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Robecco, semaforo, medici e malati: la ‘novella’ continua…

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ROBECCO – Riassunto: Un uomo gravemente ammalato, e di fatto abbandonato dalla pubblica sanità, viene preso in carico dal suo medico curante che gli somministra un farmaco riuscendo a liberarlo da  alcuni dolori ma gettandolo in uno stato di grave prostrazione generale.

Dopo due giorni di terapia il poveretto non avvertiva più i dolori lancinanti che lo tormentavano ma sembrava, come si usa dire, più di là che di qua.
E a quel punto vennero a galla i parenti che, come i classici capponi di Renzo, presero a beccarsi fra di loro.

Chi sosteneva che il medico aveva agito con  imperizia o comunque imprudenza somministrando un farmaco senza prima consultarli, dicendosi pronto anche a denunciarne il comportamento alle pubbliche autorità; chi invece lodava il suo coraggio per avere almeno cercato di risolvere una situazione ormai incancrenita.

Non mancò neppure chi si lamentò per i lamenti del malato che non lo lasciavano dormire e lui al mattino doveva andare a lavorare.
Qualcuno prese la palla al balzo per vendicarsi di alcune vecchie ruggine famigliari o  per togliersi qualche sassolino dalle scarpe.

Girò anche la voce che il medico, dopo tanto tempo in cui era rimasto alla finestra, si era comportato in quel modo un po’ autoreferenziale per intestarsi personalmente  una eventuale guarigione.

Il cappellano dell’ospedale che, sottovalutando  forse le tensioni e la suscettibilità creatasi, aveva fugacemente accennato alla questione, si trovò tirato di qua e di là per la tonaca.

Si arrivò perfino a ipotizzare che il malato potesse essere diventato contagioso, minacciando di isolare l’intero paese.

In tutto questo, il medico di famiglia si sentiva verosimilmente come posto fra due fuochi. Da un lato era contento che il malato fosse finalmente degnato di una qualche attenzione ma, d’altra parte, si rendeva conto che la situazione non poteva reggere a lungo. Provò ad aggiustare la nuova terapia per attenuare almeno qualcuno degli effetti collaterali più pesanti, ma con risultati modesti.

Alcuni colleghi gli manifestarono solidarietà, altri gli dissero senza giri di parole che stava sbagliando completamente  terapia e che stava facendo solo danni al povero malato.

Gli unici a non farsi vivi in questo bailamme erano gli illustri clinici. Molti di loro avevano evidentemente questioni più gravi di cui occuparsi, qualcuno forse aspettava di ascoltare la relazione finale di un importante convegno in corso in Emilia Romagna.

Fatto è che sul fronte della pubblica sanità vi era solo, come si usa dire in questi casi, un assordante silenzio.
… Continua (forse)

novellatore robecchese

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