― pubblicità ―

Dall'archivio:

Magenta, la comunità islamica su Asia Bibi: “Rifiutiamo ogni violenza, massimo rispetto per i Cristiani”

+ Segui Ticino Notizie

Ricevi le notizie prima di tutti e rimani aggiornato su quello che offre il territorio in cui vivi.

Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

MAGENTA –  “Sono circa quattro mesi che abbiamo diffuso un comunicato con il quale non solo solidarizziamo con Asia Bibi ma anche esprimiamo il riconoscimento del grande valore della religione cristiana, del suo Profeta Gesù, profeta riconosciuto e amato anche dai musulmani come sa chiunque abbia letto il Corano”. La comunità islamica di Magenta, costituita nell’associazione Abu Bakar, si rivolge al vice sindaco Simone Gelli che li avrebbe accusati di non avere preso posizione in merito ai fatti drammatici che stanno accadendo in Pakistan e che vedono vittima l’innocente Asia Bibi, di religione Cristiana. “Il vice sindaco – continuano in una nota stampa – polemizza e accusa senza leggere e senza conoscere, al solo fine di demonizzare persone che vivono a Magenta colpevoli solo di essere musulmane. Ad uso del vice Sindaco nuovamente diffondiamo la nostra dichiarazione già diffusa ben quattro mesi fa nella speranza che il vice sindaco cessi la sua faziosa ostilità verso parte della comunità di Magenta e che le nostre parole chiare e senza ambiguità lo inducano ad un vero e onesto rispetto verso le minoranze religiose e verso le persone che praticano un culto diverso dal suo.
Abbiamo bisogno di costruire una società tollerante e rispettosa e uniti dobbiamo contrastare chi perseguita e discrimina ovunque nel mondo in nome della religione”.

Ecco il comunicato dell’associazione Abu Bakar:

Siamo donne e uomini di fede islamica, cittadini della nostra bella città di Magenta, siamo parte della grande ‘umma, del popolo che il Profeta ha convocato per rendere gloria a Dio e servirLo con fedeltà.
Molto abbiamo in comune, oltre alla condivisa Umanità, con voi.
Comuni sono i Patriarchi perché unica è l’umanità che ci rende tutti fratelli. Comuni sono i Profeti: Mosè, il grande legislatore, Davide e suo figlio Salomone, Giona e Giovanni il Battista. Di grande onore circondiamo la madre di Gesù, Maria, che Lo concepì e Lo dette alla luce in maniera prodigiosa.
Nel santo libro del Corano si ode un’eco delle vostre Scritture Sante e al Dio misericordioso e compassionevole eleviamo come voi parole di lode e di ringraziamento.
Siamo un popolo come un popolo è quello di Israele e come un popolo è la Chiesa di cui moltissimi di voi fanno parte. Come qualsiasi popolo ci convochiamo in pace per celebrare il culto e ascoltare la Parola divina.
Siamo il popolo di Allah ma siamo anche lavoratori onesti, madri operose, studenti e studentesse delle scuole della nostra Città. Da decenni condividiamo con voi la vita, fianco a fianco. I nostri figli parlano l’italiano come lingua madre; le loro radici affondano qui e anche altrove: in Medio Oriente, in Pakistan, in Bangladesh, in Africa.. Siamo italiani e musulmani, in tutto uguali a voi, nei doveri verso lo Stato come anche nei Diritti. La nostra regola è la Costituzione che ci impegniamo ogni giorno a rispettare come ogni cittadino della nostra Repubblica è chiamato a fare.
Siamo orgogliosi di vivere in questa Città che sentiamo ogni giorno più Casa nostra e ci rallegriamo di potere condividere la nostra Vita con chi non crede e con chi crede, in special modo con la grande comunità cattolica.
Abbiamo saputo che nel prossimo ottobre verrà elevato agli onori degli altari il Santo Padre Paolo VI a cui è intitolata la Comunità Pastorale di Magenta. Questa notizia ci ha molto allietato perché dei forti legami ci uniscono alla Santità di papa Montini. Nel 1964, per la prima volta, da romano pontefice si recò a Gerusalemme, la Santa Città che sta a cuore a ogni credente nel Dio di Abramo. A lui va il merito di aver portato avanti con grande sacrificio e spirito di autentico profeta il concilio vaticano II, rilanciando su nuove basi il dialogo tra cristiani e musulmani.
Siamo consapevoli del passato, delle frequenti lotte e delle guerre che hanno opposto i nostri padri ai vostri. Non siamo ingenui: sappiamo che la nostra – come qualsiasi altra religione – può essere strumentalizzata per fini che non coincidono con gli ideali di pace, fraternità e solidarietà che a voce tutti diciamo di professare. Per questa ragione, come musulmani, sentiamo forte l’invito di Dio a convertirci sempre dal male e a scegliere continuamente il bene, non diversamente da quanto Gesù e i suoi Apostoli prescrivono a voi. È questo l’autentico jihad, non quella parodia tragica che ne hanno fatto i fondamentalisti. Noi musulmani ci salutiamo augurando la Pace – Salam a quanti incontriamo e, se in passato, tra i nostri e i vostri teologi c’era chi pensava che potesse esserci una “guerra giusta”, oggi noi ripudiamo la guerra in tutte le sue forme e ovunque.
I vescovi riuniti nel secondo Concilio del Vaticano hanno dichiarato di guardare all’Islam con stima e hanno esortato i cattolici “a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà”. Queste parole le facciamo nostre e ribadiamo di nutrire stima per la Chiesa, per quanto essa predica e fa ogni giorno per chi è nel bisogno e nell’indigenza. Malgrado gli episodi di estremismo dei nostri giorni, nei paesi di cui siamo originari esistono da secoli esperienze di pacifica convivenza tra cristiani e musulmani. Non c’è città del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia in cui accanto a un minareto non ci sia una chiesa e, se molto ancora deve essere fatto per garantire l’effettiva piena libertà di culto, noi – e non solo da oggi – ci impegniamo per incidere con la vita e con l’esempio perchè ovunque ogni uomo possa essere libero di pregare il proprio Dio senza temere per la propria vita e per quella dei propri cari. Siamo rattristati per la sorte di Asia Bibi e di padre Paolo Dall’Oglio, prigionieri di regimi che poco hanno a che spartire con il vero Islam, ma nel contempo ci rallegriamo per la notizia confermata in questi giorni della costruzione di una cattedrale dedicata a Nostra Signora d’Arabia nella Penisola arabica, la terra che custodisce le città sante della Mecca e di Medina. Siamo fiduciosi che, nell’avvenire, potremo dare al mondo, alla società laica la prova concreta e fattiva di cosa i credenti nell’unico Dio possono fare quando gareggiano nelle opere di bene.

 

ASIA BIBI, LE PAROLE DEL VICE SINDACO SIMONE GELLI

Volutamente, sino ad oggi, mi sono astenuto dal parlare o dallo scrivere di Asia Bibi, la donna, madre, Pakistana e cristiana, che dal 2009, per una assurda vicenda giudiziaria, passa la sua vita in carcere perchè accusata da due donne di fede islamica, di BLASFEMIA. Tutto, secondo le cronache, inizia nel 2009, quando due donne di fede islamica, dopo una giornata di lavoro, insieme a Bibi, la denunciano ad un Imam per Blasfemia. Le due donne, si legge in diversi articoli di stampa, senza mai portare a sostegno una prova, coinvolgono tale Imam che, una volta ascoltate, aiuta le stesse a denunziare alla locale autorità giudiziaria l’accaduto. Dopo quasi dieci anni di processo, non essendoci prove rispetto al reato contestato ad Asia, un tribunale decide per l’assoluzione della donna. E qui il Pakistan si ferma. Dimostrazioni, cortei, manifestazioni, proteste. La sentenza di un tribunale viene quindi bloccata da un accorto tra governo ed estremisti. L’avvocato della donna, Ghulam Mustafa, è costretto a lasciare il paese, in quanto minacciato ripetutamente di morte, mentre il governo non solo non rimette Asia in libertà ma vieta pure alla donna l’espatrio. Durante le manifestazioni degli islamici, uno degli striscioni reca la scritta, “Hang Asia”. Hang, significa IMPICCARE!. IL marito di Asia è costretto a chiedere aiuto a Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti, a Theresa May Primo Ministro Inglese ed al Premier canadese Trudeau, al fine di ottenere asilo politico, per lui e per la sua famiglia. Una storia paradossale, nella quale, essere cristiani, significa poter essere accusati di un reato tanto pesante da prevedere la pena capitale, significa potere essere incarcerati per nove lunghi anni, essere condannati a morte e dopo essere assolti, non poter uscire dal paese e quindi dover attendere la tanto agognata libertà. Una brutta vicenda! Quel che mi stupisce in questi giorni è che, di fronte a questi tragici fatti, nessuno della comunità islamica di Magenta, tanto attenta alla tolleranza ed ai diritti e doveri in Italia, non abbia sentito il dovere di rilasciare una dichiarazione ufficiale su uno dei nostri settimanali locali o su uno dei nostri blog, per condannare questi fatti che di mostrano quanto sia difficile essere cristiano in quelle terre. Altro che immagini di chiese senza croci e video rassicuranti sulla vita di tutti coloro i quali desiderano professare una fede diversa da quella islamica. Oggi sei cristiano? Puoi Morire impiccato! Questa è la cruda verità che il caso di Asia Bibi propone ad ognuno di noi ancora oggi.

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

■ Prima Pagina di Oggi