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Dall'archivio:

Rompere l’indifferenza. Storia di Carlo Ferrario, panettiere e ‘giusto’- di Sabrina Carrozza

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Ho visto questo film a scuola, in questo periodo della mia vita in cui sono (anche) insegnante. 

Si chiama “Corri, ragazzo, corri”. E parla di un bambino che viene salvato dal padre un soffio prima della fucilazione e che viene incitato a correre sempre verso Est, dalla Polonia invasa verso la Russia. La Maestra Silvia ha raccolto poi le parole che questo film a suscitato e la prima, in assoluto, è stata “tristezza”. 

E una sera mi ha scritto Elisa, l’amica delle mie scuole elementari, che anche se non si chiamano più così per me restano tali. Mi ha scritto una storia che non conoscevo, una storia della sua famiglia. L’ha raccolta dalla mamma Luisella e l’ha trasmessa a Riccardo, suo figlio, che ne ha parlato nella sua, di scuola, davanti alle sue, di maestre.
Il mio bisnonno Carlo, panettiere anche lui, aveva un bunker in giardino. Era bello fondo, cemento armato, un bestione. Era più o meno dove adesso mia mamma ha il posto auto coperto. Lui conosceva questa famiglia di Milano, avevano una ditta,  lavoravano pelli ed erano Ebrei. Abitavano nella Milano bene, dove c’erano palazzoni belli fuori e ricchi dentro. Durante la guerra il mio bisnonno li ha nascosti in soffitta, sopra al negozio. La sera, quando suonavano le sirene per avvisare che iniziavano i bombardamenti, correvano tutti nel bunker. I bisnonni, mia nonna, gli Ebrei. Quando i Tedeschi hanno capito cosa faceva il mio bisnonno, hanno rasato a zero la figlia…non so perché l’abbiano lasciata coi genitori, ma rasata.

Carlo Ferrario, bisnonno di Elisa Pianta, riposa nel cimitero di Santo Stefano Ticino, Giusto tra i gli altri Giusti, ma rimasto sconosciuto, come molti. Come le suore di Besozzo che nascosero la dott.ssa Elena Sachsel, anche lei – come Liliana Segre – costretta a non frequentare più proprio la scuola elementare e non deportata  dal Binario 21 solo per la caparbietà di Maria Servetti, suora molto vicina al cardinale Schuster.

La mia, mi scrive Elisa, è una piccola storia a lieto fine perché quella famiglia ebrea milanese è stata salvata tutta dal bisnonno Carlo. Mi piace riflettere sul valore di questa “piccola” storia. Piccola, che ha permesso a delle vite di non essere falciate via, di esprimersi e ricordare. Piccola e molto vicina a noi, non su uno schermo, ma sulle strade del nostro territorio.

Sul diario dei miei alunni ci sono delle frasi, vicine a questo giorno dell’anno. Di Primo Levi, di Anna Frank. Ma ce n’è una di Hannah Arendt che mi ha colpito. Scrisse un libro su un funzionario tedesco che, a processo, dichiarò semplicemente di aver eseguito gli ordini. Lei, tedesca di origine ebraica, scappò dalla Germania pochi anni dopo le prime leggi che limitavano la sua libertà, tra cui quella di insegnare. Quel funzionario è l’emblema dell’indifferenza. Cui si ribellò una piccola suora, Maria. Cui si ribellò un panettiere di un piccolo paese dell’Ovest Milanese, Carlo.

Ho promesso a Elisa che questa storia doveva essere conosciuta di più. Intanto Riccardo ha chiesto di andare al cimitero e guardare la foto di quell’uomo, un volto tra i tanti, forse, ma che ha ora un nuovo significato. E non solo per lui. 

Sabrina Carrozza

 

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