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Dall'archivio:

Magenta come Quarto Oggiaro? Anche NO. Perché il problema non è il semplice fatto di cronaca

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MAGENTA – “Facciamo un paio di premesse di fondo che sono sostanziali, rispetto a quanto andremo a scrivere a breve: la critica politica non è mai personale, ma si basa su dati di fatto oggettivi, e in seconda battuta, per onestà intellettuale, occorre premettere che Magenta ha iniziato un percorso di lento ma inesorabile decadimento almeno da un decennio a questa parte.

Se a ciò si aggiunge l’epoca di Coronavirus che abbiamo vissuto e dalla quale stiamo uscendo (si spera)  solo adesso, ne emerge che oggi per fare l’Amministratore comunale, nel nostro caso, il Sindaco, occorrono competenza, professionalità, esperienza, visione, capacità manageriali, carisma,  e tanta tanta passione. Tra l’ultima che la si può anche trovare le altre sono doti che non si possono certo acquistare tanto al chilo.

Non servono improvvisati della politica, quelli li lasciamo volentieri ai grillini e ai loro sodali, né tanto meno, gente senza arte né parte,  e che venga gettata nell’arena tanto per far numero, come fossimo ancora alla Corrida del compianto e indimenticato Corrado (ma quello era uno show televisivo…). Perchè poi a pagarne le conseguenze sono i cittadini ma soprattutto l’immagine della città.

Abbiamo fatto questa lunga premessa perché crediamo che i fatti di questa notte, non possano e non debbano essere derubricati a semplice fatti di cronaca. Se anche così fosse, saremmo comunque in presenza di episodi perlomeno inquietanti, e che dimostrano come Magenta dopo una certa ora sia una sorta di terra di nessuno. Ma noi che scriviamo non siamo i fautori della città militarizzata. All’epoca quando il Sindaco Calati pronunciò la solenne promessa “Porteremo l’esercito a Magenta” pensammo tra noi e noi, che aveva detto una grandissima cazzata. Questo perché? Semplicemente perché l’Esercito a memoria si utilizza e si utilizzava in operazioni tipo Vespri Siciliani, veniva e viene mandato nei ghetti e nei bassi fondi delle periferie. Dove c’è una reale emergenza. 

La nostra immagine dell’esercito – ci scusino i Napoletani e  i Palermitani che ci leggono – è associata a queste situazioni di delinquenza e criminalità diffusa.

Pensare quindi che la ricetta per avere una città pulita, accogliente e, di riflesso, che sappia attrarre anche da fuori pubblico e possibili fruitori per il mondo del commercio, siano i blindati è una solenne scemenza. Lo ribadiamo a scanso d’equivoci. E sbagliano anche quelli che per mero tornaconto politico, oggi ricordano al Sindaco e alla sua Giunta questa promessa.  Perchè una promessa, se è sbagliata, non fa bene a nessuno e non porta progresso e benessere. Che è quello di cui la città di Magenta e il Magentino tutto hanno oggi maledettamente bisogno. 

Se da un lato, infatti, apprezziamo e stimiamo profondamente figure come il Comandante dell’Arma dei Carabinieri di Magenta, il Maresciallo Massimo Simone, per il loro indefesso lavoro, così come siamo ben consapevoli dell’ottimo operato loro e dei colleghi della Polizia locale e delle altre Forze dell’Ordine, siamo anche consci del fatto che tutto questo da solo non basta.

CARABINIERI

Se una città cade nel degrado e nella decadenza, non ci salva nemmeno un carabiniere posto ad ogni angolo della strada.

Sia ben chiaro, con questo non stiamo dicendo che il progetto, avviato all’epoca da Luca Del Gobbo, di portare a Magenta una Tenenza dei Carabinieri non fosse sbagliato (ANZI!), così come il fatto di lavorare ad un comando interforze sempre più efficace e coordinato, cosa a cui sta mettendo mano il Vice Sindaco e Assessore alla partita Simone Gelli.

Ma diciamo anche con grande franchezza, che il malato (la Città di Magenta) è grave ed è un po’ come somministrare della morfina (o se preferite il termine meno crudo, delle ‘cure palliative’) a qualcuno che è messo davvero male, molto male. 

Abbiamo adoperato la metafora del malato, per far capire che il problema è strutturale, organico, ha radici profonde e parte da molto lontano. Se ci trovassimo qui a commentare la bravata di turno che per carità ci può sempre scappare, non saremmo così preoccupati.

Il dato di fondo, invece, è un altro.  Ben diverso. Magenta ha perso il suo appeal. Ha una piazza poco attraente, dove si deve aspettare la giostrina della famiglia Zanfretta per portare un po’ di richiamo(?), quando normalmente, in altri comuni, le giostrine vengono piazzate dentro ai parchi pubblici – visto anche il loro tipo di pubblico – perché il centro storico deve saper offrire altro. Oggi non è così. La piazza Liberazione di Magenta, con quei portici a inizio agosto addirittura serrati, era l’immagine del decadimento. Poteva essere scambiata per la piazza di qualche città dell’est europeo post muro di Berlino.  O per quella, se preferite il paragone meno fantasioso, per quella di un paesone sporco e mal tenuto. Un luogo non certo da vivere, ma da attraversare in fretta, di corsa.  Tanto è vero che quella piazza di sera, si svuota, ed è spesso ostaggio di bande di teppistelli, o di ragazzini (ma questo è quasi il meno dei mali) extracomunitari ma anche italiani (la questione non è tanto questa) che la trasformano in un campo da calcio…..quando va bene. Tanto le serrande dei locali si abbassano, come se ci fosse ancora il coprifuoco. Perchè quello a Magenta è arrivato molto prima del Covid, e delle relative misure per combattere la pandemia….

Il vuoto assoluto di piazza Liberazione

 

Il processo di desertificazione commerciale, anche con una certa responsabilità dei Magentini medesimi, è iniziato da tempo. Negozi lasciati sfitti, perché la controparte avida, spesso ignorante e  un po’ rozza, anziché abbassare le sue pretese di qualche manciata d’euro e pensare anche al BENE COMUNE,  preferiva una serranda abbassata, ad una nuova attività che comunque avrebbe potuto portare beneficio (diretto o indiretto) per tutti.

E così ecco la via Roma iniziare a spopolarsi, così come una piazza Liberazione dove le grandi firme hanno preferito e le grandi catene stanno preferendo andare altrove. E’ inutile girarci attorno. La Magenta a colori degli anni 80 non c’è più. Si vedono attività improvvisate, alcune che aprono e chiudono  nell’arco di una stagione. In tutto questo la colpa non è certamente solo del mondo del commercio che anzi eroicamente, certa di stare in piedi. Le responsabilità sono di chi dovrebbe (?) dirigere la baracca e indicare la rotta.

Qualche giorno fa in conferenza, di grazia, l’Assessore alle Opere pubbliche Laura Cattaneo, si è accorta che la città di Magenta, nella fattispecie il suo centro storico, a livello di arredo urbano, è una sorta di arlecchino (peccato che ci sia un piano dello Studio Giugiaro nei cassetti di Palazzo Formenti che giace almeno dal 2012 ndr). Ci fa piacere che dopo quasi cinque anni di mandato (anche se lei come Assessore è subentrata dopo il suo collega di partito Alfredo Bellantonio ndr) sia arrivata a questa conclusione.

Certo sappiamo benissimo che senza soldi, non si va da nessuna parte. Quest’anno grazie al governo Draghi e alla regione Lombardia i soldi sono arrivati ma le esigenze erano tante, in  primis le asfaltature.

I soldi a cui pensiamo noi, sono le collaborazioni con il privato, i progetti su Saffa, Novaceta e adesso mettiamoci pure dentro anche la defunta e fallita STF,  insomma, le grandi aree della città, rispetto alle quali il Sindaco si è tenuta gelosamente le deleghe, ma dove, quanto a risultati, lo diciamo in slang magentino “SIAMO ZERO AL QUOTO”. Non ha combinato praticamente nulla. Il vuoto assoluto. 

Senza i grandi progetti non potranno arrivare oneri d’urbanizzazione e Magenta sarà destinata a questo lento ed inesorabile declino. Ma non pretendiamo che il Sindaco abbia la bacchetta magica, sappiamo che sono questioni più grandi di lei che non ha mai fatto politica prima, quindi, che si faccia aiutare da Consiglieri regionali (uno su tutti LUCA DEL GOBBO) e da Ministri (MASSIMO GARAVAGLIA) che oltre ad essere un ottimo economista adesso ha in mano anche il turismo che guarda a caso significa anche attrattività e crescita, tutte cose che a Magenta mancano. 

Posto dunque che su questi progetti serve il gioco di squadra ma oggi non si può più derogare oltre, ci sono quelli più piccoli dove un amministratore con un po’ di capacità imprenditoriale, saprebbe intervenire da solo  – gli esempi nella vicina Corbetta governata dall’amato e/o odiato a seconda dei casi Marco Ballarini, obiettivamente si sprecano. A volte basta copiare non è così difficile –  pensiamo al Parco di Casa Giacobbe, piuttosto che a quello di Villa Naj Oleari.  Si tratta di due polmoni verdi di cui andare orgogliosi che l’Amministrazione avrebbe dovuto e potuto mettere anche  ‘a reddito’ facendoli vivere con attività, dehors all’aperto, estivi di locali, serate tematiche.  Beh in Villa Naj Oleari, non ci sono neanche le panchine, però, i ragazzi che indisturbati usano il suo retro per farsi le canne non mancano…. Non vogliamo andare oltre, perché abbiamo scritto già fin troppo rispetto alla posizione del nostro giornale rispetto a questa vicenda che, LO RIPETIAMO, di cronaca non è soltanto.

Il degrado attorno a Villa Naj Oleari, che giace così ormai da oltre un decennio…..nonostante i recenti interventi di pulizia

Speriamo che qualcuno ci ascolti, non faccia troppo il permaloso, e inizi nel centrodestra con lucidità  a pensare che forse è il caso di cambiar rotta. Non crediamo ad un centrosinistra che ha contribuito ad affossare Magenta nei cinque anni precedenti, sia ben chiaro, con una politica pauperista e che oggi si trova ‘scottato’ dalla discesa in campo de La Nuova Italia. 

E che anche oggi – non accorgendosi di essere parte del disastro –  butta la polemica politica, in modo riduttivo, sulla questione della sicurezza. Occorre prendere atto che qualcosa nel centrodestra non ha funzionato e non funziona tutt’ora.

Quindi, le ipotesi sono due e molto chiare: continuare a reiterare nell’errore oppure trarne le debite conseguenze. 

F.V. 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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