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Mario Placanica: solo un carabiniere di leva

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“Facciamo una premessa importante. Quanto è successo a Genova il 20 luglio del 2001 è stata una tragedia. Perché la morte di un ragazzo è sempre una tragedia. Così come è evidente che quel giorno nel capoluogo  ligure, come abbondantemente documentato, qualcosa non funzionò nella gestione dell’ordine pubblico. Per non parlare del successivo blitz alla scuola Diaz, ormai ben noto alle cronache. Ciò detto, restiamo allibiti davanti ai post della sinistra radicale che ancora oggi continua a commemorare Carlo Giuliani come un martire.

Anche se il nostro stupore, misto a ingenuità, mal si concilia con l’intitolazione di un’aula del Parlamento a chi pur tragicamente stava assaltando un Defender dei Carabinieri e stava contribuendo a mettere a ferro e fuoco una città intera. Ora che la sinistra voglia sorvolare su questi fatti è perlomeno curioso. Per non dire peggio. In un Paese  normale di Carlo Giuliani sarebbe ricordata la tragedia ma allo stesso tempo si sottolineerebbe con la matita rossa che è morto compiendo atti criminali.  Ma tant’è non vogliamo andare oltre. 

Vogliamo, invece, parlarvi del Carabiniere Ausiliario Mario Placanica, in sostanza, per chi non conosce il gergo, un militare che all’epoca dei fatti faceva la leva nell’Arma.  Per la sinistra radicale, il popolo dei no global e compagnia cantante, è lui il “mostro” che ha armato la sua Beretta d’ordinanza calibro 9 parabellum esplodendo il colpo che ha ucciso a morte Giuliani. Insomma, un ‘assassino di Stato o giù di lì’.

 

 

 

 

 

 

 

 

Abbiamo già detto e che scritto che sia stato quanto meno improvvido lasciare dei ragazzi di leva del 3° terzo Battaglione Lombardia – di cui Placanica faceva parte – in mezzo a quell’inferno. Senza, il probabilmente, mancava loro l’esperienza per gestire certe situazioni. Ma alle anime belle della sinistra radicale ed extraparlamentare, vorremmo chiedere cosa avrebbero fatto al posto del Carabiniere Ausiliario Mario Placanica.

Le immagini del Defender assaltato con estintori e aste di legno da un manipolo di esagitati che gli voleva fare la pelle sono lì da vedere.  A bordo di quel mezzo con Placanica, all’epoca dei fatti vent’enne, c’erano altri due colleghi: Filippo Cavataio (carabiniere in ferma lunga, ventitreenne), e Dario Raffone (ausiliario anch’egli di vent’anni). In altre parole, tre ragazzi che si vedevano attorniati da una quindicina di ‘dimostranti’.  

L’assalto , peraltro – come sta scritto agli atti dell’inchiesta –  fu accompagnato da urla quali “bastardi, vi ammazziamo”, secondo quanto dichiarato al giudice da Massimiliano Monai uno degli indagati. Un abitante della zona Luciano Salvati, affermerà nei giorni dell’inchiesta: “Vi era un gran frastuono, sulla camionetta arrivava di tutto, presumibilmente pietre, e vi era gente intorno che inveiva contro gli occupanti, sembrava un assalto organizzato nei confronti del mezzo che purtroppo era rimasto isolato dagli altri.” I militari all’interno del Defender Placanica e Raffone erano feriti.  Placanica al viso da pietre. Vi fu anche un tentativo di aprire le porte posteriori del mezzo e di tirare fuori i carabinieri.

Quello che avvenne dopo è drammaticamente noto: l’estintore, lanciato contro il mezzo, rimbalzò contro la ruota di scorta. Successivamente Giuliani con il viso coperto da un passamontagna, riprese da terra l’estintore e lo sollevò in alto, dirigendosi con le braccia protese verso la parte posteriore del Defender, dove si trovava Placanica che aveva già estratto e armato la propria pistola  e trovandosi a circa quattro metri di distanza da lui, sparò due colpi. Uno colpì Giuliani alla testa. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Beh, secondo noi Placanica per spirito di sopravvivenza in quell’istante fece quello che ogni persona in quella situazione avrebbe fatto. Tant’è che Mario Placanica e Filippo Cavataio furono indagati per omicidio. Ma 5 maggio 2003 il GIP Elena Daloiso, visto l’art. 409 c.p.p., prosciolse Cavataio escludendo «una sua responsabilità a qualunque titolo nella morte di Carlo Giuliani» e Placanica per uso legittimo delle armi, oltre che per legittima difesa come richiesto dal PM Silvio Franz.

Questi sono i fatti e questo è quanto dovuto non tanto a Mario Placanica, ma a tutti gli esponenti delle Forze dell’Ordine spesso al centro di una campagna di delegittimazione del loro lavoro quotidiano. 

Nell’agosto del 2009 la Corte Europea dei diritti dell’uomo, cui i familiari di Carlo Giuliani erano ricorsi, ha stabilito che Mario Placanica agì per legittima difesa. Nella sentenza si legge che «il militare non è ricorso a un uso eccessivo della forza. La sua è stata solo una risposta a quello che ha percepito come un reale e imminente pericolo per la sua vita e quella dei colleghi».

 

Fabrizio Valenti

 

 

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