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Musica. Bones Owens – “Bones Owens” (2021) (Thirty Tigers / Black Ranch Records). By Trex Roads

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Ci sono esordi destinati a lasciare il segno, album di debutto che deflagrano in tutta la loro bellezza così all’improvviso che quasi non ci si cura del fatto che sia un primo disco. Fiamme che si sprigionano con un tale calore e intensità che speri non si spengano più: ecco il disco di esordio di Caleb Owens è tutto questo.

 

Un’esplosione inattesa, un disco che non appena si è finito di ascoltarlo, viene automatico premere play di nuovo (oppure rimettere la puntina all’inizio, per i vintage come chi vi scrive) e farlo ripartire per vedere se la fiamma nel frattempo scalda meno, ma non è così. Continua a bruciare e ci si vuole scaldare sempre di più. Chi ama la musica rock sa benissimo che molte volte gli esordi sono fuochi fatui, durano l’attimo di un ascolto e poi alla prova del secondo album molti si sciolgono e si spengono così come erano venuti. Ecco statene certi Bones Owens è arrivato per restare e dopo anni di gavetta, di concerti in locali fumosi oppure di supporto a grandi artisti, ha colto l’attimo e ha buttato il cuore oltre l’ostacolo dimostrando al mondo che il successo che siamo certi riceverà con questa sua fatica, è pienamente meritato e durerà nel tempo.

 

Bones, il soprannome con cui è sempre stato chiamato, è nativo del Missouri  rurale, ma fin da giovanissimo è stato immerso nella musica (country folk bluegrass e rock), a 10 anni impara a suonare la chitarra e non si ferma più, con ben impressi nella mente i poster dei grandi rocker che aveva nella sua camera: era quella la vita che voleva fare. Un autore precoce, a 13 anni già scrive canzoni e nel 2005 decide di fare il grande passo e tentare la fortuna. E dove può andare un artista americano giovane che vuole farsi notare? Naturalmente a Nashville, Tennessee.

Negli anni che seguirono diventa session-musician sia in studio che in tour, per artisti differenti fra loro, da Bon Jovi al musicista alternativo Mikky Ekko. Esperienze che lo hanno formato e fatto venire a contatto con generi, sensazioni più diverse e nella sua musica tutto questo si sente, eccome. Voglia di essere se stesso, originale, sfrontato, ma con un occhio alle influenze che ne hanno segnato la giovinezza.

 

L’esordio vero e proprio nel 2017 è stato un EP, Make No King, che lo fa notare sia nei circuiti live sia nei servizi di streaming, produttori e agenzie si interessano. Il ragazzo è originale, piace e dal vivo si esibisce come apertura di tanti artisti, ma anche di una band che ormai è garanzia di qualità: i Whiskey Myers. I fans si interessano a lui, fondano un fan club che attende con trepidazione questo esordio omonimo, che arriva in tutta la sua bellezza in questo 2021. Nella copertina c’è tutto lui e la sua arte, un mix esplosivo di musica rock americana, che trascina in un vortice impazzito rock, blues, psichedelia e radici, una scossa elettrica perfetta per la sua voce. Il disco è prodotto da Paul Moak e Vince Powell per la Thirty Tigers/Black Ranch Records e sono 12 pezzi che non potranno lasciarvi indifferenti. Niente di costruito, niente di difficile : chitarra (la sua e quella di Moak in alcuni pezzi), basso ( Jonathan Draper) e batteria ( Julian Dario per 10 pezzi e Daniel Sousa e Lance Bennett per uno a testa) e le tastiere (Paul Moak). Niente trucco e niente inganno.

Volete accendere la fiamma? Vi serve la scintilla? Fate partire il primo pezzo, Lightining Strike, un riff assassino e la ritmica che vi avvolge per poi bruciarvi con il ritornello, un vero colpo di fulmine! Un po’ Black Keys prima maniera, un po’ rock and roll da strada, tantissimo talento.

Non ci sono pezzi che vorrete saltare o riempitivi, ascoltate la chitarra che graffia l’aria di White Lines, un brano che gira in streaming come singolo dal 2018 e che da allora ha avuto meritatamente posto nelle playlist più popolari, rock e blues, rabbia e sentimento, con una spruzzata di angoscia alla Cobain (si troverete anche forti influenze dei Nirvana.)

La chitarra di Bones Owens è aggressiva, non lascia respirare gli speaker, graffia avvolge sconvolge, When I Think About Love è acida, rabbiosa, con un groove e un coro che non usciranno facilmente dalle orecchie, Jack White ha fatto scuola, ma l’interpretazione è originale.

Eco di anni ’70 dal sapore soul in Wave, quel blues rock da ballare e cantare, intriso di una punta di malinconia lasciano il passo ad un’altra delle canzoni che già avevano sconvolto la rete, Keep It Close e il rock ha un fortissimo sapore di influenze britanniche alternative (Oasis e Artic Monkeys), ma con una cattiveria e un’abilità liriche maggiori. La fine dell’innocenza del Caleb bambino quando suo padre lo mise in guardia dal mondo che gli avrebbe rubato la gioia. Forse il mio testo preferito, ma anche la musica di questo pezzo ti avvolge nella sua semplicità che porta all’irresistibile riff di Ain’t Nobody, qui affiorano le radici southern, magari con l’influenza dei rocker texani Whiskey Myers con cui ha diviso il palco. Un lavoro di chitarre magistrale, un groove assassino che trascina e diverte.

Come My Way non è da meno e ci immaginiamo in viaggio lungo una highway polverosa con i finestrini abbassati a tutta velocità, il rock anela la strada a tutto volume.

 

C’è spazio per il country nella successiva Country Man? No solo per un altro giro di chitarra che non fa prigionieri, acido e psichedelico, come se i Rolling Stones più rock e aggressivi avessero fatto una jam session con Jack White e Kurt Cobain in un locale del sud degli Stati Uniti negli anni ’70 dove il soul impregnava l’aria. Ecco questo è quello che la mia mente e le mie orecchie pensano alla fine di una sfavillante schitarrata lunga 38 minuti e che in questo momento vorrei assolutamente riascoltare.

Un esordio con il piede pigiato sull’acceleratore, che infiamma e brucia le anime e dal vivo ha incendiato molti cuori e ha messo a soqquadro molti live club. Noi nel frattempo vi invitiamo a godervi questi bellissimi 12 pezzi di rock originale e veramente emozionanti, nell’attesa di scoprire se la fiamma assomiglia più al fuoco greco che ad un fuoco fatuo e se continuerà a bruciare gli speaker anche alla prossima uscita discografica.

 

Buon ascolto,

Claudio Trezzani by Trex Roads  www.trexroads.altervista.org

 

(nel blog trovate la versione inglese di questo articolo a questo link : https://trexroads.altervista.org/bones-owens-bones-owens-2021-english/

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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