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”Piccolo e’ bello…… o forse no”. La riflessione di Luca Degani UNEBA sui maltrattamenti nella RSA del Pavese

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

RICEVIAMO & PUBBLICHIAMO – I fatti di Pavia in cui 9 persone anziane sono state oggetto di maltrattamenti in una struttura di accoglienza deve far aprire un dibattito contro il pregiudizio ideologico che si è venuto a creare nei confronti del mondo Rsa.
Il problema non è la bella faccia delle Rsa ma che questa situazione per l’attuale normativa e’ facilmente ripetibile.
 

 

 

 

 


Non si può accettare che da un lato vi siano strutture sottoposte ad autorizzazione sulla base di decreti ministeriali e plurime normative che garantiscono spazi adeguati e professionalità funzionali alla fragilità anziana e dall’altra vi sia il “liberi tutti”.
Dobbiamo ricordare che una rsa (in tutta italia) è normata da un dpr del1997 che ne definisce gli spazi e che, prevedendone una presenza minima e massima di persone anziane da 40 a 120 , prevede anche un numero di mq per ogni ospite non inferiore a circa 40 mq.
Gli ospiti delle rsa hanno diritto ad avere poi personale con un minutaggio settimanale non inferiore a 901 minuti (in Lombardia la media è sopra i 1100) e sono costantemente sottoposti a verifiche da ats, nas, vvff e commissioni regionali e ministeriali.
Giusto così
Meno giusto che ricevano una contribuzione economica a carico del fondo sanitario (in tutta italia) ben inferiore al 50 percento del costo che prevederebbero i livelli essenziali di assistenza.
Così nascono le comunità di accoglienza per anziani, che, se correttamente gestite e rivolte a persone anziane autosufficienti che decidono un percorso di vita collettivo hanno un senso e se poi queste persone decadono, come è la norma nel percorso di vita, queste realtà hanno il dovere di attivare i supporti previsti come l’assistenza domiciliare integrata.
Se cominciano ad essere offerte invece a persone non autosufficienti il senso non l’hanno più! È esercizio abusivo di attività sanitaria ma soprattutto rischia di togliere a queste persone il loro diritto di essere inserite in una continuità di cura.

Cura che dovrebbe iniziare al domicilio non solo con l’adì ma anche con l’ adeguamento domitico degli spazi e l’uso della tecnologia per monitorare tanto i loro parametri vitali quanto il loro effettivo stato di autosufficienza.
Poi vi è il diritto ad avere sul territorio centri diurni integrati per anziani che possono compensare le difficoltà del quotidiano mantenendo la vita a domicilio .
Solo in ultimo vi è la rsa.
Che è però un luogo altamente organizzato e obbiettivamente con il rischio di essere economicamente per questo più caro di soluzioni posticce e pericolose.
Valorizziamo strutture intermedie tra domicilio e rsa. Un esempio virtuoso i mini alloggi protetti per persone con gradi medio bassi di non autosufficienza e con l’attivazione immediata dell’Adi.



Facciamolo però’ senza rischiare di legittimare quello che poi vediamo sotto i nostri occhi in una giornata come questa dove persone anziane hanno perso la loro dignità.
E per loro come Uneba ci scusiamo di non riuscire abbastanza a costruire con le istituzioni una politica di continuità di cura che non avrebbe dovuto portarle a questo grave evento. 

Luca Degani, presidente UNEBA LOMBARDIA

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