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‘Quando mi portarono a visitare un campo di concentramento..’ Di Emanuela Arcidiacono

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Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

 

Le sensazioni che provai la prima volta che mi portarono in visita in un campo di concentramento sono ancora perfettamente impresse nella mia memoria: ero una ragazzina di poco meno di 14 anni, ma ricordo che compresi appieno la serietà del momento che stavo vivendo e nonostante fosse una situazione ludica, come una gita con la scuola, ricordo che percepii che il luogo in cui mi trovavo fosse un luogo di morte e luogo di dolore. Pochi anni dopo, durante liceo venne nuovamente organizzata una gita e girando su e giù per l’Europa venimmo Condotti anche al campo di concentramento di Mauthausen; ricordo che era il mese di aprile e che io indossavo il piumino più caldo e tecnologico che possedessi per difendermi da un freddo talmente tagliente da farti continuamente lacrimare gli occhi e bruciare la pelle del viso Rricordo che nonostante fossi una ragazzina che da un lato tendeva ad interessarsi della Libertà sperimentata durante una gita scolastica, degli sguardi languidi dal compagno di banco che ti ha sempre fatto battere il cuore, nonostante fossero questi gli interessi di una sedicenne, ricordo che quando ci fermammo sul piazzale dove probabilmente quei poveri deportati erano costretti a permanere per ore, ricordo che mi chiesi come fosse possibile che riuscissero a resistere nonostante indossassero abiti laceri leggeri e sicuramente non adatti a tenere caldo, come quelli che stavo indossando io…… ricordo che ci portarono a vedere alcune baracche e mi colpirono questi letti a castello di legno piccolissimi, nonostante io fossi una ragazzina particolarmente esile, non avrei trovato spazio in un letto così piccolo e le nostre guide ci dissero che nei momenti di maggiore affluenza al campo potevano dormirci anche sei persone contemporaneamente. ricordo che la sensazione e la percezione di quanto di drammatico in quei luoghi fosse accaduto era assolutamente palese, non penso fosse soltanto la mia sensazione la consapevolezza la mia sensibilità che mi portavano a ripensare a quanto accade li.

Se dovessi riassumere i due dettagli che mi colpirono con maggiore intensità sicuramente andrei ad annoverare il freddo come già detto, ma anche il silenzio; si trattava di luoghi enormi, giganteschi, peraltro frequentati da moltissime comitive, venute appositamente per poter vedere di persona quei luoghi eppure, nonostante tutto, ciò che mi colpiva di più era esattamente il silenzio ….. sembrava che perfino il ghiaietto che si trovava sul terreno facesse di tutto per non fare rumore al nostro passaggio, come se volesse dimostrare una ennesima anche se purtroppo tardiva forma di rispetto nei confronti di coloro che in quei luoghi avevano tanto sofferto. Sono certa che quanto vidi in quei luoghi mi colpì tanto profondamente poiché mi è capitato più volte nel corso degli anni di sognare di essere deportata in un campo di concentramento, credo di aver vissuto una tale empatia con quei luoghi di distruzione da risultare colpita e tuttora terrorizzata. Tutti almeno una volta, dovrebbero andare a visitarli per poter vedere con i loro occhi e per poter rendere giustizia a coloro che così tanto ingiustamente vennero tormentati…. #giornatadellamemoria.

Emanuela Arcidiacono

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