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Magenta, elezioni: Tino Viglio verso l’addio (al Consiglio comunale)?

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Il ‘senatore’ degli azzurri magentini sarebbe intenzionato a non ricandidarsi. Ha sempre fatto il ‘pieno’ di preferenze

 

MAGENTA – Se fosse confermata la notizia che circola con una qualche insistenza da giorni, l’ingegner Tino Viglio sarebbe propenso a non candidarsi alle prossime elezioni comunali, interrompendo così una presenza nelle istituzioni durata oltre 40 anni (con poche, brevissimi pause).

Nato il 3 giugno del 1939, ingegnere, già segretario cittadino e zonale della Democrazia Cristiana, docente per anni all’istituto Einaudi, dopo il tramonto della Prima Repubblica scelse Forza Italia.

Assessore con Luca Del Gobbo ininterrottamente dal 2002 al 2012, Tino Viglio ha sempre percorso da protagonista le giunte Dc-Psi che si sono alternate dal finire degli anni Settanta a tutti gli Ottanta, coi sindaci Ambrogio Colombo, Beppe Crestani, Alfredo Cattaneo e Sante Zuffada. All’opposizione del centrosinistra e di Giuliana Labria dal 1996 al 2001, quando Zuffada perse la corsa da sindaco anche per l’ottimo risultato che colse Luca Del Gobbo quell’anno (oltre il 15%), Tino Viglio fu candidato senza successo al Consiglio Provinciale sotto le insegne di FI, giocando l’ultima grande carta della sua lunga stagione politica nel 2012, quando perse di poche centinaia di voti il ballottaggio contro Marco Invernizzi.

Presente, anzi presentissimo nella  vita sociale, culturale ed associativa di Magenta, Tino Viglio è stato un esempio di costanza e di preziosa, continua partecipazione a qualsiasi genere di evento: mostre, presentazioni librarie, cerimonie civili e religiose.

Professionista affermato con lo studio Progest, Tino Viglio ha attraversato quasi mezzo secolo di vita politica a Magenta. Impersonificando il Potere, per molti (in un  mondo nel quale si è in realtà perso ogni vero e autentico riferimento valoriale) pratica disdicevole, in realtà funzione necessaria ed essenziale in qualsiasi democrazia, sistema di governo delle persone e delle cose strutturalmente imperfetto, ma come diceva il grande Winston Churchill equiparabile a una zattera: ci si bagna sempre, non si affoga mai.

Per omaggiare Tino Viglio (pur sapendo che, da grande cultore della pratica democratica e cristiana potrebbe anche ripensarci un istante prima del giorno di consegna delle liste elettorali), Ticino Notizie prende a nolo le bellissime parole di un altro fuoriclasse della Prima Repubblica: Paolo Cirino Pomicino.

Sursum corda, ingegnere.

Cosa ci vuole per fare politica. Ricordava Platone che chi non sa fare un paio di scarpe non si metterà mai a fare il calzolaio, così come  chi non sa di medicina non curerà mai gli ammalati. Tutti, però, si ritengono all’altezza di guidare lo Stato e il paese. Nessuna scuola, professionale o classica che sia, potrà mai dare quel profilo culturale e di sensibilità che la politica richiede. È nella vita delle associazioni ma innanzitutto in quella dei partiti che si apprendono e dialetticamente si accettano strategie e programmi. È negli enti locali che si matura la prima esperienza, ci si confronta con il potere amministrativo e con la capacità di applicare le proprie idee nella realtà quotidiana. E infine è nell’attività legislativa parlamentare che si assume una visione d’insieme dei bisogni e delle risposte che essi sollecitano, allenandosi a mantenere sempre viva l’attenzione sugli effetti che una norma legislativa produrrà sul corpo vivo della società e dei suoi legittimi interessi. Associazioni, partiti, enti locali, parlamento: solo con questo percorso un gruppo dirigente potrà essere pronto ad assumere un ruolo di governo. Non basta “sapere”. Non basta “conoscere”. La politica è qualcosa di diverso dalle singole professionalità. Anzi, più volte ho insistito che per essere un buon ministro non bisognava essere tecnici di quel settore.

Paolo Cirino Pomicino

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