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Perchè gli appassionati di tennis non amano Djokovic? Di Stefano Olivari

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Perchè gli appassionati di tennis non amano Novak Djokovic? Esclusa una minoranza eccentrica di suoi tifosi, ovviamente. Il fuoriclasse serbo ha appena vinto il suo quinto Wimbledon dopo una finale straordinaria con Federer, cinque ore che sono passate in un attimo, isolandoci dal resto del mondo. Eppure la delusione è tanta, anche fra i non federeriani.

La domanda è meno stupida di quello che sembra, perché è facile confrontare lo spazio dato oggi all’impresa di Djokovic con quello dedicato a una qualsiasi di quelle di Federer, anche soltanto la sua super semifinale contro Nadal di venerdì. Per non dire di quello teorico che avrebbe avuto lo svizzero nel caso avesse concretizzato uno dei due matchpoint.

Il tennis è nel suo svolgimento lo sport più onesto del mondo, dall’occhio di falco in poi anche di più, nemmeno nel peggiore bar calcistico si può mettere in dubbio la legittimità di una vittoria. Insomma, chi vince è sempre più bravo di chi perde, al netto delle condizioni di partenza. Il doping non è infatti mai stato davvero combattuto, fra l’indifferenza dei giocatori (Federer, per dirne uno) che da questa battaglia avrebbero potuto tirare benefici diretti.

Ma tornando a Djokovic, perché dopo 16 Slam vinti su tutte le superfici. 33 Masters 1000 e un’infinità di altre cose, a 32 anni è ancora percepito come un intruso nella grande rivalità Federer-Nadal ed in generale nella storia del tennis? Non è sicuramente un problema di gioco visto che il più grande divo della storia del tennis, Bjorn Borg, aveva meno qualità strettamente tennistiche rispetto a Nole. E altri fuoriclasse avevano lacune enormi, che che Nole non ha: il rovescio per Sampras, il diritto per Connors, il gioco di volo per Agassi (al confronto il pur modesto Djokovic è un misto di Edberg e Cash), eccetera.

Non crediamo sia un problema di simpatia, visto che altri campioni divisivi come McEnroe, Lendl e Connors hanno avuto masse di sostenitori anche fuori dai loro paesi di origine. Qualche anno fa, ai tempi dell’operazione Becker (che per Djokovic fu un consigliere, al massimo), si disse che la Serbia non era un grande mercato e che quindi l’immagine di Djokovic avrebbe tratto benefici dal legarsi alla Germania, paese che fra l’altro Djokovic conosce benissimo essendo cresciuto per quattro anni nell’academy di Niki Pilic. Ma la Svezia di Borg? La Cecoslovacchia di Lendl? La stessa Svizzera di Federer? Sarebbero questi i grandi mercati? Al di là del fatto che il tennis sia uno sport con tifo trasversale e internazionale, con i fan del paesello a contare relativamente. Se poi andiamo ad analizzare le interviste e le dichiarazioni, Djokovic è spesso più interessante della maggioranza dei suoi colleghi, pur nei limiti del politicamente corretto.

Insomma, al contrario del solito questo non è un articolo a tesi. Nel senso che davvero non sappiamo che che cosa ci sia che non vada in Djokovic. Un discorso che prescinde anche dal sostegno globale per Federer, che adesso si è saldato alla poetica del vecchio campione che non si arrende ma che era quasi a questi livelli anche con il Federer di dieci anni fa. Perché Djokovic non è amato?

Stefano Olivari, www.indiscreto.info

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