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Dall'archivio:

Parà, Folgore! 23 anni dopo, a Marcallo, i baschi amaranto hanno reso omaggio a Gio Testa

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MARCALLO – “Fra le sabbie non più deserte son qui di presidio per l’eternità i ragazzi della Folgore, fior fiore di un popolo e di un Esercito in armi.

Caduti per un’idea, senza rimpianto, onorati nel ricordo dello stesso nemico, essi additano agli italiani, nella buona e nell’avversa fortuna, il cammino dell’onore e della gloria.

Viandante, arrestati e riverisci.

Dio degli Eserciti, accogli gli spiriti di questi ragazzi in quell’angolo di cielo che riserbi ai martiri ed agli Eroi”.

Mancò la fortuna non il valore

Sono partiti da ogni parte d’Italia. Il più lontano dalla Basilicata. Nel cuore della notte. 24 anni dopo il loro primo incontro, in una caserma di Livorno che è il simbolo di una forza militare che- in neppure un secolo di storia- ha valicato quel confine che divide la cronaca e la leggenda.

E lo scriviamo (volutamente) oggi, 1 luglio, giorno in cui si ricorda l’epopea della battaglia di El Alamein, quando- sono passati 78 anni, eppure il ricordo resiste a qualsiasi usura del tempo- rimase per sempre impresso nella storia il deferente omaggio dell’esercito inglese e di due personaggi che da tempo hanno valicato le porte anguste della storia, ossia Winston Churchill e il generale a capo dell’esercito inglese durante la Seconda Guerra Mondiale, il generale sir Bernard Montgomery, primo visconte di Alamein.

 “Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore,” disse Winston Churchill alla House Of Commons. “La Divisione Folgore ha resistito al di là di ogni possibile speranza”, sosteneva Radio Cairo alla fine di quelle ostilità. “Gli ultimi superstiti della Folgore sono stati raccolti esanimi nel deserto. La Folgore è caduta con le armi in pugno. Nessuno si è arreso. Nessuno si è fatto disarmare” ebbe a sostenere la BBC, il 03 dicembre 1942, in merito a quell’eroica parentesi nella Campagna D’Africa. “Ad El Alamein non un solo drappo bianco. Nessun uomo ha alzato le braccia. 32 ufficiali e 262 paracadutisti, feriti e stremati, erano ancora nei ranghi, con le armi in pugno, in piedi, quando il nemico li ha catturati privi di acqua e rifornimenti da sette giorni, e senza munizioni, e dopo avere risposto con l’ennesimo “Folgore!” agli inviti ad arrendersi a braccia alzate”, è ciò che si può riscontrare nei ricordi di Nino Arena, Comandante della Divisione Ariete in quella battaglia e volontario paracadutista della Repubblica Sociale Italiana.

Beh, quello spirito non si è mai sopito, non è mai domo e rivive ogni volta che un manipolo di baschi amaranto si ritrova in qualche luogo, dell’Italia o del mondo non importa.

Giovanni Testa, il marcallese morto improvvisamente prima dello scorso Natale (era al fianco di Alessia, che avrebbe sposato quest’anno, e alla loro piccola bambina nata poco prima che Gio, com’era conosciuto dagli amici, lasciasse questa terra), era stato un paracadutista dell’ undicesimo scaglione 1996, terza batteria Diavoli, appartenente al 185° reggimento paracadutisti Folgore, con base alla caserma Pisacane di Livorno.

Sabato scorso, dopo aver contattato noi di Ticino Notizie che scrivemmo di questa tragica vicenda umana, nove ex commilitoni di Giovanni (assieme al padre di uno di loro, anch’egli già paracadutista) sono venuti a Marcallo per incontrare Alessia (che ovviamente non avevano mai avuto l’occasione di conoscere) e per rendere omaggio alla tomba di Giovanni, deponendo dei fiori e lasciando un ricordo tangibile in memoria del ragazzo di neppure 20 anni che conobbero nel 1996.

Loro si chiamano Massimo, Marco, Enrico, Alessandro, Damiano, Marcello, Nicola, Giovanni, Massimo e papà Alfio. 

Come detto, sono arrivati a Marcallo da ogni dove: due dalla Lombardia, uno dalla Liguria, due dalla Toscana, due dalla Romagna, due dal Lazio e uno dalla Basilicata.

Indossavano una maglietta nera realizzata appositamente per l’occasione, ‘Diavoli un tempo Maledetti in eterno’, a ricordo della comune esperienza militare vissuta insieme in Batteria, anche assieme a Gio. E ovviamente l’immancabile basco amaranto.

Legami inscindibili, condivisione di esperienze (e paure, e gioie, e ricordi) decisamente superiori alla media fanno dei paracadutisti della Folgore un nucleo inscalfibile, che rimanda (sebbene siano passati millenni, e quelle vicende possano apparire relegate ad una dimensione più vicina al mito che alla realtà) all’epopea umana e guerriera di Sparta.

E’ difficile capire- e non parliamo solo di chi NON ha svolto il servizio militare, dacché non è solo una questione di armi e uomini in divisa- cosa spinga dei ragazzi divenuti uomini- mariti, padri- a fare centinaia di chilometri per deporre un fiore sulla tomba di un parà. Di un ragazzo come loro, che era padre e sarebbe divenuto presto marito.

Il manipolo di parà della Folgore ha dapprima incontrato Alessia e la sorella di Giovanni nei pressi del cimitero di Marcallo, unendosi poi in un momento di raccoglimento e lasciando un ricordo indelebile sulla sua tomba.

Hanno quindi recitato la Preghiera del Paracadutista, per poi recarsi al nuovissimo Bike Village che il maestro pizzaiolo Pasquale Moro ha aperto proprio a Marcallo (Pasquale era amico ed ovviamente conosce molto bene anche Alessia).

Per loro, e per tutti, è stato un momento conviviale di straordinaria intensità. Una birra, un tagliere, tante risate e il segno imperituro e tangibile di una ‘fratellanza’ che neppure la vena corrosiva del tempo ha potuto scalfire.

Ed allora, siccome costa meno fatica rispetto ad un atto ancorché deferente di guerra, inchiniamoci e rendiamo anche noi omaggio ai paracadutisti della Folgore venuti un sabato d’inizio estate a Marcallo con Casone, paese di cui con ogni probabilità neppure conoscevano l’esistenza.

Ci rendiamo perfettamente conto (anche) di come NON siano cose per tutti. Non è così facile capire per quale ragione chi indossa una divisa, o un copricapo militare, resti legato- l’uno all’altro- per tutta la vita.

Ma volte non è così strettamente necessario, capire. Basta un inchino.

Parà, Folgore!

Fabrizio Provera

 

PREGHIERA DEL PARACADUTISTA

Eterno, Immenso Dio che creasti gli infiniti spazi
e ne misurasti le misteriose profondità,
guarda benigno a noi, Paracadutisti d’Italia, 
che nell’ adempimento del dovere balzando dai nostri apparecchi, 
ci lanciamo nelle vastità dei cieli.
Manda l’ Arcangelo S.Michele a nostro custode; 
guida e proteggi l’ardimentoso volo. 
Come nebbia al Sole, davanti a noi siano dissipati i nostri nemici.
Candida come la seta del paracadute
sia sempre la nostra fede e indomito il coraggio.
La nostra giovane vita è tua o Signore!
Se è scritto che cadiamo, sia!
Ma da ogni goccia del nostro sangue
sorgano gagliardi figli e fratelli innumeri,
orgogliosi del nostro passato,
sempre degni del nostro immancabile avvenire.
Benedici, o Signore, la nostra Patria, le Famiglie, i nostri Cari! 
Per loro, nell’alba e nel tramonto, sempre la nostra vita!
E per noi, o Signore, il Tuo glorificante sorriso.
Così sia.

 

 

 

Giovanni

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