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Pensieri Talebani- Disoccupati, depressi e senza prospettive

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Il senso della vita e il lavoro sono due aspetti che vanno di pari passo nel procedere dell’esistenza; se infatti per sopravvivere vi è la necessità di lavorare è anche vero che il vivere ha una necessità di scopo. Mi alzo la mattina, e qual è il motivo per cui lo faccio? Il mal di vivere (depressione) galoppa a pieno ritmo nella nostra società. In generale, le persone istintivamente colgono la necessità di avere un’utilità e – spesso e volentieri senza lavoro – si ritrovano prive di scopo. Il lavoro moderno è un’attività devastante dove quasi tutti sono intercambiabili. Un avvocato è normalmente sostituibile con un altro e il suo lavoro non è nulla se non quello di riprodurre quanto altri avvocati fanno ogni giorno. Lo stesso vale per un commercialista come per un operaio. Il lavoro non ha più la componente soggettiva, non è più indicativo dell’identità di una persona. Se in passato essere un avvocato collocava in un ceto sociale specifico, con un’educazione e un modo di rapportarsi agli altri, oggi nulla di tutto questo è rappresentabile. Il lavoro, quindi, non è più una componente che contribuisce a dare sicurezza emotiva e psicologica, ma resta solo un mezzo per ottenere denaro in cambio di tempo. Lavoro e tempo sono aspetti importantissimi per tutta la durata del ciclo vitale di una persona. Se si considera l’aumento di servizi e di beni con la diminuzione del lavoro umano molti credono a una liberazione dal lavoro. Nei paesi sviluppati tecnologicamente il lavoro è diviso in tre diverse funzioni ripartite in: creativo, esecutivo, di fatica. Il lavoro è un privilegio perché ancora oggi fa rientrare coloro che lo hanno tra coloro che producono e quindi hanno maggiore possibilità di consumare.

Ma la forza lavoro da impiegare diminuisce col progredire della tecnica, aumentando quindi una massa di disoccupati con tantissimo tempo da impiegare, persone colpite da depressione e solitudine. Il lavoro nella società post industriale viene a diminuire sempre più e con esso la possibilità di avere un reddito: meno lavoro, maggiore tempo14 a disposizione, minore capacità di dare un senso alla propria esistenza.

Se in un passato non troppo lontano il lavoro poteva essere una fatica fisica di difficile sopportazione aveva però una importanza sociale imponente: si era disposti a lavorare perché si avevano dei figli, si doveva mantenere una famiglia e ciò dava un senso e un capacità di sopportazione della fatica. La mansione svolta, inoltre, rappresentava anche l’identità sociale e chi era collocato alla base della piramide aveva l’aspirazione legittima e sensata di salire verso l’alto; l’avvento dell’eguaglianza come la distruzione delle classi ha livellato al ribasso producendo danni incalcolabili. L’inciviltà come la maleducazione sono divenuti comportamenti comuni, quanto l’irresponsabilità: invece di migliorarsi, ci si livella sempre più nella mediocrità. Se prima vi era una ingiustizia sociale riferibile alla redistribuzione della ricchezza ma vi era un maggiore senso di appartenenza a un sistema come a una comunità, oggi al contrario vi è, per chi lavora, una maggiore disponibilità di consumare prodotti (per lo più inutili), ma allo stesso tempo un sempre maggiore senso di inadeguatezza. La questione si è complicata con le restrizioni per il Covid-19, aumentando progressivamente difficoltà economiche e danni come minore inclusione sociale, isolamento affettivo, timori per salute e futuro. La crescita di queste problematiche porterà a un incremento di domande accolte da parte dell’Inps. In un solo anno in Italia si sono persi 664mila posti, nonostante il blocco dei licenziamenti. Mentre procede la vaccinazione di massa non si intravedono politiche per il contenimento dei disagi sociali, tutto passa per il sostegno passivo con ristori che giustamente sono importanti per quanto riguarda l’emergenza ma a nulla servono per dare certezza nel futuro.

La “paura” del futuro crea frustrazione e, come scritto sopra, senza lavoro vi è un costante aumento della depressione, maggiori costi per l’Inps. Nella nostra società, basata su produzione e consumo, non vi è, evidentemente, una visione organica dei processi economici come per quelli sociali. Purtroppo.

Fabrizio Fratus per ilcittadinomb.it

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