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Luca Vezzaro, i tormenti del centrodestra (e delle sua classe dirigente) e.. L’elogio degli imbecilli

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Luca Vezzaro è un giovane (37 anni) e brillante ‘coltivatore’ di intelligenza politica. Assessore alla Cultura nel Comune di Busto Garolfo nel 2009, a settembre è sceso in campo a Legnano a sostegno di Carolina Toia e del centrodestra. Stimolato dal nostro pezzo sulle carenza della classe dirigente del centrodestra, soprattutto a livello locale, ha inteso replicare con un intervento sul suo blog. Tutto da leggere (unica avvertenza: date più attenzione alle sue parole, rispetto alla ‘ripresa’ delle mie). Ergo.. Buona lettura.

F.P.

Luca Vezzaro

 

Qualche settimana fa, intento nella nobile arte –a me per nulla estranea– del leccarmi le ferite, ho avuto modo di scambiare due battute con l’amico e direttore di Ticino Notizie, Fabrizio Provera. Si rilevava come le roccaforti del centrodestra stiano progressivamente cadendo una ad una, seppur in un momento politicamente positivo come questo.

Legnano non è un’eccezione e, negli anni, abbiamo visto molti casi. Dieci anni di Csbno mi hanno permesso di vedere qualche centinaio di campagne elettorali e di relativi avvicendamenti. Nel rilevare, spiace a dirlo, una generalizzata e progressiva diminuzione dei contenuti a fronte di slogan e puro marketing (trasversale), ho visto cambi anche in terre imprevedibili e storicamente consolidate.

Nel 2009, nell’allora mio comune, ossia Busto Garolfo, vincemmo abbastanza agevolmente scalzando un sindaco, Giovanni Alli, che aveva, pur con diverse sbavature, amministrato più che decorosamente il proprio Comune per un mandato. Erano gli anni della nascita del partito unico del centrodestra, il Pdl, che da solo, a livello nazionale, lambiva e superava la soglia del 40%.

In tutti ci comuni nascevano liste che, a pochi mesi dalla composizione, si trovavano ad amministrare i propri comuni. Un ascensore sociopolitico incredibile che ha rappresentato spesso una roulette russa. Nella messe degli eletti trovavi sia delle gran belle menti (poche) che dei fanfaroni che si gloriavano solo del proprio potere (potere?) e del prestigio della carica.

Tutto questo è, credo, fisiologico, come, in tempi più recenti è accaduto al M5S. Quello che non è normale è che poi, a sedimentazione avvenuta, non si sia riusciti a creare delle strutture territoriali stabili che potessero selezionare una classe politica valida in un momento in cui, amministrando, si poteva avere un certo appeal.

Questa selezione al contrario, degna dell’Elogio dell’imbecille di Pino Aprile, ha segnato moltissime amministrazioni tracciando la progressiva ed ineluttabile strada verso la sconfitta e l’oblio.

Si badi bene, questa considerazione potrebbe essere analogamente fatta da un uomo di centrosinistra in altre terre, perché, sebbene ritengo fermamente che nel centrosinistra il problema sia ancora meno avvertibile, nessuno ne è indenne.

Tornando a noi, l’amico Provera, qualche giorno dopo la nostra chiacchierata, con la consueta crudissima lucidità, butta giù un pezzo che vi invito a leggere, ma di cui vi offro uno stralcio utile ai fini della riflessione:

“E allora chiediamoci perché alla primazìa elettorale CHIARA del cdx a ogni elezione sovracomunale in Lombardia NON corrisponde MAI una uguale primazìa a livello comunale. Perché il cdx perde a Varese (diamine, Varese!!), Lecco, Brescia, Bergamo e in decine di altri luoghi dove alle Europee e alle Regionali Pd e csx non vedono palla? Le spiegazioni, necessariamente, sono diverse. La prima (in questo caso non calzante per Legnano..) è che, va detto, le classi dirigenti locali del Pd sono spesso migliori assai. C’è anche una ragione sociologica: i migliori esponenti del cdx si dedicano all’impresa o alla professione, i migliori del csx non disdegnano quasi mai l’impegno politico. In 30 anni (ahimè..) di cronaca politica lo posso dire. Il cdx ha eletto pletore di imbecilli. Il csx, meno. Eppoi… Abbiamo liquidato i partiti (tranne la Lega, unico modello partitico ‘leninista’ rimasto, e la mia Fdi in fase di rafforzamento ma figlia di un modello fortunatamente fecondo di selezione e militanza), abbandonandoci ad una improvvisazione momentanea fatta di liste e listarelle che nascono e muoiono in un amen. La sinistra e le sue galassie sono invece troppo spesso più organiche e capaci di mobilitare il consenso.

Da ultima, la questione più cogente: la cultura e la (meta)politica. Finché NON si capirà che le vittorie elettorali non si costruiscono in 30 o 60 giorni di campagna elettorale, ma su progetti di ampio respiro, frutto di elaborazione ed elaborazioni (la ben nota prassi delle IDEE che diventano AZIONE), finché non capiremo che la riflessione, la convegnistica e il ragionamento consentono di arrivare alle elezioni in modo meno affannoso, non cambierà nulla.

Asimmetricamente rispetto a quanto sta accadendo da anni negli Usa, in Italia il centrodestra ed i moderati stanno perdendo la guerra delle parole (e quelle che in Usa i think thank conservatori chiamano ‘cultural wars’). Se continuiamo a parlare di strade, opere, se non riusciamo a dare un’orizzonte valoriale ai nostri programmi (ed ai manifesti, ed alla comunicazione), non andremo da nessuna parte.”

Non riesco a dare torto a Fabrizio. Il centrodestra paga da sempre lo scotto di una chiara identità valoriale, oggi peraltro molto traballante, ma di una grandissima difficoltà di produzione di contenuti. Le nostre campagne parlando di buche, di tombini pieni di foglie, di lampioni da potenziare.

Parlano all’imminente senza mai sognare il futuro.

Questa prassi va avanti da tanto, forse un po’ figlia dello stile pop-corn dello zio Silvio, con l’effetto di avere selezionato un elettorato che spesso neanche più si aspetta una pulsione progettuale o che vota turandosi il naso, o che vota di pancia al grido “prima gli italiani – prima i legnanesi – prima i san magnini (ma quelli del quadrante est perché quelli del quadrante sud sono già un poco terroni (ops! fratelli meridionali nel linguaggio del “nuovo corso”)”

Laddove abbiamo sempre amministrato, stiamo vivendo gli effetti della mancata selezione naturale della classe dirigente e la tranquillità della vittoria certa. In altri comuni, a noi politicamente meno vicini, abbiamo vissuto da meteore spesso incapaci di radicarci nel cuore e nelle menti (soprattutto nelle menti!) dei nostri concittadini.

Se vogliamo tornare ad essere davvero degli Amministratori, dobbiamo iniziare a strutturare i progetti, a prenderci il tempo di condividere, costruire insieme, aggregare con progressione persone affini che condividano un percorso. Solo progetti seri possono rimettere in gioco le buone energie, i tanti professionisti ed imprenditori, nostro tradizionale target, che possano dare ulteriore valore aggiunto e che non provino più l’imbarazzo del sostegno aperto.

In chiusura butto lì una provocazione: perché l’elettorato cattolico, così ben radicato nel centrodestra ai tempi del Celeste, oggi migra progressivamente verso sinistra? Siamo veramente convinti di voler rinunciare alle menti per agganciare le pance?

Mi fermo nella consapevolezza che abbiamo sufficiente carne al fuoco per un’interlocuzione con diversi amici cui, spero, si vogliano aggiungere altri.

 

Luca Vezzaro (contributo tratto da https://www.lucavezzaro.it/wp/ )

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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