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Dall'archivio:

Mesero, niente più pizze del ‘Bognetti’ da settembre. Al Claudio ‘tira giò la cler’

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

 

MESERO – «Quando ha creato l’uomo, Dio si è fatto panettiere; con le sue braccia, come in un giro planetario, ha plasmato l’uomo da una massa di proteine, zucchero, batteri e il 60% di acqua. Il “brodo primordiale” da cui nasce la vita umana è lo stesso di quello da cui nasce il pane: acqua, enzimi, batteri»

Volendo fare gli intellettuali potremmo scomodare le parole di quello che è probabilmente il panettiere più famoso d’Italia, ossia Gabriele Bonci, ma in realtà vogliamo soltanto accompagnare, con l’onore delle ‘farine’, il prossimo ritiro dalla professione di un panettiere, anzi di un ‘prestinè’, che ha fatto la storia del Magentino.

Claudio Bognetti da Mesero, 70 anni di cui 57 passati tra farine, forni e bottega, cesserà la sua lunghissima attività lavorativa il 31 agosto 2019.

Niente più pane, focacce ma soprattutto pizzette: se la mattina il tran tran quotidiano era appannaggio quasi esclusivo delle sciure Marie, di notte si deviava all’altezza del semaforo di Mesero per placare l’atavica fame che scatta alle 2, alle 3 o anche più tardi, dopo aver ingollato Gin Tonic o Cuba Libre con la bramosia di una tigre assetata.

Era lì che il forno del Bognetti, l’Antico Forno di Mesero, diventava una sorta di ‘after hour’, nel quale il Claudio sguazzava, saldissimo sulla tolda di comando: maglia intrisa di farina e sudore, fascetta tergisudore sulla fronte c’al pareva un samurai, il Bogno troneggiava, mentre tutti noi disperati della notte puntavamo a limonare la ragazza un po’ avanti con l’alcool sulla soglia del Forno, di notte le parole scorrono più lente, come cantava Jovanotti in un epico pezzo per nottambuli.

Al Claudio l’è sempar stai urguglius da la sua gent e dal so negosi, con l’immancabile consorte Antonia  Garavaglia, epitome del cognome autoctono, saldissima al suo fianco.

Il Claudio ha avuto uno sterminio di figli acquisiti per amore di pizzetta calda e due figli naturali che lo venerano, compreso quel Matteo che ha preso la vena folle dal so pa (tegnala nan, tegnala..).

C’è stato anche un giovane dal cognome autoctono anch’esso, Alessandro Calcaterra (num sem nostalgici dai nostar cugnom: Garavaglia, Oldani, Castiglioni, Trezzi, tuta ca la roba lì, insuma, e ciapasala no se ta se un teron, l’è duma che num sem da chi, ti no), che ha dedicato al Claudio- che num, par ciamà un quai dun, a dreum l’articolo; ti, che ta se un teron, ta deva dumà impara, se ta voeur capì sa voeur dì ves vun da num- un video, poco più d’un minuto.

Il Claudio saluta tutti, anzi tucc, e sicuramente gli farà piacere se andrete a trovarlo. Avete due mesi scarsi. A Natale ci mancheranno i suoi fantasmagorici panettoni artigianali. E la notte, se passeremo ancora dal semaforo di Mesero, guarderemo con occhi tristi verso l’Antico Forno, il regno su cui il Claudio aveva dominio assoluto.

Claudio Bognetti da Mesar, 70 ann, cinquantaset da laurà e da prestinè.

Non intravediamo eredi all’orizzonte. A dreum una quai parola ca sa usa di part da quei che sa disan i pusee bon: so long per te, Claudio. 

Saluti dal bar. Non sarà più lo stesso, quando dovremo placare la fame da carboidrato-post-gin-tonic. Non sai quanto ci spiace.

Fabrizio Provera

ps buona visione

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