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Magenta, nascono le tessere lavoro: volontariato della carità, istituzioni, aziende per ridare dignità alla persona

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MAGENTA I nuovi poveri. Persone che, con la pandemia, hanno perso il lavoro. Che prima stavano bene e adesso sono in grande difficoltà. Rappresentano uno spaccato nuovo di una società profondamente cambiata nel corso degli ultimi due anni. Sono persone timorose a rivolgersi ai servizi sociali o alle associazioni della carità, semplicemente perché hanno vergogna. Il progetto tessere lavoro presentato mercoledì sera sulla piattaforma zoom si rivolge a loro. È stato presentato da Lorenzo Todaro per Non di solo Pane e dal parroco don Giuseppe Marinoni e ha visto la partecipazione di diversi interlocutori.

Il progetto fornisce un percorso di accompagnamento mediante un supporto anche formativo e vede la presenza attiva e fondamentale dei volontari, Non di solo pane (associazione capofila), Caritas, San Vincenzo, Avas, insieme ai piani di zona, alla cooperativa Albatros che coordina il tutto e Fondazione San Carlo. “In rappresentanza dei sindaci del magentino – ha detto Sabina Doniselli, sindaco di Boffalora – dico che i progetti che funzionano maggiormente sono quelli costruiti e portati avanti in rete. Da soli si fa poco”. Ed è ancora una volta la Fondazione Ticino Olona che ha dato il via ad un’idea attivando il Fondo povertà 2020.

“Superata la prima fase della pandemia – ha detto Salvatore Forte della Fondazione Ticino Olona – ci siamo accorti che le nuove povertà erano in preoccupante aumento. Ci siamo parlati decidendo di dare uno sguardo ulteriore ai bisogni e occuparci di quelli occupazionali. È nato così il progetto per il magentino, mentre gli altri due riguardano Abbiategrasso e il Legnanese e Castanese”. Per la prima volta il privato sociale e il pubblico lavorano insieme. Ma, soprattutto, come sottolinea Marina Mignone della Fondazione Ticino Olona, si punta alla “rinascita della persona”. Si investono risorse economiche e formative per la persona favorendo la sua occupabili. Parlare di lavoro oggi significa parlare di rete. Sperimentare la connessione tra associazioni della carità, piani di zona, aziende. Ci si rivolge a chi è disoccupato da meno di 18 mesi (indice che la disoccupazione è scaturita in periodo di pandemia), alle donne e a coloro che lavorano in nero e vogliono reinserirsi garantendosi certi diritti che ora non hanno. Un progetto che integra le dinamiche del mercato e non le sostituisce.

Gabriella Cellamare della San Vincenzo ha portato un esempio concreto: “In epoca di primo lockdown è arrivato da noi un uomo di circa 50 anni. Da 30 lavorava nella ristorazione, nessuno lo aveva mai visto prima. Era disperato, trasandato, trascurato. Per lui abbiamo attivato una borsa lavoro con la Cooperativa del Sole di Corbetta. Questa persona oggi ha ritrovato dignità e autostima”. Laura di Rocco della cooperativa Albatros ha spiegato che, ad oggi, sono stati attivati circa 30 gruppi di lavoro con i volontari. Ogni gruppo ha un referente. Tredici comuni del magentino coinvolti e tre postazioni con orari differenti. In più c’è la raccolta fondi partita a dicembre che sta proseguendo con ottimi risultati.

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