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Dall'archivio:

Magenta. Gli alunni delle classi terze della “F. Baracca” in visita al “Binario 21”. Al capolinea della storia

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MAGENTA – Esperienza forte, densa di emozioni e di significato quella vissuta dagli studenti di scuola media della nostra città, a cui hanno aderito con slancio, su proposta dei loro docenti di lettere e della sezione ANPI di Magenta.
La ricorrenza del 27 gennaio, data della “Giornata della Memoria”, in cui si commemorano le vittime dell’Olocausto e la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz (1945), ha così rappresentato la “pietra d’inciampo” per conoscere e provare a comprendere uno dei momenti più tragici della storia attraverso la visita al “Memoriale della Shoah”, situato sotto la stazione Centrale di Milano, ideato con lo scopo di realizzare un laboratorio dell’intera comunità civile, un luogo di costruzione della memoria collettiva e di consapevolezza individuale.

Luogo fisico che con i suoi vagoni ricorda i deportati e i loro viaggi verso i campi di smistamento, concentramento e sterminio dei nazisti; il “museo” si presenta come uno spazio in cui il visitatore penetra in una dimensione – come argomenta uno studente – pervasa da una “strana energia” (E. P. 3D). “Quando sono entrato, ho provato fin da subito un senso di oppressione – racconta un altro ragazzo (R. S. 3D) – l’atmosfera era cupa e pesante, mentre l’assordante rumore di ferraglia dei treni della stazione Centrale ha suscitato in me confusione e smarrimento. Una volta salito sul vagone ho avvertito un senso di soffocamento, pensando ai deportati, che venivano caricati su quei convogli come se fossero delle bestie”. Mentre una studentessa annota: “Nero e grigio: questi due colori tingono i muri di questa vecchia stazione, una tragica cornice dentro la quale persone indifese ed innocenti sono state trasportate verso una destinazione sconosciuta. Salendo su uno di questi vagoni, mi sono immedesimata in una giovane ebrea… ho provato la sua sofferenza e ho visto la speranza dissolversi lentamente” (A. V. 3B).

La parola “immedesimazione” ricorre spesso nelle loro riflessioni, raccolte dalle docenti, prof.sse Alessandra Maltagliati e Elena Marinoni, insieme alle espressioni “provare ad immaginare” e “toccare” che rappresentano il momento di maggior empatia e coinvolgimento emotivo di fronte alla tragedia dello sterminio. “Il contatto con quelle fredde assi di legno, fatte di pianti, preghiere, lamenti… erano come un pugno nel cuore. Ho toccato con mano il dolore, la tristezza, la paura, l’orrore… . Lo stesso legno a cui mi appoggiavo pareva come un muro tra buio e luce, terrore e libertà. Quel vagone era come una gabbia crudele, fredda e cupa che trasportava centinaia di anime innocenti, non più persone ma numeri, verso un futuro incerto” (B. R. 3D). “Sentivo il pianto, le grida e la disperazione tra le travi di legno. Sentivo i sussurri e le preoccupazioni che bisbigliavano le stesse pareti…” (A. G. 3D).

“Lì un ragazzo come me stava piangendo, stava sanguinando e urlando dalla paura e dal dolore” (G. C. 3D).

Toccante il momento in cui è stato chiesto loro di dedicare un pensiero alle persone che vi erano state rinchiuse. Forte la percezione allora di un senso di impotenza, una “sensazione di sgomento e di disturbo” – così difficile da raccontare: “mancano le parole per descrivere questo orrore…” (R. B. 3B).

Il termine a cui si appellano è allora quello di “inferno”, a cui i sopravvissuti della Shoah – come l’indimenticato Primo Levi – fanno spesso riferimento nelle loro testimonianze.

Ma i sentimenti di sconcerto e indignazione non impediscono ai giovani studenti di spingersi a riflessioni profonde, ponendosi domande sulla natura del male e sugli autori di tanta efferata crudeltà: “Come possono dimenticare i sopravvissuti tutto quello che hanno subito? Come non provare compassione di fronte al volto di una madre disperata o all’innocenza di un bambino? Interrogativi ai quali non sono ancora riuscita a dare una risposta” (M. M. 3B).

Certo nei ragazzi si è fatta strada una maggior consapevolezza: “Questa visita mi ha fatto crescere”. “Questi fatti non dovranno mai essere dimenticati dalle generazioni future” (G. S. 3B). “Il museo è un monito per tutti per non dimenticare” (G. F. 3B).

In alcuni è emerso il forte timore di una “sottovalutazione di queste cose”, in atto nella nostra società (L. L. 3D): “noto ormai che l’argomento è preso alla leggera dalle persone più giovani” (F. L. 3D), stigmatizzando l’“indifferenza che una parte della popolazione prova nei confronti di ciò che è successo” (A. C. 3D).

E’ pertanto fondamentale trovare una nuova pedagogia della Shoah che avvicini coloro che in futuro non saranno più raggiunti dalla viva voce dei testimoni diretti dell’Olocausto, affinché questa storia venga “scolpita nel cuore” – come ammonisce la senatrice Liliana Segre.

 

Condividiamo allora le parole di speranza di uno studente: “La discriminazione ha solo basi umane. Solo l’uomo può far guerre, solo l’uomo può distruggere un pianeta per avidità, ma soprattutto solo l’uomo può cambiare. Ed è importante farlo adesso, prima che sia troppo tardi. E cambiare si può fare solo in un modo: con la memoria e con la mente libera da odio e pregiudizi” (S. R. 3^D).

 

 

Natalia Tunesi

 

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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