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Num inscì per num- Contro lo spaesamento, per l’Identità. La nuova rubrica di Luigi Balocchi

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Accogliamo da oggi e con grande giubilo, tra le firme di Ticino Notizie, Luigi Balocchi. Cultore eterodosso ed eretico del biegrassin e della Tradizione (dialettale e non solo), Balocchi vanta ormai un numero importante di pubblicazioni in prosa ed anche in poesia. Con una di queste, dedicata alla ‘maschera’ abbiatense Luigi Sironi, morto a soli 60 anni nel 1993, è recentemente andato in finale al concorso letterario ‘Guido Gozzano’.

La ragione per cui Ticino Notizie dà il via a questa nuova rubrica, Num inscì per num, è perfettamente sintetizzata da una poesia di Pier Paolo Pasolini che vi riproponiamo integralmente.

Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria,
cui io assisto, per privilegio d’anagrafe,
dall’orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno di ogni moderno
a cercare fratelli che non sono più

Qui di seguito, invece, la poesia di Luigi Balocchi selezionata per il premio Gozzano.

Le poche volte che son stato davvero contento, avevo al mio fianco i miei matti dialettali. A tutti loro, agli originali, gli irregolari, gli spostati, i fuori di testa, i trafitti, ai sinceri, agli innocenti, ho dedicato questo mio superstite ricordo. Che ora, non per merito mio, ma per tutti loro, è in finale al premio Gozzano. Qualcosa hanno vinto…
La ballada del Gigino Matt (A Luigi Sironi 1933-1993)
Stemm chì car Gigin, varda che nòtt! La quarcia
sti foeuj, ta veda ch’hin marsc, la carna, la spussa,
la lappa, la mòrt e ràcul e infesc on sacch e ‘na scòrba,
tì in gir col violin, al cuu sul manuber, vestii del CauBoi,
tì giù dal balcòn con ‘verta l’umbrella, ti varda sta nòtt!
Che tencia pagura, che sangh che gh’è den’, ti falla
s’cioppaa col russ imbrughent, col foeugh che na brusa,
on quader di tu. Son’ dree che la guardi, in faccia
a la nòtt, la scura pagura e den’ gh’è on spettasc, sta
l’oeucc poor Gigino!, che chì semm rostii, per quest
semm a strus, ficcaa den’on bus e foeura de matt e
foeura del gir, inscì ‘me la vegna, inscì de per num,
chè quest l’è ‘l disegn, al tu bel spegasc, l’è tutt on
mes’ciòn de carna impaltaa, de fuga e scappusc, intant
che l’è nòtt a restom ‘me i bamba mess foeura mess
den’. Doè che ta see? Son chì che ta guardi, su sti
poor miseri, i gabul, al pesg, né gloria e danee e fuffa
e lustrin, domà sto cicin d’amour che ‘l var nient.
La ballata del Gigino matto
Stiam qui caro Gigino, guarda che notte! Copre/ queste foglie, lo vedi che son marce, la carne, la puzza,/ la boria, la morte, le rogne,/ tu in giro col violino, il culo sul manubrio, vestito da Cowboy,/ tu giù dal balcone con l’ombrello aperto, tu guarda questa notte!/ Che scura paura, che sangue c’è dentro, tu falla/ scoppiare col rosso più acceso, il fuoco ci brucia,/ un quadro dei tuoi. Lo sto guardando, qui in faccia/ alla notte, la scura paura e dentro un disastro, stai/ attento Gigino! Che qui siam fregati, per questo/ siam vagabondi, ficcati in un buco e fuori di testa e/ fuori dal giro, così come viene, da soli,/ ché questo è il disegno, il tuo scarabocchio, è una/ brodaglia di carne fangosa, di fretta, di inciampi, noi/ in questa notte ormai sradicati./ Dove sei? Son qui che ti guardo, su queste/ miserie, gli inganni, il peggio, né gloria e soldi e inutile vanità, solo un po’ di questo amore che non vale un bel niente./

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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