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Morire di cyberbullismo a 13 anni, Paolo Crepet: ‘Una stretta sui social’

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 “Il cyberbullismo colpisce laddove c’e’ vulnerabilita’. Non tutti i ragazzini hanno la stessa vulnerabilita’. Per stare dalla parte dei vulnerabili lo Stato deve fare delle cose. Secondo me dobbiamo arrivare a proibire la tecnologia digitale fino ad un minimo di 12 anni.

Sotto i 12 anni si usa il computer del padre. Io sto parlando dei social perche’ lo smartphone e’ lo strumento principale per aderire al fenomeno del cyberbullismo”. E’ la proposta di Paolo Crepet, psichiatra, sociologo, scrittore e divulgatore, interpellato dall’AGI sul caso del 13enne di Gragnano (Napoli) morto cadendo dal quarto piano della sua abitazione. Sulla vicenda gli inquirenti hanno aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio. Non si esclude che il 13enne sia stato vittima di cyberbullismo da parte di alcuni ragazzi.

Il cyber bullismo “non e’ nato con i social ma con internet – spiega Crepet – quasi una ventina di anni fa. Attraverso i social questo fenomeno e’ diventato molto piu’ efficace, pregnante e diffuso. E ha delle caratteristiche nuove: sono sempre piu’ giovani quelli che entrano nel gioco della Rete ma questa e’ una cosa che i genitori devono sapere. La domanda e’ chi si occupa dei bambini? A 13 anni penso che una persona sia ancora un bambino”. Per lo psichiatra “i bambini devono rimanere bambini smettiamola di dare strumenti digitali a persone di eta’ sempre piu’ precoci. Un bambino con un social e’ un bambino solo, drammaticamente solo. Il mio ultimo libro ‘Lezione di sogni’ contiene una parte sulla necessita’ di portare a 16 anni l’eta’ in cui si diventa adulti. Questo – ha concluso Crepet – non per andare solamente a votare ma anche per quanto riguarda il codice penale. Questo e’ l’unico modo per parlare ai ragazzi in maniera diversa. Sono cresciuti prima: allora riconosciamo diritti ma anche doveri”.

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