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Dall'archivio:

Riceviamo & pubblichiamo: la campagna Gender che non risparmia i bambini. Il contributo di Angelo Mandelli

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RICEVIAMO & PUBBLICHIAMO MILANO – Si è svolta ieri sera in una libreria di Milano la presentazione del libro “Il bambino gender creative”. L’ immagine di presentazione dell’ evento è più eloquente di ogni discorso e fa capire dove vuole  andare a parare chi ha prodotto questo testo.

Se rimanesse qualche dubbio, ecco quanto era scritto sul depliant che è stato distribuito nella sala:

solo i nostri figli possono sapere chi sono e  in che modo esprimersi. Ai genitori non resta che accompagnarl* in questo viaggio alla scoperta di loro stess*

Qualcuno fra i presenti ha fatto subito notare che, allora, se un bambino si sente gatto, per renderlo felice bisognerebbe “assecondare le sue inclinazioni”, e quindi aiutarlo a camminare a quattro zampe a e miagolare per tutta la vita.

Però i cultori della ideologia gender devono essere coerenti fino in fondo alla loro follia e attaccarsi anche e soprattutto all’anello più debole della catena, i bambini. Se il sesso vero non è quello che uno ha realmente (nel corredo biologico), ma quello che si “sente”  nella testa, allora bisogna intervenire anche sui più piccoli e cercare di individuare i potenziali “trans” per proteggerli dal “rischio” che vengano indirizzati su altre strade.

I fautori di questa ideologia giocano sull’equivoco, anzi su molti equivoci.

Il primo è quello fra metodi educativi e giudizio sulla realtà.  E’ chiaro che i metodi educativi devono essere i più rispettosi possibile e non fare violenza alle persone. Ma questo non vuol dire che tutte le tendenze e i comportamenti debbano essere giudicati buoni. Chi ha scritto il libro deve spiegarci come possa essere realmente felice e realizzato un bambino maschio che si crede femmina o viceversa.  Hanno parlato anche loro di suicidi, attribuendoli alla società “omofoba”.  Ma è una pura bugìa. Anche nei contesti più tolleranti i trans hanno una percentuale di suicidi e tentativi di suicidio molto più alta delle persone etero. E questo non dipende dalla società “repressiva” o dalla educazione, ma dal fatto che uno non si  può sentire a suo agio se è in conflitto con sè stesso, anche se società, scuola, genitori facessero di tutto per nascondere il problema.

L’ altro equivoco è fra le differenze di carattere e quelle di genere. E’ ovvio che ognuno ha il suo carattere  e questo difficilmente può essere modificato. Uno è timido, l’altro estroverso. Uno ama lo sport, l’ altro ne farebbe volentieri a meno, ecc . Ma sentirsi di un sesso che confligge col sesso biologico è un’altra cosa.  Non può essere messo nel novero delle differenze comportamentali.

I teorici dell’ ideologia di genere e arcobaleno stanno creando una generazione di infelici e candidati al suicidio perpetui, e la chiamano “liberazione”. 

Il che dimostra, se mai ce ne fosse ulteriore bisogno, che la presunta lotta “contro le discriminazioni” è solo un pretesto.  Loro non vogliono aiutare le persone LGBT, ma vogliono usarle per dimostrare i loro teoremi e semplificazioni assurde.

Inoltre sono proprio loro a promuovere le discriminazioni di “genere”.  Sulle discriminazioni ci navigano e ci vivono. Provate un po’ a pensarci. Sono proprio loro che hanno creato la sigla “LGBT” per identificare e bollare la gente in base alle tendenze sessuali, non gli “etero” al fine di discriminarli!

Tutto questo ci fa capire molto bene che la bandiera “arcobaleno” (che campeggiava in tutte le salse nella libreria dove è stato effettuate l’ evento), è un simbolo equivoco e ideologico, che, come minimo, non può e non deve  essere imposto a tutti.

 

*A cura di Angelo Mandelli, laureato in filosofia teoretica ha lavorato come insegnante nelle scuole medie e come informatico presso clienti a Milano, Genova, Alessandria e Torino

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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