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Perché NON ci serve un partito islamico, né a Magenta né altrove

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MAGENTA – Ci sono articoli che più di altri espongono chi scrive al pericolo di critiche, anche feroci. Ma siccome questo quotidiano on line, passato in 3 anni da 0 a 4 milioni di visualizzazioni appunto annuali, ha sempre interpretato il proprio ruolo come DIVERSO rispetto alle altre testate, che hanno peraltro sempre svolto un lavoro egregio, vogliamo ribadire la nostra ferma volontà di PRENDERE POSIZIONE.

Quando è necessario. E il tema, in questo caso, lo è senza alcuna ombra di dubbio. Parliamo cioè di Islam e della notizia, rimbalzata sulla stampa nazionale (Il Fatto Quotidiano e Libero, ed altri siti nazionali), della nascita di una lista civica, per alcuni partito, di matrice islamica o comunque promosso (seppure in via non esclusiva) da fedeli di religione musulmana.

La premessa, ancora una volta, è necessaria. Questo giornale è stato L’UNICO a promuovere, nel novembre 2018, un dibattito volto al confronto tra Cristianesimo e Islam, assieme a Fabrizio Fratus ed al think thank del Talebano.

Non siamo pertanto prevenuti né tanto meno accodati a una certa pubblicistica che ci ripugna, anche quando viene espressa da persone che teoricamente la pensano come il sottoscritto o altre firme di TN.

Ci sono tuttavia (non saremo brevi) fatti importanti che vanno anteposti, rispetto alla notizia di una nascente lista di matrice islamica.

Partiamo dalla comunicazione. Discutibile, fatta di smentite, posizioni, asserzioni poi parzialmente ritirate, una lite su Facebook con un rappresentante istituzionale- Silvia Scurati- condotta con canoni verbali secondo noi inappropriati e poco ortodossi.

La politica non è né può essere frutto di improvvisazione. E invece chi ha lanciato il sasso nello stagno del dibattito, ancorché generoso, non ha mai fatto politica. E si vede lontano un miglio.

L’attività associativa svolta per anni dagli islamici magentini, di per sé sicuramente meritoria, non basta. E non bastano i momenti di preghiera condivisi sulla pubblica piazza, certamente apprezzabili (e sui quali ritorneremo): la politica, anche in termini amministrativi, richiede ben altro. E lo spettacolo del digradante livello di politici ed amministratori locali che denunciamo da anni a livello locale, con cui è bene precisare che i fedeli di Allah non c’entrano nulla e non hanno colpa, è un ulteriore rafforzamento del nostro assunto: la politica va fatta da chi l’ha frequentata, capita, coltivata, studiata, praticata.

IL NODO FRANCIA

Entriamo poi nella carne viva del problema. E’ stata appena commemorata la strage del giornale satirico francese Charlie Hebdo in Francia, terra che per ovvie ragioni storiche è stata ed è sottoposta ad una forte pressione dell’islamismo radicale o meno, anche delle seconde e terze generazioni nate nei confini della Republique Francais.

C’è un nodo, ripreso anche ieri dal Foglio in modo drammatico, che non può essere eluso: attualmente, 20 tra giornalisti, pensatori e vignettisti francesi vivono sotto protezione perché minacciati da esponenti dell’islamismo radicale.

Ineb El Rhazoui, ex giornalista di Charlie Hebdo, è oggi la donna più minacciata di Francia. Lo scrittore algerino Kamel Daoud, premio Goncourt du premier roman per il suo “Mersault contre-enquête”, ha detto addio al giornalismo dopo essere stato vittima della “fatwa laica” di un gruppo di universitari francesi sul Monde. Robert Redeker, professore di Filosofia e firma storica del magazine Marianne, vive tuttora come un fuggitivo per un articolo sull’islam pubblicato nel 2006 sul Figaro. Due poliziotti seguono il polemista réac Eric Zemmour anche quando va al supermercato, mentre Mohamed Sifaoui, da quando ha pubblicato “Combattre le terrorisme islamiste” non conosce più il significato di vita privata, perché gli agenti devono proteggerlo ventiquattro ore su ventiquattro.

C’è un fil rouge che lega queste mosche bianche del dibattito intellettuale francese, alle quali il Figaro Magazine ha consacrato un dossier: aver criticato le derive dell’islam, chi in un libro, chi in un giornale, chi un’associazione di lotta contro la radicalizzazione o chi semplicemente durante un discorso pubblico. Sono i nuovi martiri del libero pensiero, braccati dagli islamisti perché “murtad”, apostati, e obbligati a vivere da eremiti nel paese dove sono nati o hanno scelto di vivere, convinti di poter sfuggire alla polizia del pensiero e dei costumi dei paesi di cultura islamica.

 

Come Nadia Remadna, scappata a venticinque anni da un un paesino sperduto nelle montagne della Cabilia, in Algeria, dove le donne non escono nemmeno per andare a scuola, per raggiungere la “sua” Francia, dov’era nata, a Créteil, e dove nel 2014 ha deciso di fondare le Brigades des mères, un collettivo di madri coraggio che si battono per salvare i giovani dal bivio delinquenza/jihad. Ignorata dai politici locali che per ragioni elettorali preferiscono flirtare con gli imam salafiti e la accusano di “sporcare la città”, un giorno, dopo aver partecipato alla marcia delle madri per la laicità a Sevran, nella banlieue parigina, riceve una chiamata anonima: “Aiuti i miscredenti. Sappiamo dove vanno a scuola i tuoi bambini, tua figlia è molto bella”.

A quest’aspetto dell’Islam politico se ne aggiungono altri: estraneità del sistema islamico alla laicità, sistema sociale basato sulla sottomissione al Dio del Corano, unità e superiorità della comunità islamica (Umma). Per non parlare delle particolari convinzioni sulla donna e sulla famiglia, distanti dalla prospettiva occidentale. Dottrina sociale della Chiesa e Islam, dunque, sono su posizioni differenti, ma non solo: la Dottrina sociale ha una visione molto diversa anche dal modernismo neoilluminista, che regge la quasi totalità delle istituzioni liberali europee.

 

L’IRRISOLTO PROBLEMA DELLA LAICITA’

Il quadro, allora, restituisce tutta la debolezza del sistema europeo nei confronti di un Islam aggressivo, se non per via degli attentati – ad opera di una minoranza – almeno per via culturale, nel momento in cui i musulmani sono disposti ad integrarsi a modo loro, cercando di esportare i loro principi religiosi nella politica e nella società. Per questo Giulio Meotti, coraggiosa  firma del Foglio, scrive da anni di un programma di egemonia sociale evidente, da parte di certo mondo musulmano francese. E cita, per questo, l’Arcivescovo di Strasburgo Luc Ravel, secondo il quale è in atto una «Grande Sostituzione», a proposito del basso tasso di natalità dei francesi rispetto a quello dei musulmani. Secondo Meotti, insomma, è in corso «l’Islamizzazione “pacifica” dell’Europa da raggiungere attraverso le moschee, il proselitismo, la demografia, il multiculturalismo, il rimpiazzo».

Se ne parlava, in realtà, già dal 1990, quando l’islamologo Bernard Lewis disse che «il “politicamente corretto” e il “multiculturalismo” erano un mix letale per l’occidente» e annunciava «la terza invasione islamica dell’Europa», che avrebbe avuto «maggior successo della prima e della seconda». Sia come sia, per Meotti è un fatto che «nel 1970 le moschee in Francia erano un centinaio, oggi sono più di 2.450», con un «ritmo e di quasi due nuove moschee a settimana da dieci anni a questa parte».

Il tema della laicità, vera dirimente nel rapporto tra mondo musulmano e pratica politica per chi come noi, cuore dell’Occidente ancorché storicamentw aperto al rapporto col mondo arabo in virtù della posizione dell’Italia nel Mediterraneo, è stato bellamente eluso in questa discussione.

La separazione tra Chiesa e Stato è difatti una delle prerogative dei moderni Stati occidentali. Un’analoga separazione tra Stato e Moschea è sconosciuta ai paesi islamici. Il concetto di sovranità popolare, proprio dell’Occidente, deve essere rifiutato dalla democrazia islamica, nella quale, sebbene debba essere esercitata attraverso meccanismi rappresentativi elettivi, la sovranità risiede in Allah e tanto i governanti quanto i cittadini sono egualmente califfi, “rappresentanti di Allah” che devono compiere il suo volere. Al principio primo dell’Islam, quello dell’unicità di Allah, corrisponde infatti l’univocità della legge divina: rivendicando tale principio la democrazia islamica si pone volutamente fuori dalla civiltà occidentale. Negare tale consequenzialità significa chiudere gli occhi davanti alla realtà della shari’ah, che non deve essere giustificata e difesa in nome di pluralismo e laicità, valori che essa stessa si impegna a contrastare, ha rilevato una disamina sul tema di Etipublica.

Quanto alla concessione di luoghi per il culto, oltre alle leggi (e quella lombarda, tanto contestata, è stata ‘cassata’ solo in una piccola parte, mentre l’impianto generale è rimasto valido e legittimato dai giudici in ogni grado di giudizio), chi vuole o vorrebbe impegnarsi in politica con fedeli islamici (anche e non solo) deve fare il conto con le decine di imam indagati, arrestati e allontanati dall’Italia grazie a uno dei servizi di intelligence migliori al mondo (quelli italiani) per contiguità col radicalismo e i gruppi terroristi.

Fino a che non ci saranno leggi CHIARE, posizioni NON equivoche e la certezza che nei luoghi di preghiera NON possano insediarsi PREDICATORI RADICALIZZATI, fa bene e anzi benissimo la giunta di Magenta ad esigere pieno e totale rispetto delle leggi vigenti, nonché tutte le accortezze del caso.

Da ultimo vorremmo soffermarci brevemente sul ruolo della comunità pastorale e di alcune forze politiche. E’ pieno diritto dei cristiani di Magenta aprire all’ecumenismo, vanno bene le preghiere condivise organizzate da don Giuseppe Marinoni e le iniziative congiunte, ma da cattolici siamo fermamente convinti che le istituzioni debbano essere laiche, quindi NON è giusto imporre un dialogo tout court applicando alla sfera civile quanto avviene nei luoghi deputati al culto.

Quanto a chi fa politica (con piena legittimazione e consenso), ci sovviene solo un dubbio relativo al Partito Democratico, principale forza di opposizione a Magenta che non ha esitato a spalleggiare le rivendicazioni della comunità islamica. E’ lo stesso Partito Democratico che ha invitato la senatrice Monica Cirinnà, paladina dei diritti civili, quando il 14 agosto 2019 abbiamo visto coi nostri occhi la comunità islamica magentina pregare dividendo rigorosamente gli uomini dalle donne? Sul tema dei diritti agli omosessuali dove pensano di trovare un campo comune, il Pd e la nascente lista civica barra islamista?

Tutte queste domande, e le lunghe considerazioni messe a ‘complemento’, ci fanno dire senza esitazione che non riteniamo ci sia alcuna urgenza di creare, sostenere ed appoggiare la nascita di una lista barra partito di radice islamica.  A Magenta come nel resto d’Italia. Punto.

Fabrizio Provera

 

 

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