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Rescaldina riflette sui piani produttivi (e le nuove aziende)

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RESCALDINA – Il progetto è figlio di un’intesa di alcuni anni fa tra comune e un operatore economico e aveva uno scopo preciso: destinare a chi aspirava a svolgere un’attività artigiana alcuni capannoni concentrati in una serie di lotti. Tutto questo accadeva nel 2010. Ora, però, nel 2021, dei dieci lotti previsti per questo scopo  ne sono stati assegnati soltanto cinque.  “Nel 2020- ha  dichiarato l’assessore Elena Terraneo dopo avere minuziosamente ricostruito la vicenda – si è preso atto delle ultime rinunce fatte dagli assegnatari per le superfici non assegnate entro il termine, si è così chiesto ai lottizzanti di acquisire tali lotti non destinati ad attività artigiane a prezzo di mercato e così si chiuderà la questione, uno solo, al momento, si è mostrato interessato”. Inevitabile che questa metà di lotti rimasta res nullius finisse per creare ampio dibattito in consiglio comunale. Ambrogio Casati, consigliere comunale e storico esponente della Lega cittadina, “questa vicenda rappresenta una sconfitta per tutti, comune, artigiani e impresa che aveva realizzato quegli edifici,  sono rimasti 5000 metri di capannoni non collocati che avrebbero potuto creare utilissime opportunità di lavoro per Rescaldina, una quarantina di persone avrebbero potuto trovare una nuova occasione di lavoro ma questo non è accaduto”.
All’affermazione hanno replicato il sindaco Gilles Ielo, il suo predecessore Michele Cattaneo e l’attuale presidente del consiglio comunale Massimo Gasparri, a sua volta ex primo cittadino, sostenendo che l’epilogo della vicenda sia addebitabile a un mutamento dello scenario economico e sociale. “Il piano di implementamento produttivo – ha dichiarato in particolare Gasparri – esiste da prima di quest’operazione perchè risale agli anni Novanta, vi era una politica volta a permettere insediamenti produttivi a prezzo calmierato, così come accadeva per l’edilizia economico popolare che prevedeva la costruzione di alloggi a prezzo calmierato per le situazioni di bisogno abitativo, poi è chiaro che sono cambiati i tempi sia sul piano sociale sia su quello economico e non si è più avuta la convenienza a usare tale possibilità”.
Cristiano Comelli

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