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Oscar Farinetti e la scuola. ‘Le persone contano più delle cose’

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Ha la passione dell’Italia da nord a sud, passando per le isole, e in tutti i sensi: ama il bello dell’arte e della cultura, il buono del cibo e della natura, le sfumature di un’estetica che ci viene invidiata in tutto il mondo. Per questo Oscar Farinetti (Alba, 1954), dopo l’esperienza in Unieuro, nel 2004 ha fondato Eataly, il più originale esperimento imprenditoriale dedicato alle specialità della nostra penisola. Eataly presenta e distribuisce, valorizzandoli, molti prodotti tipici delle regioni italiane, con un approccio quasi antimoderno. Si esaltano la percezione, l’attenzione, la naturalezza. La rarità, la lentezza. Si va contro le alterazioni come gli Ogm. Farinetti lo racconta in un libro, Coccodé (Giunti, 2008), presentando la particolare strategia comunicativa alla base della catena. Alle sue passioni, che immediatamente dopo il cibo e il vino sono l’imprenditoria e la creatività, il padre di Eataly ha dedicato diversi interventi televisivi e numerosi altri testi: Sette mosse per l’Italia, Nel blu, Storie di coraggio, Ricordiamoci il futuro. L’ultima sua pubblicazione è Quasi (La nave di Teseo, 2018).

 

La scuola di oggi riesce a dare agli studenti gli strumenti per affrontare le necessità di questo tempo? È ora di riformare radicalmente i suoi programmi? Partendo da cosa?

Non sono uno specialista sulla Scuola e neppure conosco i programmi attuali. Dunque le fornirò risposte generiche che derivano dalla mia esperienza; veda lei se le saranno utili. Non ho una visione negativa della scuola italiana. Naturalmente qualcosa andrà cambiato, come in ogni istituzione, per essere all’altezza dei tempi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Che cosa cambierebbe, che cosa toglierebbe, che cosa introdurrebbe?

Visto che nessuno di noi decide dove nascere e visto che questi ragazzi hanno avuto la fortuna di nascere nel più bel Paese del mondo… farei loro studiare maggiormente l’Italia e le sue meraviglie. In modo di fargli venir voglia di sbattersi per il proprio Paese e di capire che Arte, Cucina, Paesaggi, Manifattura, Agricoltura sono facili da vendere al mondo.

Come potrebbe una buona scuola favorire l‘inserimento nel mondo del lavoro?

Intanto educando bene i ragazzi e facendogli venir voglia di intraprendere. In futuro ci saranno sempre meno posti di lavoro dipendente e maggiori possibilità di mettere su imprese proprie. Inoltre trasferire il valore dell’impegno dal senso del dovere a quello del piacere. Far passare l’insegnamento che è bello intraprendere.

È ancora sensato puntare a una pedagogia di tipo etico-astratto, idealistico, invece che funzionale? Non è un prendersi in giro fingendo vivo un universo di valori assoluti che la storia recente ha ucciso? La formula “serve per aprire la mente” non ha il sapore di un’illusione?

No, se si fa bene. Non rinuncerei mai allo studio della storia e delle sue espressioni artistiche, economiche e politiche. Magari va fatto meglio e con più attenzione ai contenuti. Per esempio studiare Platone è utilissimo, ma senza perdere tempo nel greco antico bensì badando agli straordinari contenuti di insegnamento a vivere con profondità, bellezza e rispetto.

L’alfabetizzazione di massa è un problema ormai superato. Varrebbe la pena lasciare, fin dalle elementari, più libertà di scelta agli studenti e alle famiglie, sia per quanto riguarda la possibilità di specializzarsi in certi ambiti piuttosto che in altri, sia per quanto riguarda gli orari in cui frequentare la scuola? Mantenere magari un minimo di ore obbligatorie e renderne facoltative e personalizzabili altrettante?

Non ho le competenze per risponderle nei particolari. Ma le dico che stiamo assistendo ad un fenomeno di analfabetizzazione dovuto ai nuovi sistemi di comunicazione che privilegiano la ripetitività alla varietà delle parole, oltre che alla legittimazione del pressapochismo. La scuola dovrebbe combattere questo orribile fenomeno. Magari insegnando ad usare i nuovi mezzi per migliorare ancora l’uso della parola e l’approfondimento delle tematiche.

Non è necessario, sempre, dalle elementari alle superiori, lasciare ai ragazzi del tempo per coltivare altre qualità oltre all’efficienza della mente?

Non lo so. Ma so che un bambino impara a ragionare con il cuore e con la mente tra i 6 e i 12 anni. In questo percorso vanno accompagnati. Avranno tempo per imparare a usare le mani. Le quali saranno usate male se mente e cuore non viaggiano in sincrono.

 

È vero, almeno qualche volta, che “lo stupido istruito ha solo un campo più vasto per praticare la sua stupidità”?

Stupidi in po’ si nasce e un po’ si diventa. Una buona scuola può aiutare ad uscire dalla stupidità. Infine, anche se non me lo ha chiesto vorrei chiudere così. Le aziende migliori si riconoscono perché hanno i manager migliori. Contano molto più le persone delle cose. Sta passando un concetto (per me sbagliato) per il quale i problemi si risolvono con nuove regole. Invece li risolveremo con nuovi sentimenti positivi, portati avanti da persone in gamba e per bene. Ciò che serve di più alla Scuola sono ottimi insegnanti: seri, preparati, lavoratori. Occorre lavorare su questo.

Silvia Valerio (da www.barbadillo.it)

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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