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Magenta, Maristella racconta la sua esperienza in Togo: “Quando sono partita mi sono sentita amata dal Signore”

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Ha il sorriso perenne Maristella Bigogno. La felicità di chi vuole continuare ad aiutare gli ultimi. Coloro che non avevano speranze e, invece, adesso le hanno. Sta trascorrendo gli ultimi giorni a Magenta prima di ritornare nella sua missione di Amakpape’ e l’altra sera ha raccontato a tutti, in un evento pubblico ospitato in Casa Giacobbe, la sua esperienza. Le cose fatte e quelle che si vogliono fare. Era il 1998 quando l’insegnante magentina ha lasciato la sua famiglia e una vita tranquilla per il Togo. Perché? “Perché in questo modo avrei fatto il volere del Signore – dice – aiutando gli altri. Insomma, quando sono partita mi sono sentita amata dal Signore”. Dalla capitale Maristella si è spostata di qualche chilometro fondando la missione di Amakpape’. Un villaggio di contadini, quando arrivò. Oggi ci sono 3.200 persone. A gestirla sono lei, insieme a suor Patrizia, Federica e Andrea. E i volontari dall’Italia, molti da Magenta. Almeno 30, 40 tutti gli anni arrivano nella sua missione a dare aiuto. Le cose fatte fino ad oggi? “Abbiamo fatto la scuola materna e quella elementare – racconta –e il piano terra delle medie e del liceo che contiamo di completare al più presto”. Poi c’è la chiesa dedicata a Gesù Misericordioso. Un’opera imponente, all’europea, inaugurata di recente. Molti si chiesero se non fosse stato più saggio realizzare una chiesa piccola, in stile africano. Ma così volevano Maristella, il vescovo locale e i fedeli che in chiesa ci vanno. Il rapporti tra cristiani e musulmani in una terra dedita ai riti vudù? Ottimi. Pericoli in terra togolese? “Nessuno – continua la magentina. Non ho mai avuto paura di niente. Sorrido quando mia mamma mi manda messaggi raccomandandosi affinché io non esca la sera e stia sempre attenta. Certo non mi addentrerei mai da sola, di notte, nei quartieri malfamati di Lomé’, ma questa si chiama prudenza”. Realizzata anche l’infermeria. Fondamentale in un paese in cui i costi delle prestazioni sanitarie sono totalmente a carico del paziente. In un paese dove la malaria e le piaghe vanno gestite in emergenza e Maristella si trasforma in autista per portare i malati all’ospedale della capitale. “Lo scorso anno – aggiunge – abbiamo gestito 245 casi di trasfusioni, necessarie per curare la malaria che provoca anemia”. Il sogno si chiama ospedale ad Amakpape’. Un sogno che potrebbe diventare realtà in un futuro non molto lontano.

Graziano Masperi

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