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Magenta: addio a Noa Bonetti, donna dalle mille vite (e dai mille mondi)

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MAGENTA – Esistono persone che vivono a malapena una vita (per millanta ragioni, molto spesso per nulla ‘dolose’) ed altre che ne vivono decine, centinaia, financo migliaia.

Noa Bonetti, eccentrica e talentuosamente inquieta giornalista e scrittrice, ha speso l’ultima parte della sua vita a Magenta, negli spazi elegantemente antichi della casa dove i suoi affezionati nipoti (Andrea, Marco e Carlo Rocchitelli) hanno visto dipanarsi, sino alla fine, l’enorme passione per la vita stessa.

Chi scrive ha sempre rimandato l’invito del nostro amico ( e socio) Andrea Rocchitelli ad andarla a conoscere. Ma credo di averlo fatto perché mi piaceva fantasticare sui tratti di un’esistenza terrena degna di un libro di Hemingway o di un film di Fellini.

Federico Fellini che peraltro Noa Bonetti conobbe e frequentò, al pari di moltissimi altri nomi di prima grandezza del cosiddetto ‘mainstream’: Fabrizio De Andrè, Moana Pozzi (ne parliamo sotto), scrittori, attrici, attori, personaggi del jet set.

Ecco: io personalmente, mentre ascoltavo l’amico Andrea raccontarmi gli episodi di una vita dai tratti marcatamente cinematografici (una vita da film), Noa Bonetti me la immaginavo esattamente così. Accanto a Marcello Mastroianni, appoggiata al bancone di un bar, mentre un  barman di via Veneto in abito bianco serviva whisky con ghiaccio, champagne in flute, un primigenio Gin Tonic o un dissetante Gin Fizz.

Lo si coglie dalla descrizione dei suoi libri (la Iris Edizioni, che aveva sede proprio a Magenta, è stata la sua ultima tappa professionale). Difficile descriverla con un solo termine: giornalista, scrittrice, maschera umana sul palcoscenico quotidiano della dolce vita romana (quella vera, mica la finzione filmica..), confidente, indagatrice.

Sul mio comodino, donatomi da Andrea pochi giorni prima dello scorso Natale, c’è ‘Vengo dal night’, calembour di luci sulfuree, moquette da locale notturno, fumo di sigaretta o sigaro (mezzo secolo fa si poteva) con prefazione di Renzo Arbore. Sono arrivato verso pagina 70, come faccio con tutti i libri che preferisco centellinare per godere a lungo delle loro pagine (senza finirli in pochi giorni); adesso lo centellinerò ancora per un po’..

Vite come quella di Noa Bonetti ci dimostrano che persino il più impietoso e impetuoso degli accadimenti umani- il tempo- può essere ‘incantato’, simpaticamente deriso. Scorre ugualmente e senza requie, certo. Ma ci sono vite così intense che lo sublimano, superandolo. E Noa Bonetti ha è riuscita esattamente in questa immensa impresa: vivere così intensamente che la sua testimonianza, la sua esperienza, la sua vitalità, andrà ben oltre. Anche oltre la morte terrena. Dacché esiste uno spazio, fisico, temporale, mentale, dove vite come queste travalicano ogni confine. Irridendolo, con un sorriso beffardo e sornione mentre- in un castigato eppure sensuale abito nero- si sorseggia uno Scotch, presi ad ammirare Marcello Mastroianni ed Anita Ekberg, che illuminano la notte su una fiammante spider.

A buon rivederci, madame Noa.

Fabrizio Provera

COL TEMPO SAI- DI LEO FERRE’

Col tempo sai
Col tempo tutto se ne va
Non ricordi più il viso
Non ricordi la voce
Quando il cuore ormai tace
A che serve cercare ti lasci andare
E forse é meglio così
Col tempo sai
Col tempo tutto se ne va
L’altro che adoravi che cercavi nel buio
L’altro che indovinavi in un batter di ciglia
Tra le frasi e le righe e il fondotinta
Di promesse agghindate per uscire a ballare
Col tempo sai tutto scompare.
Col tempo sai
Col tempo tutto se ne va
Ogni cosa appassisce io mi scopro a frugare
In vetrine di morte quando il sabato sera
La tenerezza rimane senza compagnia.
Col tempo sai
Col tempo tutto se ne va
L’altro a cui tu credevi anche a un colpo di tosse
L’altro che ricoprivi di gioielli e di vento
Ed avresti impegnato anche l’anima al monte
Per cui ti trascinavi alla pari di un cane
Col tempo sai tutto va bene.
Col tempo sai
Col tempo tutto se ne va
Non ricordi più il fuoco
Non ricordi le voci della gente da poco
E il loro sussurrare
Non ritardare copriti col freddo che fà.
Col tempo sai
Col tempo tutto se ne va
E ti senti il biancore di un cavallo sfiancato
In un letto straniero ti senti gelato
Solitario ma in fondo in pace col mondo
E ti senti tradito dagli anni perduti
Allora tu col tempo sai non ami più.

A PROPOSITO DI NOA BONETTI

IL LIBRO- E L’AMICIZIA- CON MOANA

 Una lunghissima intervista che assume  i toni della conversazione, di uno scambio di confidenze tra amiche e tiene il lettore incollato al testo indagatore. Non è un libro a senso unico. Tralasciando i dettagli sulla carriera artistica e politica della pornostar, la Bonetti  preferisce rivelare ai lettori gli aspetti più intimi e confidenziali di Moana Pozzi. Ed ecco che l’idolo si fa donna, e la “Fantastica Moana” si trasforma in una bambina di dieci anni che sbircia di nascosto i giornaletti porno che gli zii scapoli imboscavano tra i cuscini del divano o che gioca “alle signore” con la sorellina.  Noa Bonetti, con l’oculatezza della giornalista e la delicatezza dell’amica, mette nero su bianco i pensieri, le speranze e le contraddizioni che si celano dietro il carattere disinibito e spregiudicato della “star a luci rosse”. Gli uomini della sua vita, la passione per il lusso e l’amore per la natura selvaggia. E a spogliarsi, questa volta, è l’anima della donna.

 

UN’INTERVISTA DEGLI SCORSI ANNI

 

Noa Bonetti è milanese ma vive a Roma. A Londra ha lavorato per il Commonwealth poi alle Ricerche Atomiche Nucleari di Frascati, infine è passata al giornalismo. Oltre a regie teatrali, ha realizzato servizi per le tre reti RAI-TV (rubriche: Ore Tredici, Ore Venti, Il Mercato del Sabato, Giovani e Lavoro, Scampoli di Ricordi…). Collaboratrice di vari quotidiani e rotocalchi: Il Messaggero, La Repubblica, Il Venerdì, Oggi, Leader, Bella, Penthouse… Nel 1980 con Donne al Governo ha vinto il Premio Internazionale Città di Anghiari per un Libro Politico-Storico. Nel 1988 il Fotogramma d’Oro del Premio Cronaca ‘87 per il Giornalismo nelle Immagini. Libri pubblicati: Volti Pettegoli
(1985), Veleno al Femminile (1986), Spuntino di Mezzanotte (1989), Angeli in Polvere (1990), Un’Amica di Nome Moana (1995), Io, Donna Kamikaze (2005), Nell’Arca di Noa (2006), Giù la Maschera (2007), Il Veleno è donna (2008).




Benvenuta Noa, è un vero onore averti qui. Giornalista per la carta stampata e la TV, scrittrice, editrice ma anche paracadutista nonché prima donna pilota di un’auto da corsa. La tua biografia ci suggerisce subito l’idea di una persona dinamica, eclettica e super impegnata. Tu come ti presenteresti ai nostri lettori?

Mia madre mi chiamava “la Selvatica”. Persino a seguito di incidenti gravi guarivo nel giro di otto-ventiquattrore. Per mio padre ero “la Selvaggia”. Raccattavo animali ovunque, una ne pensavo e cento ne facevo. Ero insomma e forse sono tuttora di spirito indomabile. Per i politici intervistati ero “lo Psicologo Trapanatore”. Io mi definisco semplicemente Noa…

Quando e come ti sei avvicinata al mondo del giornalismo e come nasce il tuo amore per la scrittura?

In verità sin da piccola vedendo i film americani mi sono innamorata del giornalismo. Di nascosto dai miei mi ero infatti iscritta a un corso di stenografia e dattilografia. Allora non esistevano i registratori ed ero convinta che solo con tale tecnica fosse possibile fare interviste. Per scrivere i primi articoli ho dovuto aspettare i vent’anni, da studente a Londra. Non potendo sopravvivere, almeno agli inizi, con i soli proventi della scrittura, ho finito per lavorare vari anni alle Ricerche Atomiche Nucleari del Sincrotone di Frascati. Mollate le Ricerche per il sogno del giornalismo per mantenermi, ho sperimentato i più strampalati lavori… Negli anni ’70 ecco finalmente collaborare a Settimana TV, un settimanale allora concorrente al Radiocorriere. E mano mano per altri quotidiani e rotocalchi.

Quale il ricordo più bello o l’esperienza più soddisfacente legata alla tua carriera giornalistica?

L’esperienza più soddisfacente, essere chiamata in RAI per una rubrica che dava inizio a RAI 2, esclusivamente grazie al successo delle mie inchieste in vari quotidiani o rotocalchi. E il ricordo più vivo è legato a una grossa inchiesta a sfavore dell’Itavia, ordinata dal direttore, durata almeno due mesi di lavoro, per la quale mi sono travestita da uomo, da prostituta… Talmente stressante e faticosa che non vedevo l’ora di leggerla sul giornale. Ahimè, in quelle pagine scoprii invece la pubblicità della compagnia aerea in discussione!  Per desiderio di verità, offrii gratuitamente l’articolo a quotidiani e settimanali. Rifiutarono in toto!

A cosa si deve la tua scelta di abbandonare il giornalismo? Quale la tua opinione sul panorama attuale del mondo dell’informazione?

Il giornalismo trovo sia morto. Non ci sono seri articoli di fondo, non si fanno più grosse inchieste… la sintassi fa rabbrividire e le opinioni sembrano uniformate. Pezzi d’agenzia impastati da mestieranti.

Sei autrice di svariati libri che affrontano diversi temi di scottante attualità con particolare attenzione all’universo femminile. Hai scritto di donne serial killer ma anche di donne Kamikaze, di donne al governo… in che modo ritieni sia cambiata la condizione femminile negli ultimi anni? Pensi che la disparità tra i sessi oggi si possa considerare definitivamente superata o l’essere donne rappresenta ancora un limite se si guarda al mondo del lavoro e dell’affermazione sociale?  

In Italia c’è ancora maschilismo. È sufficiente vedere nei dibattiti televisivi cosa succede alla donna quando è in minoranza numerica. Trovo personalmente che le ultime generazioni, sia maschi che femmine, siano troppo superficiali. Di conseguenza anche le lotte femministe sono state fraintese e bistrattate. L’opportunismo dilagante porta le giovani donne a preoccuparsi solo degli aspetti più marginali di tali conquiste… La libertà sessuale, la pillola,  il divorzio, etc. Certo, la disparità si potrebbe oggi definire nulla ma solo perché le donne, soprattutto nel lavoro, si sono mascolinizzate.

Parliamo del tuo saggio “Il veleno è donna” recensito su questo blog. Il titolo del libro contiene un’affermazione riconducibile a un’analisi di carattere psico-sociologico dell’omicidio seriale al femminile. Ti va di spiegarcelo?

Se analizziamo i numeri si scopre che le donne uccidono forse più degli uomini. Trovo che per ragioni ataviche la donna è tuttora portata a tramare, a delegare, per esempio, nel caso del mio libro, la polvere… Del resto, nell’antichità, la donna non poteva apparire formalmente in politica, nella vita sociale, addirittura nel domestico. Ecco da dove viene la bravura femminile nell’agire dietro le quinte, sotterraneamente.

Tra i tanti casi analizzati nel saggio ce n’è uno che ti ha colpito particolarmente e se sì perché?

Le due monache belga che avvelenavano i ricoverati in ospedale per soddisfare la propria libido. Mi sembra un evento esageratamente efferato, inspiegabile.

Da scrittrice a editrice. Quando e perché hai deciso di compiere questo passo e di fondare la Iris 4 Edizioni?

Il mio amore rimane purtroppo solo e sempre il giornalismo. Non essendo più soddisfatta dal sistema dell’informazione dove avrei potuto fiondarmi?

A cosa si deve la scelta del nome “Iris 4” per la casa editrice?

Adoro le piante. Aspettavo con ansia che sbocciassero i fiori sul mio terrazzo e l’inverno rigido mi regalò quattro splendidi iris lo stesso giorno in cui avevo appuntamento col notaio per formalizzare la nascita della casa editrice.

La Iris 4 offre al lettore una catalogo molto variegato, ben dodici collane che spaziano dalla narrativa alla saggistica passando per la poesia. Sicuramente ce n’è per tutti i gusti, ma qual è il criterio adottato nella selezione? Quali caratteristiche deve possedere un manoscritto per essere pubblicato da questa casa editrice?

In verità riceviamo moltissime proposte. Per la maggior parte si tratta di autori che “vomitano parole”, la larga scrematura è quindi d’ordinanza. Il ricevuto viene letto e criticato da tre persone e usiamo rispondere in ogni caso all’autore. Più che la forma è importante l’idea. È difficile puntualizzare oggi delle caratteristiche fisse.

Sempre più spesso si sente parlare di crisi dell’editoria, determinata anche dal fatto che in Italia sembrano esserci più scrittori che lettori. Quale la tua opinione in merito?

Chi rovina l’editoria sono i cosiddetti “editori a pagamento” che nemmeno dovrebbero definirsi editori! E ancora, essendo arrivata in Italia la moda dello psicologo che convince il paziente a scrivere un diario, tutti scrivono! Amici e parenti dell’aspirante autore-paziente lo convincono poi che tratta di qualcosa di ottimo, di conseguenza ognuno sogna il proprio libro sullo scaffale. Ecco perché arrivano tante schifezze… perdite di tempo.

Cosa pensi dell’avvento dell’editoria elettronica e come ti rapporti a questa realtà? 

Personalmente trovo che il libro sia insostituibile, soprattutto per la cultura europea. Ho del resto sempre sostenuto che in Italia l’i-book avrebbe attecchito poco. E così è. Stando alle ultime statistiche la percentuale di diffusione nazionale è dell’1%.

Sogni nel cassetto e progetti per il prossimo futuro?

Mi sono vista costretta a ridimensionare i miei sogni… Il governo Berlusconi ha buttato alle ortiche la normativa legata alla costituzione della Picc. Soc. Coop. Arl convogliandola nelle cooperative generiche. Un disastro! Come si può paragonare chi fa libri a chi fa formaggi? Sono costretta proprio in questi giorni a rifare tutto dal notaio e a trovare soci-lavoratori (che amino l’editoria) disposti a mettersi in gioco.

 

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