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Pensieri Talebani – La crisi delle elites (e la necessità di un loro ritorno)

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E’ oramai chiaro che l’Italia stia vivendo un momento di grave crisi di valori che si ripercuote su tutti i piani della vita della nazione; la questione non attinge solo ai piani etico-morali ma definisce in modo penoso tutto il corpo sociale dal potere a discendere.

Siamo convinti, infatti, che l’esempio emani dall’alto e che il piano ordinatore, parimenti, debba venire dalla gerarchia dei poteri, discendendo su tutta la società.
Non parliamo di mera questione morale ma di Etica su livelli superiori, la quale si connette alla morale, certamente, ma su piani di riferimenti molto saldi di principi, di virtù, di qualità.

Senza di essi non c’è verso di instaurare una questione morale poiché non bastano precetti e norme ma ci vuole sostanza, ci vuole qualità, giustappunto.
Seguire delle norme, applicarle, rispettarle non è sufficiente per il dato etico e qualitativo, forse lo sarebbe per meri esecutori ma non per chi debba dare una impronta ed un indirizzo ad una nazione, ad un popolo.

La grande questione della sociatria moderna è la qualità del sistema attraverso la definizione qualitativa, appunto, di una classe dirigenziale all’altezza di intraprendere sfide difficili, a tratti spericolate, ma nella certezza di attuare un progetto comunitario di tipo complessivo.

Per attuare la cura della società, quindi la sociatria (si vedano i lavori di Sergio Bevilacqua che ha introdotto questa nuova prassi di studio sociologico), ci vuole una classe politica che sappia interagire in modo qualitativamente tangibile con gli attori della vita economica e giuridica di questa nazione per ricreare una rete connettivale di funzionalità che rimettano in modo il Sistema Italia, come veniva chiamato un tempo.

Gli esempi attuali ci riportano ad un clima decadenziale di Ultimo Impero che non fanno presagire nulla di buono e ciò non può essere, semplicemente, una constatazione disperante ma un’analisi obbiettiva.

L’idea di inaugurare in fretta e furia un ponte a Genova, erede del tragico Ponte Morandi, e rendersi conto solo 24h dopo di un errore di valutazione circa la geometria della struttura pontile tale da richiedere la revisione al ribasso del limite di velocità, è indice di una falla clamorosa di un gigantesco apparato politico-amministrativo ma financo tecnico, il quale non ha ragionato in termini di rilancio sostanziale di una infrastruttura ma solo sulla base di annunci pubblicitari e fretta di chiudere una serie di appalti.

Lavorare così non ricostruisce una nazione ma ne facilita un ritorno di immagine negativo, da Terzo Mondo incipiente.

Non mancano altri esempi ai vari livelli del sistema: la Magistratura oramai vittima di un complesso di autoconvincimento sacerdotale che la priverebbe di seri interventi di revisione, pur essendo in corso uno dei più gravi scandali che si siano visti dalla vicenda di Corrado Carnevale con la Mafia. Tale è il problema che nessun esponente politico o pochi, realmente, si battono per una riforma seria della Giustizia in ordine alla restituzione della sua credibilità.

Il mondo militare recentissimamente vittima di una storia che sembra uscita dal film “il cattivo Tenente” , coinvolta una intera stazione dei Carabinieri a Piacenza con strascichi assolutamente imprevedibili.

Non da ultimi altri grossi scandali su appalti per forniture ed approvvigionamenti coinvolgenti altissimi Ufficiali delle FFAA con arresti di decine di elementi.

Non dimentichiamo poi lo stato di difficile convivenza tra Stato e Regioni, divisi su molte materie fondamentali quali la vicenda sanitaria o la redistribuzione continua di immigrati illegali, avallata da un sistema centrale che continua a colpire il territorio senza prendersi un minimo di responsabilità circa situazioni ritenute inaccettabili da parte di chi i territori li vive.

Livelli diversi , si dirà, ma la matrice rimane la stessa: una classe dirigente che ha abbandonato la politica per seguire altre tentazioni, e quando ciò appare inarrestabile ed inesorabile il resto dei corpi sociali, divisi e senza guida, si indirizzano verso un graduale disfacimento.

Dobbiamo avere il coraggio di dirlo: l’attuale sistema democratico parlamentare difetta di una gerarchia selezionata sulla base del merito ma, innanzitutto, della qualità e tra le qualità che dobbiamo preferire, una tra le tante, notiamo la grave latitanza dell’Etica, oltre che di doti più tecniche che non sarebbe difficile reperire se la selezione verso i diversi compiti direttivi di una qualsiasi catena di comando fosse svolta “con ordine” e non “alla rovescia” come sembra di notare.

Oggi l’ordine democratico parlamentare non offre soluzioni ma discussioni che rimandano ad altre discussioni in commissioni e sottocommissioni le quali saranno poi diluite e, spesso, cassate in sede europea dove altre aule parlamentari ma, più propriamente, le commissioni europee ed altre sottocommissioni saranno chiamate a decidere il “se” ed il “quantum” di uno specifico provvedimento.
E’ evidente che tutto ciò assomigli più ad un processo con tre gradi di giudizio che non ad una procedura efficace di legiferazione e di applicazione di una normativa.

In buona sostanza la classe dirigente è impotente o meramente dedita a soluzioni burocratiche e procedurali che nulla lasciano alla parte finale di una decisione: l’applicazione della stessa affinché muti lo stato in luogo in un “moto a luogo” che una comunità nazionale deve intraprendere per uscire da una situazione di crisi qual è quella che stiamo vivendo. Questo assetto di cementificazione porta, ormai, ad una paralisi di tutto il popolo italiano, prigioniero in un surreale arresto domiciliare.

Tutto ciò non può che riportarci, con spirito critico e tensione spirituale, al travaglio ideale che ebbero pensatori e giuristi che si affannarono a pensare un’Italia diversa, un’Italia rinnovata che non può che ritrovare la propria dimensione etica e la sua missione fatale per comprendere il suo progetto, il suo Genius.
Solo così sarà possibile ritrovare quel connubio tra Etica ed Estetica che, apparentemente contrapposti nelle temperie rinascimentali tra Campanella e Machiavelli, venne poi ricompreso dall’opera di Giovanni Gentile che guardò all’atto della creazione istituzionale come ad una messa a terra di un alta missione etica proveniente dall’alto e quindi grandiosa nella sua bellezza quanto severamente incardinata nelle virtù della parte migliore del popolo italiano e delle sue elites.

Non abbiamo paura di dire, infatti, che prima o poi bisognerà riformare questo sistema per mantenere le due camere legiferanti ma con delle innovazioni che ne permettano il funzionamento agile e trasparente, nel segno non della palude ma della decisione di qualcuno che si inizi a prendere decise responsabilità: Ci vorrebbe un Senato come fu quello del Regno, magari, solo su designazione e riservato alle elite culturali e scientifiche, ed a qualche imprenditore che abbia prodotto vera ricchezza nazionale (non sfruttato fondi pubblici, cioè ). Con limitazione del voto a poche questioni ma di importanza fondamentale, quando esse siano state analizzate e limate dalla Camera, magari con potere di veto sulle decisioni dell’altra Camera su questioni particolarmente delicate o vitali per la Nazione. Una Repubblica delle responsabilità, con un patto decisionale riformatore che indichi degli obbiettivi molto specifici e si impegni, con pianificazione indefettibile, a raggiungerli.
Differentemente l’Italia si condanna all’autoaffondamento.

Stefano Cordari

da www.iltalebano.com

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