane trapassavano il crepuscolo. Alberi e felci e lunghe ombre costeggiavano l’esiguo sentiero. Acqua nel buio e andavano. L’uomo, che era un soldato, appena chino dentro il cappuccio gocciolante, misurava le ore che distavano da un pagliericcio appresso un fuoco quando, con un improvviso scarto, lo stallone lo scosse. Subito mise mano all’elsa del ferro di Toledo e ne estrasse un palmo d’acciaio che sibilando livido riflesse una saetta muta là, sul filo dell’orizzonte. Strozzò le briglie all’impenno cui il cavallo rispose digrignando candidi denti e levandosi imponente come bestia nera di terra d’abisso. E ricadde, arpionando le quattro zampe dentro la terra, la coda in linea al posteriore, fermo in punta. Appena il labbro arriccio in disegno di morte. Pioggia e silenzio. Cupo. La lama estratta sfrigolava di acque diacce in attesa di essere placata bevendo sangue.
Da lì, da sotto una felce prostrata se ne uscì un torso flaccido su gambe rinsecchite sostenenti un cranio scavato agli occhi sopra una bocca sdentata e laida di quella vecchiezza che schifa occhi e anima. Martino levò alto l’acciaio mentre le arse mani a dita di serpe chiedevano alzate in muta lingua. Pietà lo spiccargli il capo. Ma una saetta cadde stallando e fu luce. Il soldato vide il tempo aprirsi e si riconobbe riflesso in quel vecchio. Discese dal destriero che prese a brucare erbe e con un solo gesto sfilando dalle spalle ampie il caldo panno sul taglio della lama divise la lana. Quegli si ricoprì l’ossa e, ancora in quella trattenuta luce cadente, gli s’avvicinò per il bacio che il soldato andava cercando. Quando poi fu ancora notte il vecchio era andato e il cavaliere ripartito. Raggiunse la posta che trovò deserta. Già aurorava. Conficcò la lama nella terra arata di pioggia, che rientrasse nelle viscere. E lì abitò. Il soldato Martino visse nel tempo in cui gli dei stavano finendo, Gotterdammerung. E morì dentro la luce dell’essere e del tempo, Sein und Zeit. A lui, noi tutti, dobbiamo implacabile memoria, Erinnerung. Questa è la vera storia di San Martino come la si può leggere sui vetri istoriati delle nostre Chiese.
Emanuele Torreggiani

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