MILANO Nel primo weekend del green pass i parchi divertimento italiani perdono in media il 50% degli ingressi rispetto al fine settimana precedente.
Sono queste le stime dell’associazione Parchi permanenti italiani, aderente a Confindustria, secondo la quale il calo dipende dal fatto che i parchi si rivolgono prevalentemente ai teenagers, fascia della popolazione tra le meno vaccinate in assoluto.
“Non siamo pregiudizialmente contrari alla certificazione verde- puntualizza Giuseppe Ira, presidente dell’associazione, che punta a rendere covid-free il ‘suo’ Leolandia a Bergamo entro l’autunno- i tempi però non sono ancora maturi”.
Soprattutto perché “non ci sono abbastanza vaccinati tra i giovani- prosegue- e sufficienti dosi di vaccino per rispondere alla domanda”. E dunque, la richiesta rivolta al governo, “che ha voluto a tutti i costi inseguire il modello francese- insiste Ira- è di farlo fino in fondo”, visto che in Francia “l’età minima per presentare il green pass è stata alzata a 18 anni e in autunno sono già previsti ristori pari all’80% delle perdite subite per le aziende più danneggiate dal provvedimento”.
In Italia invece, l’unica certezza “sono le perdite” e molti parchi, si trovano ormai “sull’orlo del fallimento nella totale indifferenza delle istituzioni”. E se il trend sarà confermato, come avverte Ira, le imprese “saranno costrette a sospendere la stagione licenziando migliaia di lavoratori”.
Il 5 agosto, poche ore prima del Cdm che doveva definire le ultime specifiche del provvedimento, i rappresentanti dell’associazione avevano incontrato il ministro del Turismo Massimo Garavaglia e l’assessore alle Infrastrutture della Regione Lombardia Claudia Maria Terzi per sensibilizzarli sulle esigenze del settore. Tramontata l’ipotesi di alzare a 18 anni l’esenzione dal green pass, sostenuta dallo stesso Garavaglia e rigettata in Cdm, le speranze sono ora puntate sui ristori.
Nel decreto “Garavaglia è riuscito a salvaguardare hotel, terme e altre imprese turistiche- va avanti Ira- noi siamo stati tagliati fuori perché siamo ancora di pertinenza del Ministero della Cultura”.