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Roberto Calasso, Sandor Marai ed Adelphi: grazie- di Emanuele Torreggiani

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Gratitudine.
Sandor Marai. Ungherese, perfettamente bilingue: ungrofinnico e tedesco. Scrisse, ante guerra, per i principali quotidiani tedeschi corrispondenze, note politiche, elzeviri, cronache di costume. Era un nome di riferimento per acuta ironia e profondità della cifra stilistica. E scrisse, in ungherese, i suoi romanzi e diari. Che, causa il perimetro linguistico, ebbero vita effimera. Perseguitato, come si deve ad ogni autore autentico che narra il tempo suo, sia dal nazismo che dal comunismo. Gemelli nell’esegesi. Riparò, povero sino all’indigenza, nella Napoli dell’immediato dopoguerra accompagnato dalla moglie Lola, da lui amatissima. In breve comprese che l’Italia non è terra per esuli. Volò in California. Visse con un fondo del Pen Club causa intervento di Thomas Mann che gli rimprovero’, sempre, il Marai bilingue, di aver scelto per la narrativa la lingua fonte del latte materno. Avesse scritto, sin da subito, in tedesco avrebbe avuto fama mondiale. Morì a Pasadena, in California, pochi giorni dopo il decesso di Lola. Si sparò, ottuagenario. E disparve per qualche decennio.
Rientrò sulla scena letteraria mondiale grazie ad Adelphi che iniziò, primi anni del millennio, a pubblicare i suoi titoli che, sulla scia del successo, un successo di lettura non di apparizione, convinse gli editori delle principali lingue ad opportune traduzioni. Lo riscoprirono anche in Ungheria. Tanto che gli innalzarono un bronzo, incommentabile e va da sé. Se qualcuno non lo avesse mai sfogliato, può iniziare con il breve “Il macellaio” racconto lungo e con il romanzo “Liberazione” in cui si coglierà la sapiente narrativa collocata dentro la presa di Budapest da parte dell’Armata Rossa. Leggendo “Liberazione” si vede, un affresco tanto cupo quanto verosimile, l’Europa che da lì si andava costituendo. E le tramestie seguenti. Insomma, la libertà non è mai né un luogo né, tantomeno, una ideologia. Ma una disposizione dello spirito. Sono grato a Roberto Calasso di avere il piacere di leggere Sandor Marai.
Emanuele Torreggiani

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