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“Patria senza mare. Una storia dell’Italia marittima”. L’ultimo libro di Marco Valle

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Patria senza mare di Marco Valle,  edizioni Signs Publishing è in libreria e on line dallo scorso 27 Maggio.  Lo scrittore, giornalista e storico ci accompagna dentro al paradosso tutto italiano: ‘Siamo immersi nel mare ma ci piace far finta di niente….’

“Il Mediterraneo rimane per l’Italia un’occasione, una prospettiva forte e, forse, l’unica percorribile. Ed ecco questo libro che attraversa i secoli rintracciando il lunghissimo filo che avvolge e lega la Penisola al suo destino marittimo”.

MILANO –  Oltre 500 pagine di libro per raccontare, con uno stile piacevole e assai leggibile – molto lontano dai toni didascalici ed accademici – il paradosso del nostro Paese, bagnato da 3 mari, con oltre 8 mila chilometri di coste ma che si è colpevolmente “dimenticato” dell’importanza strategica del mare, sia per quanto riguarda le importanti ripercussioni a livello politico ed economico, nonché sul versante geopolitico.
“Patria senza mare” il volume da poco dato alle stampe da Marco Valle è un lavoro profondo (ma non solo certo per ‘addetti ai lavori’) iniziato tre anni fa e che fa sintesi della tanto materiale che il ‘Nostro’ ha scrutato e analizzato fino ad arrivare ad un giusto mix che fa sapiente opera di sintesi tra le dimensioni culturali, geopolitiche ed economiche di questa vicenda. Che certi versi rappresenta un unicum. Come quello che ha tratteggiato il giornalista e storico. Già perché un’opera organica della storia dell’Italia marittima fino ad oggi mancava. Sempre a proposito di paradossi Valle ripercorrendo l’epoca splendente delle Repubbliche Marinare – in primis  Venezia e Genova – porta alla luce anche la cosiddetta ‘quinta’ repubblica da molti dimenticata, ovvero, l’antica Ragusa in Dalmazia, dicasi l’odierna Dubrovnik in Croazia.

“Con la vittoria della Battaglia di Lepanto del 1571 – osserva Valle – incredibilmente inizia la lunga decadenza”.

In altre parole, Lepanto come apoteosi della Cristianità che resiste all’invasione del ‘perfido Saladino’ ma anche punto di caduta per un mondo – quello italico – che aveva avuto tutti gli elementi e le potenzialità per divenire una superpotenza del mare, ma che non era riuscito a far sistema divorato da quella cultura del campanile che ancor oggi è un tratto distintivo del Bel Paese.

“Dal Seicento – prosegue l’autore – l’Italia non guarda più al mare. Addirittura c’è una ripresa delle guerre corsare con le coste italiche nelle mani dei predoni”. Sarà con Camillo Benso Conte di Cavour – “uno dei più grandi padri della Patria” come lo definisce Valle – che vi sarà una parziale inversione di tendenza.

La ‘questione marittima’ tornerà di prepotenza nell’agenda politica dell’Italia pre unitaria, lo stesso Cavour comprenderà la valenza geostrategica legata alla realizzazione del Canale di Suez.

A riguardo, ancora il nostro intervistato, porta alla luce l’estro tutto italiano, ancora una volta non messo a frutto. Perché tra i ‘padri’ del Canale di Suez c’erano due ingegneri italiani: il trentino Negretti e il bergamasco Paleopaca.  Da quel momento in poi rispetto alla dimensione marittima italiana si andrà avanti a strappi, vi sarà un ritorno con il fascismo dopo il 1922. Ma in buona sostanza l’Italia finisce per vivere ad oggi in una sorta di limbo perpetuo.

Decide di non decidere… e Valle con grande franchezza – che facciano nostra – non si aspetta granché dalla classe politica che governa il Paese con un’asticella che è perennemente tesa verso il basso.

“La mancanza del pensiero lungo, di un visione prospettica è un leit motiv che costantemente riviviamo – rimarca lo storico – tanto che pur avendo idee ben lontane dal mio ‘Dna’ debbo evidenziare come in epoca recente l’unico politico italiano che seppe andare in controtendenza fu Bettino Craxi”. 

Il leader socialista, infatti, seppe sviluppare una politica mediterranea africana che portò effettivi benefici  a livello politico ed economico per il Bel Paese. Dopo di lui… il buio.

“E’ scandaloso – obietta Valle – che in Francia esista un Ministero del Mare e da noi manchi. Certamente l’Italia sfruttando anche la famosa ‘economia blu’ potrebbe disegnarsi un avvenire da media potenza…”. E invece no.

Abbiamo un’Italia (o Italietta…) che tutto o quasi lascia fare nei suoi Mari, o che quando agisce lo fa in modo accondiscendente per il ‘potente’ di turno. Vedasi i bombardamenti sulla Libia del 2011. O ancora, il fatto che oggi il Mediterraneo – un tempo il ‘Mare Nostrum’ per davvero – subisca un processo costante di territorializzazione con la costituzione di zone economiche esclusive (vedasi Algeria o Turchia ndr) e che tutto questo avvenga dinanzi ad un’Italia timida ed inerme.

Ancor peggio priva di interesse, anche per quel piccolo gioiello che è la nostra Marina Militare che poco alla volta viene ‘smontato’ in modo (quel che è peggio!) quasi preterintenzionale.

“Abbiamo sempre meno navi e, soprattutto, sempre meno quadri che le governano”. Anche qui appare emergere un problema di governance, di classe dirigente che manca e che non viene formata.

 

Quale sarà e soprattutto come sarà il futuro del Mediterraneo?  A questo interrogativo Valle risponde con grande lucidità: “Oggi siamo in una situazione generale di ‘pre-anarchia’ anche se indubbiamente vi sono alcuni Paesi che più di altri hanno da anni avviato una politica seria in tal senso. Mi riferisco alla Turchia che ormai da oltre tre lustri conduce il programma ‘Patria Blu’. E’ un percorso molto interessante che poggia in primis anche sulla ricostruzione di una grande Marina Militare. Oggi i turchi si muovono con grande disinvoltura e sono presenti in tutto quello che viene definito come il ‘Mediterraneo allargato’. Va da sè che con il loro atteggiamento hanno innescato una sorta di effetto domino con una politica di riarmo più generale. Forse più subdola nella sua azione, ma con effetti assai tangibili è la politica cinese. Questi sono entrati in Europa dalla porta del Pireo, uno dei principali porti sul Mediterraneo che la Grecia di fatto dopo l’epoca delle sanzioni dure (e alla luce di questo ragionamento oseremmo direi dissennate) della Merkel & Co è stata costretta a svendere letteralmente. (Beninteso, tanto per capire cosa vale il Pireo basti dire che muove un volume di traffico che da solo è pari alla metà di tutto quello dei porti italiani)”.

Da lì le navi cinesi si sono mosse in modo capillare. Oggi le ritroviamo a Vado Ligure, Rotterdam… in pratica la Cina ha collocato un po’ ovunque i suoi avamposti commerciali.

“Ma c’è di più – precisa Valle – dal Pireo è partita anche l’operazione su ferro. Ossia treni cinesi che muovono verso il cuore dell’Europa attraverso tratte che portano a Belgrado, piuttosto che a Budapest…”.

L’opera di colonizzazione da parte del colosso orientale avrebbe (anzi di fatto aveva già) coinvolto anche il porto di Trieste, base geo politicamente strategica per l’Italia che guarda alle vie dell’Europa dell’est e non ultimo della Turchia medesima.

Il ‘pessimo’ governo Conte, infatti, aveva venduto Trieste ai cinesi e le conseguenze sul piano economico (e non solo) sarebbero state devastanti per il nostro Paese. Così  Valle, sottolinea l’intervento USA, ossia, di chi spesso e volentieri s’ingerisce dei fatti di quella che dovrebbe essere la ‘nostra’ politica estera. Ma stavolta è stata un’invasione di campo opportuna…

“Per una volta è andata bene – conclude lo studioso – gli Americani con le loro basi di stanza nel Friuli Venezia Giulia si sono fatti sentire nelle sedi opportune. Così con il governo Draghi  quell’accordo è stato cestinato…”.

Anche questa vicenda dove ci siamo letteralmente salvati in corner ci riporta da dove siamo partiti: “Siamo immersi nel mare ma ci piace far finta di niente….”. 

Fabrizio Valenti

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