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Locarno Film Festival 75: il festival delle rimembranze. Di Monica Mazzei

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Lifetime Achievement Award Matt Dillon on the Red Carpet,Thursday, 04 August 2022. © Locarno Film Festival / Ti-Press / Samuel Golay


Giorni di Locarno Film Festival in Canton Ticino, giorni che celebrano i 75 anni di questa meravigliosa rassegna internazionale.

Da dove comincio?
Il mio primo pensiero va al presidente Marco Solari, che ha coltivato in tutti questi anni questa importantissima manifestazione come fosse un figlio.
Un figlio libero, senza limiti o confini, che in anni e anni è cresciuto spesso sorprendendoci, a volte suscitando polemiche con le sue provocazioni, perché la libertà quando è vera non può mai mettere tutti d’accordo, ma piuttosto l’arte esiste per suscitare e per mettersi in discussione di continuo.
Se questo non avvenisse, probabilmente si sarebbe difronte alla fine del senso stesso della sua esistenza.
Qualche piccola frenesia in questi giorni c’è stata: si preme per conoscere chi sarà il successore.
Trovo sia comprensibile se si nicchia un po’: il successore, dopo un presidente come Solari, dovrà saper raccogliere il testimone con lo stesso amore infinito per il festival ma non solo. Dovrà saper aver lo stesso rispetto, la stessa gratitudine colma di umiltà, per tutti coloro che lavorano in questi giorni, fino alla considerazione dovuta anche a chi tiene puliti gli spazi del festival.
Il Locarno Film Festival è fatto di cinema si, e fatto del suo pubblico, ma anche di tantissime persone, tutte lodevoli.
Questo il nostro presidente non l’ha mai dimenticato.
E poi ancora mi chiedo: voi sapreste lasciare qualcosa che avete tanto amato?
È la cosa più difficile del mondo.
E non vi preoccupereste di quali mani raccoglieranno e porteranno avanti ciò che amate?
Allora tempo al tempo.
E chi arriverà dovrà prima di tutto essere consapevole da quali mani raccoglie.
Intanto, già fin d’ora, grazie presidente Marco Solari.
Dunque, 75 anni dicevo.
Non poteva non essere un’edizione di rimembranze, che hanno trovato la loro celebrazione più grande nella serata di giovedì, quando Solari appunto, in primis, salendo sul palco ha reso i suoi elogi per cominciare al Consigliere federale Alain Berset, rendendogli grazie per aver sempre avuto “una mano protettrice” sul Festival del cinema.
Ha poi citato i due libri importanti usciti ultimamente: uno è del giornalista, cineasta, scrittore e critico cinematografico Lorenzo Buccella, che per la celebrazione ha prodotto anche un documentario: “Locarno Confidential: Locarno 75”.
E se informare su questo era fondamentale, si è poi entrati nel cuore pulsante della serata: sul palco sono sfilati i nomi storici più importanti che hanno contribuito alla storia del Locarno Festival, ciascuno con un proprio commosso ricordo.
Alcuni erano direttori artistici; ma tra loro non è mancato un altro nome noto: quello di Nadia Dresti, che a Locarno si è impegnata per anni come fiamma propulsitrice, nell’Industry Office, accrescendone a Locarno il respiro internazionale.
Inoltre, nel 2003 aveva concorso alla creazione del settore “Open Doors”.
I direttori artistici dicevo, ciascuno con il suo emozionato ricordo.
Molti di questi flashback si sono legati ai momenti di più intensa ed umana partecipazione, degli spettatori nella platea di Piazza Grande.
È il caso di Frédéric Maire , che in particolare ha ricordato con affetto quell’anno in cui, in piazza, e’ stato proiettato un film su un gruppo di talentosi musicisti che vivevano come clandestini e che al termine del film, sono saliti dal fisicamente sul palco e hanno suonato, scatenando danze dal vivo, di un pubblico fitto e scoppiettante di gioia ed entusiasmo!
Tra le conversazioni pubbliche, non posso non citare quella con Matt Dillon.
Il celebre attore, insignito a Locarno del Lifetime Achievement Award, è entrato nel vivo dei passi salienti della sua carriera, passando attraverso film, generi e rapporti con i vari cineasti.
Al quesito su cosa sia per lui la libertà, ha risposto con convinzione:
“Essere liberi di fallire e cadere. È molto liberatorio. Libertà però non deve essere interpretata come totale anarchia sul set e come la possibilità di fare ciò che salta in mente. Libertà è saper approfittare nel modo giusto delle regole della recitazione. Persino l’improvvisazione ha delle regole. Che meglio fruttano se impiegare in perfetta collaborazione con i colleghi sul set”.
Anche per questa conversazione vi rimando ad uno dei link finali, che però è in lingua originale.
Vi saluterò al termine di questo articolo con svariati link delle live delle serate in piazza: per chi non c’era, potrà essere l’occasione di ascoltare questi momenti e anche quelli di altre serate.
Tutti gli anni mi piace cercare quello che ritengo una specie di filo conduttore che leghi idealmente molte proiezioni.
Non posso dire se sia solo il frutto di mie personali impressioni, ma ad esempio, in questa edizione ritrovo molto sui temi del sentirsi invisibili, del perdono come liberazione prima di tutto per se stessi, dell’accettazione dell’umana condizione che spesso ci limita, e che può portarci a grandi sbagli, in virtù di una necessità di lotta per la sopravvivenza, che a volte si rende inevitabile.
Un riconoscimento di quella limitazione umana, che conduce finanche ad una incondizionata comprensione che infine supera proprio l’umano.
Ma anche un modo delicato di trattare i mille modi in cui ci si può sentire isolati.
E se durante una quarantena l’isolamento è fisico e forzato (ma puo’ portare comunque ad una profonda e dolorosa riflessione su se stessi e le proprie relazioni e sofferenze derivanti); un altro modo può scaturire dal disagio dell’anima, che alcuni chiamano psichico solo perché rende chi lo vive un incompreso, all’apparenza molto diverso dalla massa.
Una diversità che a volte attrae gli altri, come nel caso di un film in piazza, nel quale la protagonista fatica ad andare incontro al prossimo, dopo i mille abbandoni subiti.
E vi ritroviamo anche tanta immaginazione quale cura della mancanza e dell’assenza, per non dire quella ricerca interiore ed esterna al se’, che accomunano tutti gli esseri umani.
Daisy Edgar Jones, at the 75 Locarno Film Festival, Piazza Grande, Locarno, Friday, 5 August 2022.
© Locarno Film Festival / Ti-Press / Massimo Piccoli
Ora entrerò nel merito del film visti fino adesso. 
Con un piccolo appunto: senza far torto a nessuno, sinora tre sono i lungometraggi che mi hanno più coinvolta e dei quali vi consiglio visione, non appena l’opportunità vi sarà grata.
Uno è “MY NEIGHBOR ADOLF”, diretto da Leon Prudovsky. 
Si tratta di un film meraviglioso, dove la paura ed il sospetto iniziali lasceranno il posto al perdono, alla comprensione, al riconoscersi nell’altro e nell’essere “riconosciuti” dopo anni di invisibilità ed isolamento. Non ascoltate sterili polemiche che non servono a nulla, e non devono offuscare la bellezza di questo film.
Il cinema vende sogni, storie ed emozioni. Quando ci riesce lo scopo è compiuto. Questo film ci riesce egregiamente e buca il cuore. Chi non lo vedesse non riesce a recepire. Ma non posso credere che ci sara’ qualcuno che non possa commuoversi, ridere e piangere allo stesso tempo, vedendolo.
Poi c’è “La ragazza della palude” (traduzione italiana). 
Non è un film: è un miracolo.
L’attrice, anche lei “laureata” in piazza, è un’anima sublime che sembra nata per questo ruolo e con questo ho detto tutto. Completamente persa nel suo personaggio. Un film di cui io ho percepito un profumo durante tutta la visione, un profumo di buono.
E se in questi due film appena citati i temi che ho più volte ripreso di solitudine, del viaggio interiore, del timore di non star vivendo, dell’invisibilità e della paura, che sono quasi fisicamente presenti, per poi giungere alla consapevolezza che si può superare anche l’indicibile; spunta “Petrol”, pellicola in concorso, dove a farla da protagonista è la trama della mente, della sua invenzione, per un confronto mai stato possibile.
Allora ecco che un “fantasma” è una necessità, una creazione, per dare voce a chi non c’è più e renderlo finalmente possibile. Ed e’ così che l’arte assolve il suo compito di funzione di compensazione e guarigione, che tornerà anche in altre storie.
👉 Le prime recensioni. 
Concorso Cineasti del Presente. 
PETROL, di Alena Lodkina
Eva è una studentessa di cinema che ricerca il più possibile la veridicità e l’approfondimento per i suoi documentari d’esame. La conosciamo mentre regista suoni naturali ed e’ su una scogliera che incontra per la prima volta Mia.
Il loro rapporto sarà misterioso e strano dall’inizio, ma quel che è certo è che Mia colpisce moltissimo l’immaginazione di Eva, che vuol farne la protagonista del suo prossimo documentario.
Tanto tormentata e dedita all’arte è Mia, tanto è all’apparenza spettatrice senza particolare personalità Eva.
Attraverso l’osservazione dell’amica, quest’ultima comincerà però a vivere, “attività” che non era certa di saper esercitare.
Il loro confronto e’ spesso infarcito di quella magia tipica del gioco di due bambine con grande complicità: l’immaginazione di Mia, che attraverso le sensazioni cerca di entrare dentro le cose, sembra rendere tutto possibile; in completamento con Eva, che diventa quasi operosa artigiana capace di concretizzare la spiritualità dell’altra.
Ma chi è veramente Mia?
E che ruolo ha veramente nella vita di Eva?
Il mistero si infittisce e lascia aperto l’uscio ad ipotesi e teorie, e a non pochi fantasmi.
Concorso Cineasti del Presente.
ARNON PEN NAKRIAN TUAYANG, diretto da Arnold Is a Model Student. 
Nuove leve di studenti moderni, portano alla protesta in un liceo thailandese (ogni tanto sfilano immagini vere prese da notiziari): i giovani sono stanchi degli abusi educativi di docenti obsoleti, che ricorrono ancora a punizioni corporali per redimere ogni minima mancanza. L’insegnante e’ ancora visto come autorità indiscussa ed infallibile, ma i ragazzi ora vogliono riconosciuta la parità di individui.
Nel mezzo, la storia di Arnold, giovane di talento in matematica, sostenuto dal rettore del corso ma malvisto da una docente conservatrice e molto attaccata alla ritualità, a causa dei suoi comportamenti un po’ sopra le righe.
Arnold ha pendente una domanda di borsa di studio per un viaggio di studio all’estero, e rischierà di giocarsela entrando in una… molto particolare “bisca” clandestina.
Andrà bene in una trama che pare intravedere nell’Occidente una opportunità di complementarietà, pur con qualche diffidenza di fondo.
A moment during the award ceremony Leopard Club Award Daisy Edgar Jones, nome attore/personaggio, at the 75 Locarno Film Festival, Piazza Grande, Locarno, Friday, 5 August 2022.
© Locarno Film Festival / Ti-Press / Massimo Piccoli
👉 Piazza Grande, 4 agosto. 
(LIFETIME ACHIEVEMENT AWARD a Matt Dillon).
MY NEIGHBOR ADOLF, di Leon Prudovsky.
Un film in bilico tra comicità e tragedia, estremamente godibile.
I toni del dolore sfumano sempre nell’umorismo.
Polsky e’ l’unico sopravvissuto di un campo di concentramento, nel quale i suoi famigliari (visti per un istante all’inizio del film con lui bambino), sono morti tutti.
Da allora lui vive come un solitario, in quella che fu la casa di famiglia.
Coltiva ancora una pregiata stirpe di rose nere, come aveva imparato dalla madre.
La sua vita è scandita dalla scarna routine di tutti i giorni, finché dei rumorosi ma distinti vicini non prendono possesso dell’abitazione di fianco alla sua.
I rapporti si rivelano subito tesi: sia Polsky che il capostipite confinante, si comportano in modo brusco e diffidente oltre ogni misura. C’è probabilmente una tendenza di Polsky ad identificarlo come male massimo, soprattutto quando il vicino si impossessa del lembo di terra in cui risiede il suo ceppo di rose, perché in breve tempo ne ravvisa sempre più la somiglianza nientemeno che con Hitler, che si è suicidato diversi anni prima… Quando il vicino decide di offrirgli un armistizio amicale, per lui altro non è che una facilitazione per raccogliere indizi.
Da qui in poi le surreali investigazioni di un uomo rimasto troppo a lungo solo, sembrano sfociare nell’allucinazione vera e propria, fino all’imprevedibile e sorprendete finale.
Il film narra del trauma dei sopravvissuti, ma lo fa con una dolcezza ed una leggerezza tali da renderlo simile ad una favola.
👉 PIAZZA GRANDE, 5 agosto.
(LEOPARD CLUB AWARD a Dasy Edgar-Jones).
WHERE THE CRAWDADS SING, di Olivia Newman.
Kya viene educata al timore del prossimo da un padre violento, che la mette in condizioni di autoescludersi dalla scuola, di modo che non imparerà mai a leggere.
Bimba dolce e sensibile, ha un rapporto affettuoso e giocoso con la madre che però, vigliaccamente, l’abbandonerà per mai più tornare.
E sarà solo il primo di una lunga serie: piano piano l’abbandonerà tutta la famiglia, fino a trovarsi completamente sola, aiutata solo da due concittadini di colore molto credenti.
Questo è il primo tema del film: l’esclusione che fa unire gli esclusi.
Kya non si perderà d’animo e riuscirà a crescere e a sviluppare i propri talenti.
Sperimenterà l’amore puro di un ragazzo che conosce dall’infanzia e l’amore possessivo di un giovane narcisista.
Poi di colpo sarà accusata in via pregiudiziale dell’omicidio del secondo.
Tutto il film si svolgerà su due livelli: il passato ed il presente in tribunale.
L’incredibile senso di ingiustizia verso Kya, creatura così dolce e onesta, accompagnerà tutta la visione di questo film, dove ogni cosa troverà infine il suo posto rendendo la favola possibile; e lasciando qualche interrogativo insoluto ed aperto ad ipotesi.
Gli insegnamenti di questa giovane donna saranno il perdono e la natura vista come fonte e appagamento di ogni bisogno, chiavi per superare e comprendere il dolore.
Concorso Cineasti del Presente.
PETITES, di Julie Lerat-Gersant 
Camilla ha 16 anni e aspetta un bambino da un ragazzo poco più grande, dolce e affettuoso ma ancora non pronto alle reali responsabilità della paternità.
Sua madre l’ha avuta a sua volta molto giovane, vive in un turbinio emozionale e non è mai diventata a sua volta del tutto adulta.
Passa da una relazione malsana all’altra, e anche Camilla, che non fa mai conosciuto suo padre, ne è rimasta spesso coinvolta.
Nonostante la sua giovane età, Camilla pare più matura e pragmatica della genitrice, pur mantenendo i connotati di una adolescente.
I servizi sociali l’affideranno però ad un centro per madri minorenni, quando un tentativo di aborto casalingo al 4. mese rischierà di ucciderla.
Camilla metterà insieme la propria esperienza di figlia di ragazza madre con scarsi orizzonti, con quelle delle altre giovani nella sua stessa condizione, e prenderà la sua decisione: il nascituro andrà in adozione.
Imparerà molte cose da questa esperienza e mostrerà la sua attitudine ad un maturo perdono ed accettazione dell’altro così com’è.
Il suo dare in adozione la figlia sarà un estremo gesto di vero amore.
Struggente la lettera che lascerà alla figlia: tutti abbiamo diritto a conoscere le nostre radici.
Concorso Cineasti del Presente 
LOVE DOG, di Bianca Lucas 
Una trasmissione radio con le testimonianze degli ascoltatori, farà da sfondo ad una storia che si svolge in pochi angusti spazi: siamo in tempo di quarantena ed il protagonista vedrà ben poca gente in carne ed ossa.
Molti gli incontri virtuali, con utenti con vari disagi, che cercano di superare come possono i propri timori.
Ma questo periodo sarà anche l’occasione di profonda di analisi di altri dolori cementificati.
Concorso internazionale
GIGI LA LEGGE, di Alessandro Comodin
Gigi è un poliziotto di quartiere.
La sua vita si svolge tra i lunghi percorsi di pattuglia in afose e deserte giornate, nei quali entra in contatto con svariata umanità; e la selva oscura del suo giardino, che sarebbe decisamente da… disboscare, anche per via delle proteste di un vicino confinante.
Una sottile ilarità accompagna il nostro conoscere i due lati di un uomo simpatico e sornione, sempre pronto ad aiutare gli altri e a fare la corte ad una bella ragazza.
Le giornate a volte sono un po’ noiose nel caldo di paese, dove non succede mai nulla; e Gigi sembra aver bisogno di creare nell’immaginazione drammi e delitti, sui quali investigare in un modo un po’ fuori dalle regole di polizia.
Il film e’ fatto bene in quanto ci sembra di vivere una vera giornata di pattugliamento di paese e le interpretazioni paiono tagliate su misura.
Ma cosa nasconde veramente quel giardino boscoso che Gigi non vuole potare?
Concorso Cineasti del Presente.
FRAGMENTS FROM HEAVEN, di Adnane Baraka.
Entriamo in contatto con la vita di una comunità di nomadi che vive con niente nel deserto marocchino.
I sentimenti prevalenti sono l’impotenza e la noia. Ogni quesito è rivolto a Dio e l’ineluttabilità della vita è accettata con calma rassegnazione.
A distrarli un giorno si verificherà una pioggia di minuscoli meteoriti, che porterà diversi membri del clan a partire a piedi oltre la montagna a rocciosa, nella credenza che raccoglierli possa operare un beneficio magico alle proprie vite.
Parallelamente sta cercando di raccoglierli uno scienziato originario anche lui del posto, ma con ben altri orizzonti esistenziali.
Eppure assisteremo alla nascita di eguali interrogativi, che mescoleranno concetti filosofici sulle origini umane a studi scientifici, accumunando uomini lontani anni luce pur risiedendo sullo stesso pianeta…
Concorso Cineasti del Presente. 
DEN SISTE VAREN, di Franciska Eliassen 
Eira e Vera sono sorelle eppure diversissime.
La prima è tranquilla e pacata, la seconda ha un animo agitato e sofferente a causa del sentirsi incompresa.
Vera ha un animo artistico, che si esprime in più campi, parla un linguaggio alternativo, fatto di colori, danze e canti fuori dal comune.
A volte trasmette a chi le è vicino la propria sottile angoscia, insieme ad una profondità trasbordante che sia adulti che coetanei faticano a sopportare.
Lei crede nei suoi sogni, che riporta fedelmente in un diario intriso di contrasti, conflitti, provocazioni e mondi immaginari.
Diario che Eira legge di nascosto per cercare di comprenderne il mondo, ammettendo di averne sviluppato una vera e propria dipendenza.
Il respingimento altrui verso i suoi sogni oltre che di lei stessa, porterà Vera, già portata a drammatici sbalzi d’umore e all’autoisolamento, ad un dolore sconvolgente, che la spingerà verso fantasie di morte che cercherà di sublimare attraverso la ricerca di sensazioni intense e comportamenti incomprensibili.
Chi è Vera?
Un’artista che ha bisogno di una mente illuminata che la scopra, in un piccolo nucleo limitato da ristrette vedute?
Una pazza che ha bisogno di cure urgenti?
O un’artista che se non fosse afflitta da problemi psichici potrebbe perseguire meglio i propri sogni?
Non lo sapremo mai.
La compassione e’ forte nel vederla aiutata dalla madre a sua volta depressa a lavarsi, mentre anche Eira sembra allontanarsi da lei ormai rassegnata.
Forse la sua eccessiva sensibilità può solo portarla al disagio.
👉 PIAZZA GRANDE, 7 agosto.
DELTA, di Michele Vannucci.
Con Luigi Lo Cascio.
Sul Delta del Po un gruppo di uomini si sfida: una fazione desidera solo sopravvivere; l’altra intende salvaguardare l’ambiente che vi orbita attorno.
Link video:
Seconda serata:
Matt Dillon, video:
Matt Dillon, foto:
Terza serata:
Quinta serata:
https://fb.watch/eMawE2rXfJ/
Locandine:
Monica Mazzei
Freelance culturale 
 

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