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Psicologia: S come Stupore

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Torna il dizionario psicologico con la rubrica a cura di Floriana Irtelli e Fabio Gabrielli
E avviene così che la scena si sfasci. La levata, il tram, le quattro ore d’ufficio o di officina, la colazione, il tram le quattro ore di lavoro, la cena, il sonno e lo svolgersi del lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì e sabato sullo stesso ritmo […] questo cammino viene seguito senza difficoltà la maggior parte del tempo. Soltanto un giorno sorge il “perché” e tutto comincia in una stanchezza colorata di stupore. “Comincia”, questo è importante. La stanchezza sta al termine degli atti di una vita automatica, ma inaugura al tempo stesso il movimento della coscienza….

Questa fulminante pagina di Alber Camus coglie con nitore stilistico e rara potenza evocativa un momento irriducibile dell’esperienza umana: lo stupore, un misto di ammirazione e angoscia, un vitale sbigottimento che accompagna ogni atto conoscitivo.

Lo stupore anima la scena umana sgombrando il campo dalle ideologie rassicuranti, dall’infeconda retorica dei buoni sentimenti, dai linguaggi confortevoli e confortanti del focolare domestico, della vita automatica.

Dunque, un pathos, appunto lo stupore, inaugura la riflessione umana invitandola ad abbandonare i presunti sentieri del giorno, del dire comune.

Lo stupore organizza l’incontro con qualcosa cui siamo destinati, che ci scuote, ci trasforma, riorienta la nostra vita.

E’ come se, all’improvviso, la scena umana fosse attraversata da una luce che scompagina ogni  ordinarietà, ogni tracciato consueto, lineare, per consegnarci una visione del tutto nuova, e che proprio per questo ci affascina, ci angoscia per la sua improgrammabilità, per la capacità di fornirci un senso altro, ci saggia,  ci mette alla prova.

Questo concetto è esemplificato in modo stupendo dalla figura di Don Marignan, il protagonista della novella Clair de lune(Plenilunio) del 1884 di Guy de Maupassant.

Don Marignan è un sacerdote assai fermo sulle sue posizioni, convinto di conoscere a fondo i disegni, le intenzioni, la volontà di Dio.

Insomma, un uomo di sincera fede, con un forte senso pratico, abbastanza refrattario alla sorpresa, ben saldo e radicato nella convinzione che per ogni domanda ci sia una risposta, basta avere la pazienza e la convinzione di trovarla.

Ebbene, quest’uomo tutta fede e logica certezza, una sera, allertato dalla moglie del sacrestano, decide di uscire di casa con in mano un nodoso bastone per sorprendere la nipote che, senza che la madre ne sia a conoscenza, si incontra di nascosto, tra le dieci e mezzanotte, con il proprio innamorato sulle rive del fiume.

Don Marignan, in preda allo sdegno per l’atteggiamento malevolo della ragazza, esce di casa deciso di passare ai fatti: sorprendere i due innamorati e punirli.

Tuttavia, accade una cosa inaspettata!

Vale la pena riportare, in questo corposo passo, le esatte parole di Maupassant, in modo da cogliere il senso complessivo del messaggio che ci viene trasmesso: Aprì la porta e si fermò sulla soglia, sorpreso dallo splendore del plenilunio, tale che di rado capitava di vederlo.

E poiché la sua mente era eccitabile, come dovevano averla quei poeti sognatori dei padri della Chiesa, egli fu subito distratto e commosso dalla grandiosa e serena bellezza della pallida notte […].

Respirò profondamente, bevendo l’aria come gli ubriachi bevono il vino, e cominciò a camminare a passi lenti, meravigliato, estasiato, quasi dimentico della nipote.

Appena fu in aperta campagna, si fermò per contemplare la pianura inondata da quella luce carezzevole, immersa nell’incantesimo languido e dolce delle notti serene […]. Don Marignan riprese a camminare, sentendosi quasi mancare senza motivo […].

Il sacerdote si fermò un’altra volta, pervaso da una commozione crescente ed irresistibile.

Lo prese un dubbio, una vaga inquietudine; sorgeva in lui una di quelle domande che talvolta si poneva.

Perché Dio aveva fatto tutto ciò? Se la notte è destinata al sonno, all’incoscienza, al riposo, all’oblio di tutto, perché farla più bella del giorno, più dolce dell’alba e della sera […].

Don Marignan non capiva.

Ed ecco che in fondo alla prateria, sotto la volta di alberi bagnati di nebbia lucente, apparvero due esseri che camminavano stretti.

L’uomo era più alto, teneva per la spalla la sua compagna e ogni tanto la baciava sulla fronte. Essi animarono d’un tratto l’immobile paesaggio che li circondava come una divina cornice fatta apposta per loro. Parevano un essere solo, a cui quella notte calma e silenziosa fosse destinata; e camminavano in direzione del sacerdote come una vivente risposta, la risposta che il suo Signore dava alle sue domande.

Il sacerdote restò immobile, col cuore che gli batteva forte sconvolto; gli pareva di assistere ad una scena biblica, come gli amori di Ruth e Booz, al compiersi della volontà divina in mezzo a uno di quegli scenari grandiosi di cui parlano i sacri libri […].

«Forse Dio ha creato queste notti per velare con l’ideale gli amori degli uomini», disse tra sé.

E indietreggiò davanti alla coppia allacciata che seguitava a camminare. Eppure era la sua nipote; ma si chiedeva se non avrebbe disubbidito a Dio. Dio non permette l’amore, se lo circonda d’un simile splendore?

Fuggì smarrito, quasi vergognandosi, come se fosse penetrato in un tempio nel quale non aveva diritto d’entrare.

 
Maupassant evidenzia come lo stupore si manifesti come improvviso scompaginamento del mondo, come cedimento del soggetto rispetto alla sua presunta certezza, alla tronfia sicurezza con cui crede di misurare e colonizzare ogni cosa, di controllare ogni anfratto, ogni pulsazione, ogni minima scossa dell’esistenza.
Don Marignan, quest’uomo tutto autocontrollo ed esattezza di risposte, è colto, proprio all’improvviso, da una destinazione diversa, da interrogativi diversi rispetto a quelli che si era posto prima di uscire di casa: dalle domande di fondo sulla vita richiamate dall’architettura celeste, al mistero inviolabile dell’amore che non accetta sguardi intrusivi e giudicanti.

Uscito di casa per un motivo ben preciso, sorprendere la nipote, con un destinazione ben precisa, il fiume, si trova, senza che l’abbia potuto prevedere, all’interno di una domanda e di una scena completamente diverse.

Lo stupore, come possiamo vedere, ha scardinato un mondo per aprirne un altro, completamente diverso, più vitale e fecondo.

 

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Piccola biblioteca dell’anima

S. Petrosino, Lo stupore, Intelinea, Novara 2012.

Un piccolo saggio, mirato e profondo, capace di offrire una visione originale dell’esperienza del vedere, di cosa significhi provare stupore di fronte alla vita.

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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