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Processo Mantovani-Garavaglia, le richieste di condanna del Pm. L’ex vicepresidente della Lombardia: ‘Grottesco’

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MILANO – L’ex vicepresidente della Regione Lombardia, ex assessore lombardo, ex sottosegretario, ex sindaco di Arconate Mario Mantovani era “a capo” di un “sistema di favori” e gestiva un “groviglio di interessi pubblici e privati che si concentrava nella sua figura, un sistema gestito anche dal suo entourage e dalle sue persone di fiducia”. Lo ha affermato il pm di Milano Giovanni Polizzi nel chiedere la condanna per l’ex ‘numero due’ del Pirellone a 7 anni e 6 mesi di carcere per corruzione, concussione e turbativa d’asta. Il pm ha chiesto altre 11 condanne per altrettanti imputati, tra cui il viceministro ed ex assessore lombardo Massimo Garavaglia, per il quale sono stati chiesti 2 anni, nel processo che vede un totale di 13 imputazioni. “E’ il processo alle persone perbene, anche Garavaglia e’ una persona perbene”, ha detto Mantovani fuori dall’aula ai cronisti, spiegando che l’accusa di turbativa d’asta in concorso con Garavaglia e’ una “cosa inesistente, e’ l’accusa per una telefonata”. Richieste condanne anche per Giacomo Di Capua (4 anni e 10 mesi), Giorgio Scivoletto (2 anni) e Michele Franceschina (2 anni).

“Oggi abbiamo ascoltato dalla voce del Pubblico Ministero del processo nel quale mi difendo da 3 anni, senza aver mai saltato neppure un’udienza, delle richieste di condanna che non esito a definire grottesche”. Lo dichiara Mario Mantovani, a seguito della requisitoria conclusa oggi al Tribunale di Milano dal Pubblico Ministero Giovanni Polizzi.

“Nel seguire con attenzione tutto quanto sostenuto dal Pm in aula”, continua Mantovani, “ho avuto la conferma che la pubblica accusa non ha collaborato alla ricerca della verità. Ho ascoltato una sequela di accuse  ferme a un teorema vecchio di 4 anni, come se nulla fosse successo in decine e decine di udienze,  dove sono sfilati 30 testimoni dell’accusa che di fatto hanno smentito le tesi del Pm e nonostante il fatto che il Collegio Giudicante ha ritenuto superfluo ascoltare decine di testimoni della difesa. Spiace pertanto rilevare come il Pm non abbia tenuto conto del dibattimento in tutta la sua evidente ampiezza”.

“Peraltro, su altre ipotesi di reato a suo carico”, aggiunge uno dei difensori di Mantovani, l’avvocato Roberto Lassini, “la Procura di Milano non si e’ conformata alle due pronunce di annullamento della Cassazione e ha lasciato indeterminato il danno e la stessa imputazione dopo che è stata sollevata  la questione della “indeterminatezza e genericita’” dei capi di imputazione. La richiesta di condanna pronunciata oggi ci appare insensata, inattesa;  a dimostrazione della pervicace volontà di dimostrare un teorema che in questi anni abbiamo smontato.  Abbiamo ascoltato una requisitoria che contrasta con la verità e la realtà dei fatti. Toccherà alla nostra difesa, nel corso delle prossime udienze, replicare punto per punto alle accuse mosse, in ordine alla quali abbiamo dimostrato- con abbondanza di fatti e prove- l’innocenza di Mantovani.  Confidiamo in un’attenta analisi del Tribunale e del Collegio, del resto in questi anni ci ha confortato la particolare attenzione  con cui il Collegio stesso ha seguito, passo dopo passo, l’evoluzione di un processo certamente molto articolato e complesso. Siamo certi, soprattutto dopo la pronuncia della nostra arringa difensiva, che questo processo non potrà che concludersi col riconoscimento della verità, e quindi con un verdetto di piena assoluzione”, conclude l’avvocato Lassini.

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