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Magenta, la denuncia di Gianfranco Albè: “Servizio di accompagnamento per la dialisi sempre in ritardo”

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MAGENTA “Con i malati vogliamo che ci sia rispetto e questo lo si vede anche dalle piccole cose”. Gianfranco Albè, pensionato di Magenta denuncia un disagio che ha subito nelle ultime settimane. Anzi, per la precisione il disagio non lo ha subito lui. Bensì la moglie che era sotto dialisi. “Il servizio di accompagnamento che mi era stato messo a disposizione era in perenne ritardo – afferma – su tre volte, due erano ritardi. Mia moglie ha appena terminato la dialisi, ma voglio denunciarlo perché spero che il problema venga risolto e perché so che il problema riguarda tutti”. La dialisi della signora veniva effettuata due volte la settimana presso l’ospedale Fornaroli.

Il programma prevedeva che la paziente venisse raggiunta presso la sua abitazione alle 12.45, in modo da essere in reparto in tempo per il trattamento. “In un caso – aggiunge Albè – ho atteso fino alle 13.30. Alla fine, dopo telefonate dalle quali non avevo risposte certe, ho accompagnato mia moglie personalmente in auto all’ospedale di via Al Donatore di Sangue. Quel giorno ho saputo che l’operatore era arrivato a casa mia alle 14.30. L’ho saputo da mia figlia che era a casa. In quell’occasione l’operatore si era giustificato sostenendo che gli era stato consegnato quell’orario da rispettare. Non me la prendo certo con gli operatori, perché penso che le responsabilità siano altrove”. Albè, che tempo fa aveva denunciato il servizio pasti scadente, questa volta continuerà a seguire l’evolversi del servizio di accompagnamento per le dialisi: “Anche se mia moglie ha ultimato il ciclo ci saranno altre persone interessate. La dialisi è pesante, i pazienti sono affetti da insufficienza renale e i servizi di accompagnamento sono delicati perché riguardano persone che in ospedale non ci vanno per divertimento”.

Il pensionato magentino la scorsa estate denunciò senza timore il servizio pasti scadente all’interno del Fornaroli. Ne era a conoscenza sempre per motivazioni personali, considerato che seguiva quotidianamente la moglie ricoverata. “Portavano dei pasti immangiabili – commentava – bistecche simili ad un pezzo di gesso, pasta fredda e appiccicosa. Sono stato costretto a portare i pasti da casa per evitare che le facessero male”. La denuncia di Albè, insieme a tantissime altre segnalazioni comprese quelle del personale interno che contestava lo stesso problema, fecero intervenire la direzione che scese in campo in maniera decisa con la cooperativa alla quale era stato affidato il servizio. A distanza di alcuni mesi si sono notati del cambiamenti in meglio. “Qualcosa è migliorato – afferma – Non siamo più ai livelli di prima per fortuna. Spiace dover constatare che se lasciamo correre, se non denunciamo le cose che non vanno, se facciamo finta di niente, tutto resta come prima. I servizi in ospedale riguardano persone in difficoltà. Chi ne ha la responsabilità deve fare in modo che si svolgano in maniera impeccabile”.

 

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