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‘+++ Salute/ COVID-19, il 70 % dei pazienti è maschio. Al via studi su farmaci ormonali per calvizie e tumore della prostata +++

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I trattamenti usati per contrastare l’alopecia, tipico segnale di alti livelli di ormoni maschili, e come trattamento in caso di cancro della prostata sarebbero in grado di combattere l’infezione e lo sviluppo della malattia. Una novità che potrebbe avere effetti molto importanti, se si pensa che il 70% dei pazienti dell’infezione da Coronavirus sono uomini

ROMA – Gli uomini sono le vittime preferite del COVID-19, con il 70% dei ricoveri. Questo dato, noto sin dall’inizio dei contagi, ha indotto i ricercatori a pensare che la maggiore facilità di contrarre l’infezione possa dipendere dalla presenza di più elevati livelli di androgeni, cioè gli ormoni sessuali maschili, rispetto alle donne. Ecco perché molti studi stanno valutando la possibilità di intervenire attraverso gli stessi trattamenti ormonali usati normalmente contro il tumore della prostata e la calvizie, per contrastare l’infezione e l’evolversi della malattia. Proprio queste terapie anti-androgeniche, a cui di solito si ricorre in caso di cancro della prostata o di alopecia (quest’ultima presente nel 79% dei pazienti di sesso maschile che sono colpiti dall’infezione), potrebbero dunque rivelarsi decisive per contenere la malattia. Una conferma di questa teoria arriva da uno studio italiano recentissimo (pubblicato a fine agosto sulla prestigiosa “Annals of Oncology”*) che ha analizzato più di 9 mila pazienti ricoverati in Veneto. Il lavoro ha mostrato come coloro che stavano seguendo una terapia anti-androgenica per tumore della prostata, avevano un rischio diminuito di 4 volte di contrarre l’infezione da COVID-19 rispetto ai pazienti affetti da tumore di prostata che invece non assumevano antiandrogeni. Questo e altri studi che confermano questa teoria potenzialmente molto importante per la popolazione maschile sono stati presentati e discussi a Roma durante il 93° Congresso Nazionale della Società Italiana di Urologia (SIU). 

“Fin dal primo momento, con l’esplosione dell’infezione da Coronavirus in Cina, è stato chiaro come gli uomini siano i più colpiti dal virus responsabile della pandemia – osserva il prof. Walter Artibani, Segretario Generale della SIU –. I primi dati hanno infatti confermato che tre pazienti ricoverati su quattro erano maschi. E che gli uomini sono più a rischio di sviluppare malattie gravi, e perfino la morte, a causa del COVID-19”.
A conferma di ciò, alcuni studi hanno osservato che gli uomini con calvizie (un tipico segno della presenza alti livelli di androgeni) erano più spesso soggetti al ricovero in ospedale. Questo ha indotto a ritenere che gli ormoni sessuali maschili potrebbero essere coinvolti nei meccanismi alla base dell’infezione. Ma non è tutto: “In linea con questa teoria, è stato osservato che i pazienti affetti da tumore della prostata avevano, prima di iniziare le terapie anti-angiogeniche, un maggior rischio di contrarre il COVID-19, oltre a peggiori risultati nei trattamenti effettuati nei loro confronti”, aggiunge il prof. Artibani. 
A fronte di questo, è emerso come pazienti in terapia anti-androgenica per alopecia o tumore della prostata, risultino essere invece parzialmente protetti dall’infezione. E pare accadere lo stesso ai pazienti che assumono abitualmente farmaci inibitori della 5-alfa reduttasi (gli stessi utilizzati per l’alopecia ma a dosaggi piu elevati) per l’ipertrofia prostatica benigna.
“Gli studi in corso si concentrano sul ruolo di un particolare enzima legato alla membrana cellulare (denominato TMPRSS2), che appare mutato nei pazienti affetti da tumore della prostata, la cui espressione è regolata positivamente dai livelli androgenici e favorisce l’ingresso del virus nella cellula – spiega il prof. Francesco Porpiglia, responsabile dell’Ufficio Scientifico della SIU e ordinario di Urologia dell’Università degli Studi di Torino –. Ecco dunque perché un trattamento atto a privare o ridurre la stimolazione degli androgeni potrebbe eventualmente influire sull’ ingresso del Covid-19 nelle cellule e di conseguenza impattare sullo sviluppo e sulla gravità della malattia”.
Gli studi tuttora in corso sono osservazionali prospettici o retrospettivi, quindi richiedono ancora trial clinici adeguati. E ci vorrà ancora qualche tempo, prima di arrivare allo sviluppo di farmaci specifici che agiscono su questo meccanismo d’azione. “Ma al momento è possibile comunque affermare che si tratta di una possibilità concreta – concludono gli esperti – anche se va precisato che si tratterebbe, per ora, di una cura destinata esclusivamente ai pazienti con tumore della prostata. E che, come ogni terapia anti-androgenica, sarebbe comunque controindicata ai cardiopatici e a chi soffre di forme gravi di osteoporosi”.

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